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Cent’anni fa nasceva Pier Paolo Pasolini L’incontro tra la lingua e il dialetto.

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 Era nato a Bologna il 5 marzo 1922. Cent'anni fa.

E pochi sono gli intellettuali che possono vantare un impegno sociale, linguistico e culturale, costante e ricco di iniziative, di interventi, di scritture come Pier Paolo Pasolini. E, a ragione, è stato definito "uno dei più grandi intellettuali del Novecento". Come non è facile ingabbiarlo in una, o in poche. attività culturali di cui ci lascia ricchissima testimonianza.

Non è facile definire un intellettuale, della sua portata, ricorrendo agli schemi soliti.

Se vogliamo proprio, ma solo per comodità, analizzare le sue attività, potremmo definirlo un "ecclettico" nel senso più ampio della parola, come ci suggerisce un qualsiasi dizionario: "… termine che indica, nell'ambito delle arti e delle scienze, l'atteggiamento di chi sceglie in diverse dottrine ciò che è affine e cerca di armonizzarlo in una nuova sintesi".

Ma chi è stato, ma forse sarebbe meglio dire, chi è PPP, sempre presente tra noi: scrittore, romanziere, drammaturgo, linguista, traduttore, saggista, poeta, regista, sceneggiatore, pittore, narratore, filosofo, polemista, intellettuale impegnato. Un intellettuale impegnato di cui oggi, proprio oggi, se ne sente una grandissima mancanza.

Il lettore, sicuramente, capirà che non si tratta di presentare un Libro, o una Mostra o una visita ad un Museo. Ma scrivere di Pier Paolo Pasolini significa riferirci ad un periodo ricco di avvenimenti in un momento di transizione tra il secondo Dopo guerra e le prime fasi della ricostruzione del nostro Paese.

Momenti difficili che venivano illustrati con romanzi e film di quel grande filone che è passato alla storia come "neorealismo".

Erano i tempi in cui Roma era il punto di riferimento di artisti e aspiranti artisti; scrittori e aspiranti scrittori. Ma anche di personaggi che hanno scritto la storia letteraria e linguistica dell'Italia che si apriva al mondo.

 Quante volte abbiamo sentito dire, fin dai banchi di scuola, che Alessandro Manzoni era andato a Firenze per "… risciacquare i panni in Arno". Magari facevamo fatica a comprendere cosa ci si volesse far comprendere. Poi, andando avanti con gli studi, cominciammo a percepire qualcosa.

L'epoca del Manzoni vedeva primeggiare la Lombardia nel campo delle lettere e delle attività culturali. Si pubblicavano libri, saggi, romanzi e, di tanto in tanto, nel linguaggio dotto, tipicamente toscano, si riusciva ad inserire qualche parola dialettale lombarda. Cominciava quella lenta trasformazione della lingua dove il dialetto trovava una sua dignitosa collocazione.

Pasolini aveva pubblicato i suoi primi versi nel dialetto friulano. Famosa la sua raccolta "Poesie a Casarsa", che aveva ricevuto anche l'attenzione di alcuni filologi. Gianfranco Contini in primo luogo.

A Casarsa era legato per in maniera affettiva. Era il paese della mamma.

Quando scoppiò il Secondo conflitto mondiale, la famiglia, dalla fine del 1942, vi si stabilì, quando le condizioni di vita e i pericoli a Bologna si fecero molto critici.

A guerra finita, Pasolini si stabilisce a Roma, dove vivevano personaggi come Alberto Moravia, Elsa Morante, Dacia Maraini, tanto per fare qualche nome, e Pasolini entra proprio in quel giro.

Già Moravia aveva cominciato ad inserire nei suoi racconti parole romanesche. Proprio da lì partì la scintilla che finirà per collocare la scrittura e la poesia dialettale "… come autonome espressioni liriche".

 Ma Roma era anche la città dove le nuove generazioni, che si affacciavano agli Anni Sessanta, erano destinati ad un futuro incerto e rischioso.

Gira nelle borgate romane, frequenta i giovani, e nascono i primi libri il cui linguaggio obbliga la pubblicazione di un glossarietto dialettale nelle ultime pagine.

I suoi primi libri, "Ragazzi di vita", 1955 e "Una vita violenta", 1959 vedono l'intreccio tra lingua italiana e il dialetto romano.

Cosi come nei film di cui sarà regista privilegia i vari dialetti regionali.

Il lettore mi scuserà se ho privilegiato l'aspetto linguistico tra le numerose attività di questo nostro Intellettuale straordinario. Un aspetto, quello linguistico, perché, oltre alle difficoltà di parlare della sua numerosissima bio-bibliografia, esiste la mancanza di uno spazio che non può essere quello di un articolo.

E, poi, aspetto poco noto, Pasolini amava i dialetti. E non solo quelli regionali italiani, ma anche quelli di altri continenti che lui visitava.

Inoltre non dimentichiamo che il nostro Andrea Camilleri ha fatto conoscere l'uso del dialetto siciliano al mondo intero.

 

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