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Libertà e pluralismo dell'offerta formativa per l'accesso alla professione forense. Il Ruolo dei COA

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 Con sentenza del26/01/2022 n. 00914/2022 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha affermato che il regolamento recante la disciplina dei corsi di formazione per l'accesso alla professione di avvocato, ai sensi dell'art.43, comma 2 L. n.247/2012 mira a garantire l'efficienza complessiva del sistema formativo e attua i criteri di libertà e pluralismo dell'offerta formativa al fine di allargare la platea dei soggetti abilitati ad organizzare i corsi di formazione, garantendo al contempo un'offerta formativa adeguatamente ampia ai tirocinanti, senza alcuna connotazione "imprenditoriale" nella predisposizione di tale offerta formativa (fonte https://www.giustizia-amministrativa.it/).

Vediamo la questione sottoposta al vaglio di legittimità amministrativa.

I fatti di causa.

Il Sindacato Avvocati ha impugnato il decreto n.17 del 9 febbraio 2018 con cui il Ministro della Giustizia ha approvato il regolamento recante la disciplina dei corsi di formazione per l'accesso alla professione di avvocato, ai sensi dell'art.43, comma 2 L. n.247/2012, "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense".

A parere dell'istante le disposizioni regolamentari sarebbero illegittime in particolare per:

  • violazione dell'art.43, comma 2 L. n. 247/2012, in quanto la disciplina regolamentare impugnata non assicurerebbe la libertà e il pluralismo dell'offerta formativa, a causa della possibilità di limitare il numero delle iscrizioni a ciascun corso e ostacolando all'accesso alla professione;
  • omessa fissazione di criteri generali e ingiustizia manifesta, in quanto l'art.2, comma 2 del regolamento impugnato, nel prevedere che "nel caso di organizzazione da parte degli altri soggetti previsti dalla legge e delle associazioni forensi, i corsi devono essere accreditati dai consigli dell'ordine, sentito il consiglio nazionale forense", attribuirebbe al Consiglio dell'Ordine degli avvocati (COA) il potere di accreditamento, facendo sorgere una situazione di conflitto di interessi, in quanto gli stessi ordini professionali territoriali sono portatori di interessi propri concernenti l'istituzione dei corsi di indirizzo professionale;
  • violazione degli artt.81 e 82 TCE e 101 e 102 TFUE, e dell'art.41 Cost,, sotto il profilo della violazione dei principi della concorrenza e della libertà di iniziativa economica.

L'amministrazione intimata si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso e la causa è stata trattenuta in decisione.  

La decisione del Tar.

Il Collegio ha rilevato che il decreto ministeriale impugnato attua l'art.43 L. n.247/2012 che affida ad un decreto del Ministro della Giustizia, sentito il Consiglio Nazionale Forense, la disciplina dei corsi di formazione per l'accesso alla professione di avvocato.

In materia il regolamento prevede che i soggetti indicati all'art.2, comma 1, possono programmare il numero delle iscrizioni a ciascun corso, tenuto conto del numero degli iscritti al registro dei praticanti, delle concrete possibilità di assicurare l'effettività della formazione e dell'offerta formativa complessivamente esistente nei circondari interessati. La norma, quindi, contempla come eventuale la programmazione del numero delle iscrizioni al fine di assicurare l'effettività della formazione ed evitare che un numero di iscritti eccessivo possa compromettere la qualità e l'efficacia della didattica e della formazione stessa (cfr, parere del CNF espresso nella seduta del 26 maggio 2017). Tra l'altro, a norma dell'art.7 del regolamento impugnato deve comunque essere garantita ad ogni tirocinante la possibilità di accedere ai corsi, tenendo conto dell'offerta formativa esistente nel circondario interessato ed in quelli limitrofi.

A parere del Tar, quindi, la norma non intende imporre un tirocinio a numero chiuso, né limitare la libertà del tirocinante, ma mira a garantire l'efficienza complessiva del sistema formativo modulando i criteri organizzativi per rendere compatibile il numero di partecipanti con le oggettive possibilità ricettive e didattiche dei singoli corsi, in funzione della loro frequenza obbligatoria e con profitto, nonché tenendo conto della necessità di consentire la contestuale frequenza dello studio legale, posto che il praticantato consiste sia nelle pratica svolta presso uno studio professionale, che nella frequenza obbligatoria e con profitto ai corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti dai soggetti previsti dalla legge. 

 Quanto al ruolo dei COA, i giudici amministrativi non hanno ritenuto condivisibile l'assunto secondo cui ad essi sarebbe attribuito il potere di gestire il mercato della formazione professionale e che gli stessi sarebbero portatori di un interesse proprio all'istituzione dei corsi di indirizzo professionale. Il Tar ha evidenziato che 1) ai COA è attribuita la possibilità di organizzare direttamente il corso di formazione, sia in collaborazione con le associazioni forensi o con altri ordini del medesimo distretto di Corte d'appello o con fondazioni forensi che abbiano la formazione come scopo sociale, sia attraverso apposite convenzioni con le Università, sia, ove necessario, attivando modalità telematiche di formazione a distanza certificate dal CNF (art.43, comma 1 L. n.247/2012); 2) hanno significativi poteri di vigilanza sugli iscritti, in quanto curano la tenuta degli albi e del registro dei praticanti nonché esercita un potere di controllo sui tirocini (art. 41, comma 13, lett. a).

Peraltro, ha osservato il Tar, i COA sono enti pubblici non economici a base associativa che, per il ruolo istituzionale assegnato loro dall'ordinamento, appaiono i più idonei a svolgere le funzioni loro attribuite dal regolamento, in conformità alla L. n.247/2012. Ragion per cui, non è ravvisabile alcuna lesione della concorrenza, in quanto non vi è alcun "mercato" della formazione obbligatoria. Anzi, a parere del Tar la libertà e pluralismo dell'offerta formativa sono criteri impiegati dal legislatore al fine di allargare la platea dei soggetti abilitati a organizzare i corsi di formazione, garantendo al contempo un'offerta formativa adeguatamente ampia ai tirocinanti, ma non implicano, un carattere "commerciale" della formazione.

Sulla base di queste argomentazioni il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) ha ritenuto che il regolamento impugnato non sia lesivo degli interessi portati dal sindacato ricorrente ed ha respinto il ricorso compensando le spese.

 

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