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L´assegno di mantenimento va anche ragguagliato alla capacità lavorativa dell´ex moglie.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1 con ordinanza n. 4100 dell´11 novembre 2016 depositata in data 16 febbraio 2017.
Con tale ordinanza i Giudici Supremi hanno avuto modo di precisare come ai fini della determinazione concreta dell´assegno di mantenimento va valutato il quadro complessivo economico di riferimento.
In particolare non si può prescindere dal valutare le concrete possibilità dell´ex. moglie alla collocazione al lavoro anche in relazione all´età, ed, al fatto che la stessa si sia dedicata per tanti anni in maniera esclusiva alla gestione della famiglia non creandosi in tal senso alcun futuro professionale.
Antefatto
Il Tribunale di Trieste dichiarava la separazione giudiziale dei coniugi M. S. e F. B imponendo al S. l´obbligo di corrispondere un assegno di lire 1.200,00 mensili per il sostentamento della moglie.
Dieci anni dopo, su ricorso del S., il Tribunale di Trieste pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed imponeva al S. un assegno divorzile di Euro 350,00 mensili a favore della moglie. Il Tribunale fissava tale importo inferiore a quello precedentemente corrisposto in base alla sentenza di separazione, tenendo in considerazione la sopravvenuta patologia cardiaca del S. che aveva limitato la sua capacità lavorativa.
Avverso tale statuizione, proponeva appello la signora B. richiedendo un assegno divorzile di almeno Euro 1.000,00 mensili. La Corte territoriale riteneva l´appello della ricorrente parzialmente fondato rideterminando l´assegno in Euro 600,00 mensili.
Ricorre per Cassazione l´ex marito.
Motivi della decisione
Il ricorso è dichiarato inammissibile dai Supremi giudici perché consiste in una contestazione al merito della decisione che peraltro non coglie le ragioni su cui è fondata. Infatti la durata del matrimonio (peraltro considerevole: 24 anni sino alla separazione e 33 sino al divorzio) non è stato affatto l´unico criterio per la determinazione dell´assegno avendo la Corte territoriale valutato anche le condizioni attuali del mercato del lavoro ostative a un tardivo inserimento della B,. e la situazione di salute e la capacità reddituale attuale del S. ai fini dell´accertamento del diritto all´assegno e della sua quantificazione.
La decisione della Corte di appello triestina è pienamente coerente al principio di diritto per cui "l´accertamento del diritto all´assegno divorzile si articola in due fasi, nella prima delle quali il giudice verifica l´esistenza del diritto in astratto, in relazione all´inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, mentre nella seconda procede alla determinazione in concreto dell´ammontare dell´assegno, che va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché del reddito di entrambi, valutandosi tali elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio. Nell´ambito di questo duplice accertamento assumono rilievo, sotto il profilo dell´onere probatorio, le risorse reddituali e patrimoniali di ciascuno dei coniugi, quelle effettivamente destinate al soddisfacimento dei bisogni personali e familiari, nonché le rispettive potenzialità economiche".
In particolare viene precisato, nel caso di specie, che la condizione di disoccupazione della B. trova una logica giustificazione nella motivazione della Corte distrettuale che ha messo in risalto la condizione di crisi economica e occupazionale generale e la difficoltà di entrare nel mondo del lavoro all´età della B. (che è nata nel 1953), senza avere una specifica qualificazione e avendo espletato la propria attività esclusivamente nell´ambito familiare.
La Corte pertanto ritiene che il ricorso debba essere respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.
Si allega ordinanza.


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