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Importante decisione del CdS sul significato da attribuire alla clausola “fatti salvi i diritti di terzi”

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  Importante decisione del Consiglio di Stato con la quale i supremi giudici amministrativi hanno voluto chiarire entro quali limiti è possibile impugnare avanti al giudice amministrativo un provvedimento della Pubblica Amministrazione conseguente alla presentazione della SCIA. Inoltre si sono soffermati sul significato che occorre attribuire alla clausola" fatti salvi i diritti di terzi" che quasi sempre viene inserita dai funzionari della P.A nei provvedimenti autorizzatori in materia di edilizia .Di seguito pubblichiamo il commento alla sentenza emessa dalla Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 5115, pubblicata il 30 agosto 2018, redatto dall' Arch. Ing. Venerando Russo, dirigente di urbanistica del Comune di Alcamo e del Comune di Enna, già componente del Consiglio Regionale dell'Urbanistica presso l'Assessorato Territorio ed Ambiente della Regione Sicilia.

 Accade spesso che gli uffici comunali, per mera cautela, applicano norme che non appartengono alla propria competenza. Un chiarimento sulla questione è stato prodotto dalla sentenza 5115/2018, depositata lo scorso 30 agosto, che ha illustrato il significato della clausola "fatti salvi i diritti dei terzi", presente in quasi tutti i provvedimenti di autorizzazione in materia edilizia. Infatti anche se la sentenza si riferisce alla delibera di condominio sui lavori di straordinaria manutenzione per la realizzazione di un tubo di sfiato per adeguamento impiantistico, emerge che l'Ufficio comunale non ha il potere di accertare se vengono lesi i diritti dei terzi, e questo vale tanto per il permesso di costruire quanto per la Segnalazione certificata di inizio attività (Scia).

Il Comune, prima di rilasciare il permesso di costruire, ha sempre l'onere di verificare la legittimazione del richiedente, accertando che questi sia il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente. Lo stesso Ufficio deve vagliare esclusivamente i profili urbanistici ed edilizi connessi al titolo richiesto. 

 In altre parole, la P.A. non ha potere di accertamento e non può comprovare prima del rilascio, attraverso propri approfondimenti istruttori, la mancanza di elementi che possano limitare il titolo abilitativo.

La Sentenza del Consiglio di Stato conferma che Il permesso di costruire in sé non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio, né tanto meno pregiudica la titolarità o l'esercizio di diritti relativi ad immobili diversi da quelli oggetto d'intervento.

Questo vuol dire che l'Amministrazione non può verificare gli effetti che l'intervento, realizzato sulla base del permesso di costruire rilasciato, produce sugli immobili circostanti, non coinvolti direttamente dal titolo abilitativo.

Il Consiglio di Stato  ha concluso che alla Pubblica Amministrazione, che non ha un obbligo di verifica generale, si può solo chiedere la verifica obiettiva della compatibilità di quanto si intende realizzare con la disciplina urbanistica ed edilizia. La stessa non può e non deve entrare nel merito di questioni civilistiche.

Questa recente sentenza conferma le precedenti sentenze del CdS sez, V n. 1583/98, sez VI n. 717/09; TAR Campania sez. staccata Salerno sez. I n. 1409//15; TAR Venezia sez II n. 2139/07,dalle quali si desume che "deve assolutamente censurarsi quella prassi amministrativa che subordina il rilascio dei titoli edilizi al consenso dei titolari di diritti reali confinanti ovvero di diritti reali di comunione – tra cui il condominio – e finanche di diritti personali di godimento.

Arch. Ing. Venerando Russo

Si allega sentenza 

 

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