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Responsabilità struttura sanitaria, SC: “Il risarcimento va ridotto secondo una valutazione equitativa, se vi era uno stato patologico pregresso”

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Con la pronuncia n. 20829 dello scorso 21 agosto, la Cassazione si è pronunciata sull'entità del risarcimento dovuto dalla struttura ospedaliera nel caso in cui, alla condotta colposa dei medici, si sia affiancata un'altra concausa autonoma – nella specie, uno stato patologico pregresso – stabilendo che la rilevanza di tale antecedente va valutata "non già sul piano della ricostruzione del nesso di causalità tra tale condotta e l'evento dannoso… ma unicamente sul piano della determinazione equitativa dei danno, e conseguentemente deve pervenirsi - sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto – alla delimitazione del quantum del risarcimento dovuto dal responsabile".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dalla richiesta di risarcimento danni avanzata verso la struttura ospedaliera dai genitori di un minore, nato affetto da una grave patologia neurologica che lo aveva reso invalido al 100%. Secondo i genitori, siffatta patologia era scaturita dalla sofferenza fetale determinatosi a causa della prolungata carenza di ossigeno, carenza dovuta ad un, non diagnosticato, distacco della placenta.

Nel corso del giudizio di merito, l'espletata C.T.U. aveva accertato che il bambino già soffriva di un notevole difetto di accrescimento fetale, derivante da una malattia genetica che aveva comportato – oltre al ritardo di crescita – un danno alla sostanza bianca presente nel cervello del piccolo.

La C.T.U. rilevava, altresì, le colpe addebitabili ai medici della struttura sanitaria: i sanitari, di fronte ad una incontrovertibile evidenza di sofferenza fetale acuta, non avevano posto in essere il tempestivo intervento di taglio cesareo che avrebbe certamente ridotto il tempo di esposizione all'ipossia di cui aveva sofferto il neonato; secondo i consulenti del giudice, siffatta ipossia fetale acuta immediatamente precedente la nascita avrebbe contribuito ad aggravare il danno alla sostanza bianca nella misura almeno del 50%. 

 Sulla base di tale accertamento, partendo dal presupposto che la condotta colposa dei sanitari avesse comunque assunto una concorrente incidenza causale con il pregresso stato patologico del minore, la Corte di Appello di Genova condannava l'Asl al totale risarcimento dei danni patiti dal minore, avallando l'orientamento – in passatosostenuto dalla giurisprudenza – secondo cui l'autore della causa umana è tenuto al risarcimento dell'intero danno da essascaturente anche in caso di concorso di altri fattori causali.

La difesa della struttura ospedaliera, ricorrendo in Cassazione, si lamentava per l'errata quantificazione del danno posta al suo carico: i giudici di merito – sebbene avessero accertato cheil neonato soffrisse, a causa di una l'ignota condizione primitiva, già di una grave cerebropatia, tale per cui l'ipossia fetale derivante dal distacco placentale avrebbe contribuito solo al 50% alla formazione di quel danno cerebrale – ciononostante avevano condannato la struttura al risarcimento pieno per la totale incapacità lavorativa e di autogestione del soggetto invalido, senza operare alcuna decurtazione per renderlo compatibile con la quota di responsabilità ascritta dalla Corte di merito ai sanitari della struttura ospedaliera.

La Cassazione condivide le censure formulate dall'Asl, ma precisa che in siffatti casi deve compiersi una valutazione equitativa del danno risarcibile, astenendosi dal ridurre o escludere il relativo risarcimento in proporzione del corrispondente grado percentuale di incidenza causale.

In particolare, i Giudici rilevano che l'ignota condizione primitiva di cui già soffriva il neonato costituisse un antecedente privo di interdipendenza funzionale con l'accertata condotta colposa dei sanitari, dotato di efficacia concausale nella determinazione dell'unica e complessiva situazione patologica riscontrata.

 Quindi, accertata – in base al criterio del più probabile che non – la sussistenza di un nesso di causalità trala condotta colposa dei medici e il danno evento lesivo, la considerazione del pregresso stato patologico del danneggiato va valutata solo sul piano del risarcimento e può condurre ad una limitazione dell'ammontare del danno risarcibile dovuto dal danneggiante, in ossequioalconsolidato principio( cfr. Sez. Unite, sentenza 26972/2008) in base al quale il danneggiante è tenuto a risarcire non tutto il danno ma solo del danno cagionato.

Tale conclusione si giustifica sulla scorta dell'art. 1223 c.c. che, nel legittimare il risarcimento dei danni derivanti in via mediata e indiretta, detta i criteri di delimitazione del danno risarcibile, con il preciso intento di non lasciare privo di ristoro la vittima per un danno cagionato anche per le sue peculiari condizioni personali, per uno stato patologico pregresso o per successivo fatto del terzo.

In tali casi, spetta al giudice del merito individuare, dandone congrua motivazione, l'idoneo criterio di valutazione equitativa del danno da utilizzare, con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, e in particolare dei vari fattori incidenti sulla gravità della lesione, senza operare automatismi in proporzione al corrispondente grado percentuale di incidenza causale.

Il danno, quindi, "non può essere quindi liquidato in termini puramente simbolici o irrisori, non correlati alla sua effettiva natura o entità, ma deve essere congruo, dovendo pertanto tendere, in considerazione della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, alla maggiore approssimazione possibile all'integralerisarcimento".

In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso proposto dall'ASL, cassa la sentenza impugnata in relazione alla statuizione inerente la quantificazione del danno e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte d'Appello di Genova, in diversa composizione.

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