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Condono edilizio: non determina l’automatica revoca dell’ordine di demolizione

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Con la sentenza n. 47102 dello scorso 22 novembre, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha dichiarato l'illegittimità di un'ordinanza di revoca di un ordine di demolizione emessa sulla base dell'intervenuta adozione di un provvedimento di condono edilizio.

Si è difatti precisato che " ai fini della revoca o sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive, il rilascio del provvedimento di sanatoria non comporta l'automatica caducazione dell'ordine di demolizione; il giudice dell'esecuzione, investito dell'istanza di revoca o sospensione dell'ordine di demolizione conseguente ad una condanna per costruzione abusiva, ha il dovere di verificare la legittimità del provvedimento di sanatoria, sia sotto il profilo del rispetto dei presupposti (limiti temporale e volumetrico) che dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio ".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'emanazione di una sentenza con cui il Pretore di Napoli ordinava la demolizione di un immobile oggetto di sequestro nel lontano agosto dell'anno 1994.

Accogliendo l'istanza presentata nell'interesse del proprietario, il Tribunale di Napoli revocava l'ordine di demolizione, evidenziando come l'immobile oggetto del provvedimento sanzionatorio era stato in realtà condonato, rientrando nell'ambito applicativo del cosiddetto secondo condono di cui all'art.39 della legge n. 724/94. 

 Ricorrendo in Cassazione, il Procuratore della Repubblica eccepiva vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata, deducendo come la stessa fosse contraddittoria e manifestamente illogica: si evidenziava, infatti, come la sentenza del giudice di primo grado ingiungesse la demolizione di un immobile oggetto di sequestro nell'agosto del 1994; diversamente, il Tribunale di Napoli, aveva erroneamente fatto riferimento ad un immobile sequestrato nel novembre del 1993, successivamente demolito, senza compiere alcun accertamento sulla legittimità del condono.

La Cassazione condivide le doglianze formulate.

In punto di diritto gli Ermellini ricordano che il secondo condono, per essere ammissibile, doveva avere ad oggetto un'opera ultimata entro il 31 dicembre 1993, la quale non doveva aver comportato un ampliamento del manufatto in maniera superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi.

Il legislatore, nell'ancorare il secondo condono alla data di ultimazione dell'opera, ha voluto garantire il rispetto del termine di ammissibilità al condono, fissando, al contempo, con esattezza il volume da condonare, onde evitare un successivo ampliamento.

Sul punto, il giudice dell'esecuzione, investito dell'istanza di revoca o sospensione dell'ordine di demolizione conseguente ad una condanna per costruzione abusiva, ha il dovere di verificare la legittimità del provvedimento di sanatoria, sia sotto il profilo del rispetto dei presupposti (limiti temporale e volumetrico) che dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio. 

Il potere di controllo sulla legittimità-esistenza del provvedimento amministrativo trova, infatti, la propria fonte nella legge penale: la verifica non può arrestarsi alla mera constatazione della esistenza materiale del provvedimento, dovendo il sindacato estendersi alla legittimità dello stesso ove essa venga espressamente richiamata dalla norma penale, ovvero esso si renda necessario per garantire una tutela efficace dell'interesse protetto, configurandosi quale elemento essenziale implicito della fattispecie criminosa.

Pertanto, alla luce dei principi espressi, è evidente come, ai fini della revoca o sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive, il rilascio del provvedimento di sanatoria non comporta l'automatica caducazione dell'ordine di demolizione.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini rilevano come l'immobile descritto nel verbale di sequestro datato 16.11.1993 – sebbene risultasse condonabile in quanto rientrante nel limite temporale indicato dal legislatore – di fatto non era coincidente con quello oggetto del secondo verbale dell'agosto 1994 e oggetto dello specifico ordine di demolizione per cui è causa. In particolare, il manufatto oggetto dell'ordine di demolizione non era stato ultimato entro la data utile ai fini del condono (31.12.1993): il giudice dell'esecuzione avrebbe pertanto dovuto rilevare l'illegittimità del provvedimento di sanatoria, essendo provato il difetto di uno dei presupposi fissati ex lege per la validità dell'atto amministrativo, con conseguente non revocabilità dell'ordine di demolizione.

In conclusione la Cassazione accoglie il ricorso, annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al tribunale di Napoli per nuovo esame.

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