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Condono edilizio. Motivi che ostano alla formazione del silenzio assenso

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 Con sentenza n.2058/2022 del 21/02/2022 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha affrontato la questione della formazione del silenzio assenso in materia di condono edilizio affermando che il silenzio assenso si perfeziona se la domanda del privato possiede i requisiti sostanziali per il suo accoglimento, tra i quali il rispetto del limite di volumetria.  (fonte https://www.giustizia-amministrativa.it/). 

Analizziamo il caso sottoposto all'attenzione del giudice amministrativo.

I fatti di causa.

Il ricorrente ha presentato anche per conto della figlia, domanda di condono avente ad oggetto i "manufatti privi di tamponature esterne". Più precisamente si tratta di due distinte istanze di condono ognuna delle quali relativa alla metà dell'edificio la cui volumetria complessiva è pari a mc. 783,09. Entrambe le istanze sono state respinte con determinazione dirigenziale del Comune. Conseguentemente i ricorrenti hanno proposto ricorso avverso la suddetta determinazione, lamentando in particolare:

  • la violazione dell'art.39 comma 4 L. n. 724/94 in quanto nella fattispecie sulla domanda di condono si sarebbe formato il silenzio assenso che renderebbe illegittimo il gravato diniego;
  • la violazione dell'art.39 comma 1 L. n. 724/94 e l'eccesso di potere per travisamento dei fatti e violazione dei principi di ragionevolezza ed adeguatezza dell'azione amministrativa in quanto, a parere di ricorrenti, il provvedimento impugnato ha erroneamente ritenuto che la struttura oggetto di ogni singola pratica di condono sia di 783,09 mc. mentre è della metà.

Si è costituita in giudizio l'Amministrazione resistente, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Così la causa è giunta al vaglio dei giudici amministrativi.

 La decisione del Tar.

I giudici amministrativi hanno in primo luogo ricordato che le disposizioni di cui all'art.39 comma 1 L. n.724/94 si applicano

  • "alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993, e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi" e
  • "alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria".

Il Tar ha, quindi, evidenziato che secondo il costante orientamento giurisprudenziale "in materia di condono edilizio il silenzio assenso si perfeziona solo nell'ipotesi in cui la domanda del privato possiede i requisiti sostanziali per il suo accoglimento, tra cui il rispetto del limite di volumetria e la dimostrazione del tempo di ultimazione dei lavori" (cfr. Cons. Stato n. 7198/2020, Cons. Stato n. 4540/2020, Cons. Stato n. 6219/18 richiamate). Ne consegue che il superamento del limite di volumetria e la mancata ultimazione dell'opera nel termine ultimo previsto dall'art.39 comma 1 L. n.724/94 ostano alla formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono.

Quanto all'individuazione del limite volumetrico previsto dall'art.39 L. n.724/94, l'opera abusiva deve essere individuata con riferimento all'unitarietà dell'immobile o del complesso immobiliare, qualora realizzato in esecuzione di un disegno unitario. Ne discende l'irrilevanza sia della suddivisione in più unità abitative sia della presentazione di istanze separate (cfr. Consiglio di Stato n. 1229/01 richiamata). A parere dei giudici amministrativi, peraltro, "è illegittimo l'inoltro di diverse domande tutte imputabili ad un unico centro sostanziale di interesse e riferibili al medesimo abuso sostanziale, in quanto tale espediente rappresenta un tentativo di aggirare i limiti consentiti per il condono relativamente al calcolo della volumetria consentita" (cfr. Consiglio di Stato n. 2995/14, Cons. Stato n. 4711/12 richiamate).  

 Tornando al caso in esame, i giudici amministrativi hanno rilevato che l'unitarietà dell'abuso emerge dalla stessa documentazione fotografica allegata all'atto introduttivo e che l'artificioso frazionamento delle due istanze di sanatoria è confermato anche dalla circostanza che le stesse sono riferibili al medesimo centro di interessi in quanto entrambe presentate dal ricorrente per conto della figlia.

Pertanto, a giudizio del Tar il Comune ha correttamente valutato unitariamente le due istanze di sanatoria presentate e le ha respinte ritenendole inammissibili in quanto il cumulo della volumetria abusiva, oggetto delle stesse, supera il limite volumetrico di 750 mc. previsto dall'art. 39 comma 1 L. n.724/94.

A parere del Tar, tra l'altro, l'amministrazione non avrebbe potuto rilasciare un condono parziale, come sostenuto dai ricorrenti, sia perché tale istituto non è previsto dalla normativa di riferimento sia perché un siffatto modus procedendi finirebbe per eludere il limite volumetrico di 750 mc. riferito all'abuso unitariamente considerato.

Per queste ragioni il Tar ha ritenuto il ricorso infondato e l'ha respinto.

 

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