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“Raccontare la Memoria” Il Museo Civico di Niscemi

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 Una delle tantissime intuizioni del compiano Totò Ravalli è stata quella della "Biblioteca delle Tesi di Laurea" del territorio di Niscemi.

Correva l'anno 2004.

In questi giorni al Museo Civico è stata consegnata la numero 57 dalla dottoressa Martina Nanfaro: "Raccontare la Memoria. Il Museo Civico di Niscemi". Tesi conseguita all'Università di Palermo, Dipartimento di Scienze Umanistiche, Corso di Laurea in lettere.

La dottoressa Nanfaro ha trovato al Museo Civico di Niscemi i reperti etnoantropologici, che testimoniano la "Geografia umana del territorio" e la "Memoria rurale" che inquadrano gli autentici protagonisti di un'epoca, poi, non tanto lontana dalla nostra, in cui emergono figure consegnate alla storia della Comunità niscemese.

I contadini, i "jurnatara", che lavorano a giornata; i "burgisi", mezzadri possidenti di piccolo poderi; i pastori, i "curatuli", anche loro protagonisti di un'economia, povera e presente nel nostro territorio.

Ma ha trovato anche la disponibilità delle persone che gravitano, con la loro "mission" di volontari al Museo Civico.

Scrive nella Premessa la dottoressa Martina Nanfaro: "Per prima cosa mi sono recata al Museo dove ho avuto l'onore di conoscere il sig. Rocco Di Stefano, un energico volontario in pensione, che mi ha accompagnato nei vari ambienti fornendomi informazioni utili sugli oggetti e sugli antichi mestieri. Mi sono servita inoltre della preziosa documentazione fornitami da Francesco Cirrone, uno dei componenti del Comitato Direttivo del Museo …". Per la cronaca Rocco Di Stefano, "u ziu Roccu", compirà 89 anni tra un mese. Ed è stato un protagonista, avendoli usati personalmente fin dalla tenera età, questi pezzi etnoantropologici della Civiltà Contadina.

 La tesi comprende tre capitolo.

Nel primo affronta "La Storia, il Territorio e le Feste" di Niscemi. Un'ampia panoramica sulle origini della Città, sul ruolo della famiglia Branciforte; sul ritrovamento del "Sacro Velo della SS. Madonna del Bosco"; sui terremoti e il crollo delle Chiese, e relative ricostruzioni; sull'economia, mettendo in evidenza la grandissima importanza del Carciofo che ha avuto nell'economia locale.

Un dignitoso spazio è riservato, in questa prima parte, alle Festività religiose.

La Festa di San Giuseppe viene descritta nei minimi particolari con la narrazione dei preparativi per gli altari di san Giuseppe. Un segno di riconoscenza per "grazia ricevuta" da San Giuseppe: "Sono grandi tavolate, addobbate abbondantemente, coperte da lenzuola bianche, anche ai lati e sul tetto troviamo veli, nastri e luci che abbelliscono l'altare. In fondo, invece, troviamo tre gradini con sopra appoggiati il quadro o la statua di San Giuseppe e la Bibbia. Questi altari richiedono settimane di preparazioni, vengono coinvolti parenti, amici e vicini di casa per aiutarsi reciprocamente, principalmente per la realizzazione dei dolci tipici u turruni, a cicirata, a pannucchiata, a formi ri mustata, a cotognata, a pasta forti e a giurgiugilena".

Le altre Feste riguardano la Settimana Santa, il Pellegrinaggio a Santa Maria del Bosco, Il Corpus Domini, Santa Lucia, la Santa degli occhi, e il Natale.

Nel secondo capitolo, "Iniziative e pratiche mueseografiche a Niscemi", affronta un argomento molto importante, tracciando un itinerario "scientifico" e bibliografico sulla nascita dell'interesse in Sicilia per la museografia. I riferimenti a Giuseppe Pitrè sono d'obbligo per le battaglie che, in anni non sospetti, portò avanti per stimolare gli interessi a creare Musei.

 Scrive Martina Nanfaro: "E' noto come la nascita dei musei etnografici, etnologici e folkloristici nasce dal superamento delle collezioni antiquarie ed è strettamente connessa allo sviluppo delle teorie antropologici e al concetto etnoantropologico di cultura. Tale clima stimolò con forza la nascita di numerosi musei etnografici presso esposizioni e fiere internazionali: per la Sicilia, fu il grande demologo Giuseppe Pitrè a curare l'esposizione di reperti relativi al mondo popolare tradizionale in occasione dell'Esposizione Nazionale di Milano (1888) e per l'Esposizione Universale di Palermo (1891-92). Da qui prende le mosse la possibilità di organizzare i materiali sapientemente raccolti da Pitrè, concretizzatasi nella realizzazione del primo museo etnografico in Sicilia a Palermo (1910) […] inaugura, in linea con gli orientamenti della etnografia nazionale e europea, forme e metodi inediti,ove, unitamente alla conservazione documentale, il museo si configura quale 'centro di ricerca attiva e di divulgazione".

Il terzo capitolo affronta la storia della "Nascita del Museo della Civiltà Contadina" di Niscemi (1988-2004), con una descrizione metodica e puntuale degli ambienti dove sono collocatii reperti etnoantropologici, corredati da una serie di foto, e la descrizione storica del Convento dei Frati Minori Francescani (1740), delle sue temporanee trasformazioni e come si arrivati alla situazione attuale.

Le conclusioni di Martina Nanfaro rappresentano un augurio per le presenti e future generazioni: "La conservazione della memoria storica trova a Niscemi un importante spazio all'interno del Museo Civico, in cui le nuove generazioni possono ritrovare le loro radici e i valori che erano propri della società di un tempo. Una vita semplice che sembra fare da contrasto alla vita frenetica dei giorni nostri. Un luogo del ricordo in cui il passato rivive nell'esposizione degli utensili da lavoro, nella certosina rappresentazione dei diversi ambienti che mettono in scena momenti di vita quotidiana lontani e quasi dimenticati".

Augurio al quale ci associamo.

 

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