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Bartolo Cattafi e i Poeti di “Quarta Generazione”

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Lo scorso anno Angelo Maugeri, amico e sensibilissimo poeta, mi ha regalato alcune pubblicazioni degli Anni Cinquanta in stampa anastatica. E tra queste "Quarta generazione. Esperienze vitali della poesia", a cura di Serena Contini con la prefazione di Giorgio Luzzi. Edizione "Nuova Editrice, Magenta" di Varese sui Carteggi tra Luciano Anceschi, Piero Chiara e Luciano Erba". Tre dei massimi critici letterari e poeti del Novecento.

E' ha ragione l'Editore, Dino Azzolin, quando scrive: "Mai scelta fu tanto azzeccata soprattutto per il risultato che ora avete tra le mani, e anche se resta al lettore l'ultima parola, niente mi esime dal ringraziare tutti quelli che in un modo o nell'altro hanno saputo dar forma a questo libro davvero importante per il panorama storico culturale dell'intero territorio prealpino affacciato sul panorama nazionale ed internazionale della poesia nazionale contemporanea".

E' sufficiente citare alcuni dei poeti presenti nelle due pubblicazioni antologiche di "Quarta Generazione" per rendersi conto dello spessore culturale dell'iniziativa.

Da Pier Paolo Pasolini a Ada Merini, dallo svizzero Giorgio Orelli a Andrea Zanzotto, da Maria Luisa Spaziani a Davide Maria Turoldo…a Bartolo Cattafi che, Luigi Baldacci non esita a definire "…uno dei maggiori poeti del nostro secolo" (.n.r. era il Novecento).

Mi rendo conto delle difficolta, dei nostri giovani, soprattutto, trovano nell'orientarsi tra Personaggi vissuti nei primi Settant'anni del secolo scorso. E scrivevano di "poesia".

Ma, occasioni come queste, si prestano, nonostante l'indifferenza dei più, a ripercorrere percorsi culturali che nella nostra memoria collettiva, occupano spazi importanti.

Quando muore Giuseppe Ungaretti, 1970), il critico letterario Carlo Bo lo ricorda con questo bellissimo pensiero: "Giovani della mia generazione in anni oscuri di totale delusione politica e sociale, sarebbero stati pronti a dare la vita per Ungaretti, e cioè per la poesia". 

La prima volta che avevo sentito parlare di Bartolo Cattafi è stato all'inizio del 1980. Era morto da poco e assisto ad una discussione tra Adriano Soldini, intellettuale ticinese, con il quale quando, qualche sabato, capitavano a Milano, era tradizione che si andasse a trovare l'editore Vanni Scheiwiler, amico fin dalla giovane età, e sodale di Soldini.

Cattafi aveva pubblicato alcune raccolte di poesie dall'editore Scheiwiler: "Qualcosa di preciso" (1961) e "Segni" (1986).

Bartolomeo ("Bartolo") Cattafi nasce nel 1922 a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Provincia che diede i natali anche a Angelo Maugeri. E come Maugeri, nasce in una famiglia di facoltosi professionisti e proprietari terrieri.

All'Università di Messina consegue la laurea in giurisprudenza nel 1944. E, nel 1947, lo troviamo a Milano per cercare un inserimento nel mondo del lavoro. Non eserciterà la professione forense, ma si avvia al giornalismo. Professione che gli consente di viaggiare molto in Europa e in Africa.

A Milano entra in contatto con le personalità di spicco della cultura italiana. E questo gli permetterà, soprattutto grazie a Vittorio Sereni e Sergio Solmi, di poter pubblicare le sue poesie su riviste e antologie. 

 La sua bibliografia è ricca e densa. Di lui si sono occupati Spagnoletti, Baldacci, Ramat, Barberi Squarotti, Bo, Cucchi, Sereni, Giudici, Raboni, Fortini, Maugeri, Grasso, Ravegnani e tanti altri. Come dire i critici e i poeti che hanno contrassegnato la seconda metà del secolo passato.

E' presente in parecchie Antologie di poesia, anche scolastiche.

Sono in molti a definire Bartolo Cattafi uno dei maggiori poeti del Novecento.

Mario Grasso, poeta, scrittore, saggista, traduttore dal russo, grande polemista e infaticabile animatore culturale, così descrive gli anni in cui poeti, anche come Cattafi, hanno contraddistinto un'epoca: "Erano gli anni – in Sicilia – in cui la poesia alzava la cresta esibendo la lunga carriera di premi, versi e traduzioni del dannunziano catanese Giuseppe Villarroel; il Nobel a Quasimodo, anche lui poeta e traduttore impareggiabile di classici greci e latini, il balzo dei raffinati "Canti barocchi" di Lucio Piccolo. Un balzo agevolato da divertente aneddotica ora letteraria, ora di sgargianti colori feudali, ora di fantasmi di famiglia; il consolidarsi di consensi attorno a Bartolo Cattafi. E i primi gradini della scala barocca che percorrerà Angelo Maria Ripellino" (1).

E una dichiarazione dello stesso Cattafi, sull'identificazione tra poesie ed esistenza ("Poesia è per me avventura, viaggio, scoperta, vitale riferimento agli idoli della tribù, tentata decifrazione del mondo, cattura e possesso di frammenti del mondo, nuda denuncia del mondo in cui si è uomini, cruento atto esistenziale"), darà l'occasione a Luigi Baldacci in un Convegno(2) di delineare la personalità di questo poeta: "Bartolo Cattafi è stato uno dei maggiori poeti del nostro secolo. Non importa sapere a quale generazione sia appartenuto: accertamento che potrebbe assumere il sapore di alibi. E del resto la sua poesia aveva scarsi connotati generazionali: voglio dire che se Erba o Risi, Giudici o Orelli (Giorgio, gloria e vanto per la mia Sicilia di un Ticino che pure mi appartiene; questa nota è mia), si distinguono per un calibrato dosaggio d'ironia, per un sapiente uso dell'autobiografia, impastata nel magma della storia o della cronaca o addirittura dell'informazione giornalistica, Cattafi ha evitato di fornirci le sue coordinate, di parlarci di sé e del suo mondo contingente".

  • (1)Mario Grasso, "La danza delle gru, Audizione e talenti in Sicilia", Prova d'Autore, Catania, 1999;
  • (2) "Convegno di Studi su Bartolo Cattafi", Acireale, 6-8 dicembre 1979;

 

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