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"Benedici l'Italia e noi". La Supplica a Pompei, a fondarlo l'avvocato Bartolo Longo

"Benedici l'Italia e noi". La Supplica a Pompei, a fondarlo l'avvocato Bartolo Longo

Centinaia di migliaia di fedeli provenienti da tutta Italia e dall'estero come ogni anno per la Supplica alla Madonna di Pompei, che si celebra la prima domenica di ottobre, due giorni dopo la festa del Fondatore del Santuario, il beato Avvocato Bartolo Longo, un anticlericale che divenne benefattore e servo dei poveri dopo la sua conversione di cui, alla fine dell'articolo, illustriamo la biografia.

Nella basilica di Pompei – città la cui patrona è proprio la Madonna del Rosario – si conserva una tela attribuita alla scuola di Luca Giordano, di non eccelso valore artistico e restaurata, ma di notevolissimo valore spirituale e taumaturgico poiché oggetto di culto molto intenso e diffuso, con pellegrinaggi che si concentrano durante le due suppliche: l'8 maggio (l'8 maggio 1876 ebbe inizio la costruzione della basilica) e la prima domenica di ottobre. Ed ecco ora la Supplica e la biografia del beato.

La supplica alla Madonna del Rosario di Pompei - Il testo

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
O Augusta Regina delle Vittorie, * o Sovrana del Cielo e della Terra, * al cui nome si rallegrano i cieli e tremano gli abissi, * o Regina gloriosa del Rosario, * noi devoti
figli tuoi, * raccolti nel tuo Tempio di Pompei, (in questo giorno solenne *) (1)
effondiamo gli affetti del nostro cuore * e con confidenza di figli * ti esprimiamo le
nostre miserie.
Dal Trono di clemenza, * dove siedi Regina, * volgi, o Maria, * il tuo sguardo
pietoso * su di noi, sulle nostre famiglie, * sull'Italia, sull'Europa, sul mondo. * Ti
prenda compassione * degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. *
Vedi, o Madre, * quanti pericoli nell'anima e nel corpo, * quante calamità ed
afflizioni ci costringono.
O Madre, * implora per noi misericordia dal tuo Figlio divino * e vinci con la
clemenza * il cuore dei peccatori. * Sono nostri fratelli e figli tuoi * che costano
sangue al dolce Gesù * e contristano il tuo sensibilissimo cuore. * Mostrati a tutti
quale sei, * Regina di pace e di perdono.
Ave, o Maria
(1) Solo l'8 maggio e la prima domenica di ottobre.
È vero * che noi, per primi, benché tuoi figli, * con i peccati * torniamo a
crocifiggere in cuor nostro Gesù * e trafiggiamo nuovamente il tuo cuore.
Lo confessiamo: * siamo meritevoli dei più aspri castighi, * ma Tu ricordati * che,
sul Golgota, * raccogliesti, col Sangue divino, * il testamento del Redentore
moribondo, * che ti dichiarava Madre nostra, * Madre dei peccatori. Tu dunque, *
come Madre nostra, * sei la nostra Avvocata, * la nostra speranza. * E noi, gementi, *
stendiamo a te le mani supplichevoli, * gridando: Misericordia!
O Madre buona, * abbi pietà di noi, * delle anime nostre, * delle nostre famiglie, *
dei nostri parenti, * dei nostri amici, * dei nostri defunti, * soprattutto dei nostri
nemici * e di tanti che si dicono cristiani, * eppur offendono il Cuore amabile del tuo
Figliuolo. * Pietà oggi imploriamo * per le Nazioni traviate, * per tutta l'Europa, *
per tutto il mondo, * perché pentito ritorni al tuo Cuore.
Misericordia per tutti, * o Madre di Misericordia!
Ave, o Maria
Degnati benevolmente, o Maria, * di esaudirci! * Gesù ha riposto nelle tue mani *
tutti i tesori delle Sue grazie * e delle Sue misericordie.
Tu siedi, * coronata Regina, * alla destra del tuo Figlio, * splendente di gloria
immortale * su tutti i Cori degli Angeli. * Tu distendi il tuo dominio * per quanto
sono distesi i cieli, * e a te la terra e le creature tutte * sono soggette.*

​Tu sei l'onnipotente per grazia, * Tu dunque puoi aiutarci. * Se Tu non volessi

aiutarci, * perché figli ingrati ed immeritevoli della tua protezione, * non sapremmo a
chi rivolgerci. * Il tuo cuore di Madre, * non permetterà di vedere noi, * tuoi figli,
perduti. * Il Bambino che vediamo sulle tue ginocchia * e la mistica Corona che
miriamo nella tua mano, * ci ispirano fiducia che saremo esauditi. * E noi confidiamo
pienamente in te, * ci abbandoniamo come deboli figli * tra le braccia della più tenera
fra le madri, * e, oggi stesso, * da te aspettiamo le sospirate grazie.
Ave, o Maria
Chiediamo la benedizione a Maria
Un'ultima grazia * noi ora ti chiediamo, o Regina, * che non puoi negarci (in questo
giorno solennissimo*) (1). * Concedi a tutti noi * l'amore tuo costante * e in modo
speciale la materna benedizione.
Non ci staccheremo da te * finché non ci avrai benedetti. * Benedici, o Maria, in
questo momento * il Sommo Pontefice. * Agli antichi splendori della tua Corona, * ai
trionfi del tuo Rosario, * onde sei chiamata Regina delle Vittorie, * aggiungi ancor
questo, o Madre: * concedi il trionfo alla Religione * e la pace alla umana Società. *
Benedici i nostri Vescovi, * i Sacerdoti * e particolarmente tutti coloro * che zelano
l'onore del tuo Santuario. * Benedici infine tutti gli associati al tuo Tempio di Pompei
* e quanti coltivano e promuovono * la devozione al Santo Rosario.
O Rosario benedetto di Maria, * Catena dolce che ci rannodi a Dio, * vincolo di
amore che ci unisci agli Angeli, * torre di salvezza negli assalti dell'inferno, * porto
sicuro nel comune naufragio, * noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell'ora di agonia, * a te l'ultimo bacio della vita che si spegne.
E l'ultimo accento delle nostre labbra * sarà il nome tuo soave, * o Regina del
Rosario di Pompei, * o Madre nostra cara, * o Rifugio dei peccatori, * o Sovrana
consolatrice dei mesti.
Sii ovunque benedetta, * oggi e sempre, * in terra e in cielo. * Amen.
Salve, Regina.
(1) Solo l'8 maggio e la prima domenica di ottobre.

 Figlio di Bartolomeo, medico, e di Antonia Luparelli, fu battezzato tre giorni dopo la nascita, il 13 febbraio 1841.

Di fisico minuto ma di acuta intelligenza, Bartolo Longo fu posto nel collegio dei Padri Scolopi di Francavilla Fontana, all'età di 5 anni, come era d'uso a quell'epoca. «Ero, dice, un diavoletto vivace e impertinente, un po' birichino». Lasciò il collegio nel 1858, dopo aver conseguito il titolo di studio che lo abilitava all'insegnamento di "rudimenti grammaticali".

Di agiate condizioni economiche il giovane Bartolo Longo si dedicò appassionatamente al ballo, alla musica e alla scherma. Completò nel frattempo gli studi superiori in forma privata a Lecce.

Avvenuta l'annessione del Regno delle due Sicilie al Regno d'Italia, con la legge Casati estesa a tutto il Regno d'Italia, gli studi subirono un forte mutamento, per cui i titoli conseguiti finora non gli erano riconosciuti. Per tale ragione, dovette iscriversi presso la Regia Università di Napoli negli studi di giurisprudenza.

In quegli anni, a Napoli, soprattutto nell'ambiente accademico, vi era un forte anticlericalismo. Bartolo Longo, dopo la lettura del libro Le Vie de Jesus del filosofo francese Ernest Renan, aderì completamente alla contestazione anticlericale; egli seguì in quel periodo anche le lezioni di Lettere e Filosofia di alcuni professori apertamente anticattolici come Augusto Vera, Bertrando Spaventa e Luigi Settembrini, lezioni improntate al positivismo dominante, e quindi alla negazione del soprannaturale. Si avvicinò quindi a un movimento spiritista di tipo satanico che in quel tempo era molto diffuso nel napoletano e si impegnò in modo tale che divenne per circa un anno e mezzo un "sacerdote satanista".

Con il passare del tempo tuttavia si verificò in lui una profonda crisi; una vera e propria depressione psichica e fisica, forse indotta anche dai riti del satanismo che comportavano lunghi periodi di digiuno e che gli danneggiarono anche l'apparato digerente; ma fortunatamente questa grave depressione non lo portò al suicidio, come invece accadde purtroppo ad un suo caro amico.

La sua vita ebbe allora una svolta totale, dopo una notte di incubi, egli si rivolse al prof. Vincenzo Pepe. Pepe, suo compaesano e uomo molto religioso, fu per lui un vero amico, e lo inviò alla direzione spirituale di Padre Radente appartenente all'ordine dei Domenicani. Padre Radente dopo poco tempo riuscì a farlo aggregare al Terzo Ordine di San Domenico. Proprio nell'Ordine Domenicano è presente una particolare attenzione per la preghiera del Santo Rosario e quindi per la Madonna del Rosario; una devozione molto antica che affonda le sue radici all'epoca dell'istituzione stessa dei Domenicani cioè nel XII secolo. Bartolo Longo sviluppò nel tempo una forte devozione per il Santo Rosario e trovandone notevole giovamento spirituale volle ritornare dai suoi ex-compagni di spiritismo per tentare invano di portarli sulla retta via e convertirli, ma non riuscì nel suo intento, e dai satanisti fu deriso.

Nel 1864 si laureò in giurisprudenza, tornò al paese natìo, abbandonò la professione di avvocato, si prodigò in opere assistenziali, fece voto di castità seguendo anche le indicazioni del venerabile Emanuele Ribera, redentorista che gli aveva preannunciato una probabile alta missione da compiere per la cristianità. Grazie alla divisione patrimoniale familiare, aveva ottenuto una cospicua somma di denaro e notevoli beni immobili che gli garantivano una rendita annua di oltre 5.000 lire, una somma elevata per l'epoca, che gli consentì di assegnare vitalizi e sostenere periodiche spese di ammalati e bisognosi.

La contessa De FuscoModificaI Coniugi Longo dopo il matrimonio

Per seguire questa vocazione ad aiutare i bisognosi, tornò a Napoli dove conobbe il futuro santo Ludovico da Casoria e la futura santa Caterina Volpicelli. Nella Casa Centrale che la Volpicelli aveva aperto a Napoli, Bartolo conobbe la contessa Marianna Farnararo De Fusco (Monopoli, 13 dicembre 1836Pompei, 9 febbraio 1924), donna impegnata fortemente in opere caritatevoli ed assistenziali. Questa nel 1864 era rimasta vedova del conte Albenzio De Fusco di Lettere, i cui possedimenti si estendevano anche nella Valle di Pompei. Alla contessa, vedova di soli 27 anni con cinque figli in tenera età, serviva un amministratore per i beni De Fusco, nonché un precettore per i figli. Fu così che Bartolo accettò di stabilirsi in una residenza dei De Fusco per assolvere a tali compiti. Questa conoscenza segnò una svolta fondamentale nella vita di Bartolo Longo, poiché egli ne divenne l'inseparabile compagno nelle opere caritatevoli. Tale amicizia tuttavia diede luogo a parecchie maldicenze, per cui dopo un'udienza da Papa Leone XIII, i due nel 1885 decisero di sposarsi, con il proposito però di vivere come buoni amici, in amore fraterno, come avevano fatto fino ad allora. Il matrimonio fu celebrato senza gli atti civili e le pubblicazioni di rito.

L'incontro con PompeiModifica

Il primo vero contatto di Bartolo Longo con i Pompeiani avvenne nel 1872, quando egli si recò nella Valle di Pompei per sistemare i rapporti economici tra la contessa De Fusco e gli affittuari dei suoi possedimenti. In tale occasione ebbe modo di notare lo stato di abbandono in cui i circa 1.000 abitanti della zona vivevano e notò in quale stato di rovina si trovava la Parrocchia del SS. Salvatore, umile e antica chiesa, le cui origini risalivano al 1093, ed intorno alla quale si raggrupparono i primi abitanti dell'Agro pompeiano. Un giorno, vagando per quei campi, in contrada Arpaia, Bartolo sentì una voce misteriosa che gli diceva: "Se propaghi il Rosario, sarai salvo!". E subito dopo udì l'eco di una campana lontana, che suonava l'Angelus di mezzogiorno; egli allora si inginocchiò sulla nuda terra a pregare fino al raggiungimento di una grande pace interiore, mai provata prima. A quel punto ebbe ancora più chiara la missione da compiere. Iniziò così a progettare la costituzione di una "pia società" intitolata al Santo Rosario, da realizzarsi proprio lì, in quella valle abbandonata.

Nei tre anni successivi tornò tra i pompeiani più volte per diffondere la devozione al Santo Rosario, ma ben presto si rese conto, che a tale scopo, gli occorreva un quadro della Madonna del Rosario, dipinto ad olio, come si confaceva meglio all'uso liturgico. Il 13 novembre 1875 si recò così a Napoli avendo in mente di acquistarne uno già visto in un negozio, ma le cose non andarono come egli aveva pensato. Per puro caso infatti incontrò in Via Toledo Padre Radente che allo scopo gli suggerì di andare al Conservatorio del Rosario di Portamedina e di chiedere, in suo nome, a Suor Maria Concetta De Litala un vecchio quadro del Rosario che egli stesso le aveva affidato dieci anni prima. Bartolo seguì tale suggerimento, ma fu presto preso da sgomento quando la suora gli mostrò il quadro: una tela corrosa dalle tarme e logorata dal tempo, che mancava in più parti di pezzi di colore, con la Madonna in atteggiamento antistorico, cioè con la Vergine che porge la corona a Santa Rosa da Lima, anziché a Santa Caterina da Siena, come nella tradizione domenicana. Bartolo Longo fu sul punto di declinare l'offerta, ma ritirò comunque il dono per l'insistenza della stessa suora.

Nel tardo pomeriggio del 13 novembre 1875, l'immagine della Madonna giunse così a Pompei, su un carretto guidato dal carrettiere Angelo Tortora e altre volte adibito al trasporto di letame. Fu scaricata con la sua lurida copertura di fronte alla fatiscente Parrocchia del SS. Salvatore, dove ad aspettarla c'erano l'anziano parroco Cirillo, Bartolo e altri pochi abitanti. Lo sgomento iniziale di Bartolo colse anche tutti gli altri presenti quando, tolta la coperta, fu mostrato il quadro. Furono tutti d'accordo che l'immagine non si poteva esporre, per timore di interdetto, prima di un restauro anche solo parziale. Al primo restauro, nel corso degli anni, ne seguirono altri e per i primi tre anni il quadro fu esposto nella Parrocchia del SS. Salvatore.

Di fronte a tanto interesse religioso e devozionale, il vescovo di Nola (nella cui diocesi era compresa allora anche la Valle di Pompei) suggerì a Bartolo Longo di iniziare la costruzione di una nuova chiesa, in un terreno indicato dallo stesso vescovo. Iniziarono così le peregrinazioni di Bartolo Longo e della contessa in cerca dei fondi necessari, mediante la sottoscrizione di "un soldo al mese".

Il 13 febbraio 1876, giorno in cui per la prima volta il quadro della Madonna veniva esposto, dopo il restauro, alla pubblica venerazione, si verificò il primo prodigio: la completa guarigione della dodicenne Clorinda, giudicata inguaribile dal celebre professore Antonio Cardarelli, e per la cui salvezza la zia Anna aveva aderito alle offerte per la nascente chiesa. Era il primo di una lunga serie di miracoli e grazie nella storia del Santuario di Pompei. Da Napoli e successivamente da molte altre parti del mondo iniziarono a giungere offerte per la costruzione della nuova chiesa la cui prima pietra fu posta l'8 maggio 1876. Il quadro fu quindi posto su un altare provvisorio in una cappella (detta poi di Santa Caterina), nella erigenda chiesa. L'architetto Antonio Cua si offrì gratuitamente di redigere il progetto e dirigere i lavori della nuova chiesa.

Nel 1877 Bartolo Longo scrisse e divulgò la pratica dei "Quindici Sabati". Due anni dopo, guarì lui stesso da una grave malattia grazie alla recita della Novena, da lui composta e della quale ci furono, immediatamente, novecento edizioni, in ventidue lingue. Il 14 ottobre 1883, ventimila pellegrini, riuniti a Pompei recitarono, per la prima volta, la Supplica alla Vergine del Rosario, scritta da Bartolo Longo, in risposta all'Enciclica Supremi Apostolatus Officio (1º settembre 1883), con la quale Leone XIII, di fronte ai mali della società, additava come rimedio la recita del Rosario.

Nel 1884 fondò il periodico "Il Rosario e la Nuova Pompei", tuttora stampato e diffuso in tutto il mondo. Nel frattempo intorno al grande cantiere per la chiesa, Bartolo Longo diede forma alla nuova città, con le case per gli operai (primo esempio di edilizia sociale), il telegrafo, un piccolo ospedale, l'osservatorio meteorologico e quello geodinamico.

Nel 1887 fondò l'Orfanotrofio Femminile, la prima delle sue opere di carità a favore dei minori.

Il 6 maggio 1891 il cardinale Raffaele Monaco La Valletta consacrò il nuovo Tempio. Nel 1898 Bartolo Longo fece ricostruire la Parrocchia del SS. Salvatore, tale quale oggi è, in modo che potesse continuare la sua esistenza in modo autonomo dalla nascente chiesa, divenuta sin dal 1894, Basilica Pontificia.

In questo periodo Bartolo Longo maturò la sua intuizione più originale e cioè: non solo credere nella possibilità del recupero dei figli dei carcerati, ma scommettere sul fatto che essi, a loro volta, avrebbero potuto salvare i loro genitori dalla disperazione. Nel 1892 veniva così collocata la prima pietra dell'Ospizio per i figli dei carcerati, retto, a partire dal 1907, dai Fratelli delle Scuole Cristiane di San Giovanni Battista de La Salle. Dopo appena sei anni gli allievi erano oltre cento. In seguito accolse anche le figlie dei carcerati che affidò alla cura delle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, da lui fondate nel 1897. Si trattava di un'opera difficile perché combattuta dalla cultura e dalla scienza positivista del tempo, che non riconosceva l'educabilità del figlio di un delinquente. L'opera di Bartolo Longo dimostrò il contrario. Queste opere miravano ad accogliere ed educare tutti i bambini e ragazzi orfani o abbandonati e che quindi non avevano punti di riferimento familiari per la propria crescita umana e sociale.

Il 5 maggio 1901 fu così inaugurata la facciata del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, frutto di offerte provenienti da tutto il mondo e dedicata alla Pace Universale. In tale occasione Bartolo Longo promise ai Pompeiani che un giorno la Basilica sarebbe stata visitata dal Papa, cosa che si è poi verificata per ben quattro volte: il 21 ottobre 1979 e il 7 ottobre 2003 da parte di Giovanni Paolo II; il 19 ottobre 2008 da parte di Benedetto XVI e il 21 marzo 2015 da parte di Papa Francesco. Su Bartolo tuttavia caddero ingiurie e calunnie che arrivarono fin sul tavolo di Papa Pio X. Bartolo e la Contessa decisero così, il 12 settembre 1906, di donare l'Opera di Pompei al Papa. Papa Pio X, venuto a conoscenza della verità, mostrò grande stima per il Fondatore della nuova Pompei e approvò la Pia Unione Universale per la recita del Rosario in comune e nelle famiglie, proposta dal Longo, volendo esserne il primo iscritto.

L'opera di Bartolo Longo così si arricchì ulteriormente con l'istituzione della Supplica alla madonna di Pompei (da lui stesso scritta) l'8 maggio e la Prima domenica di ottobre, la promozione del Movimento Assunzionista per ottenere la definizione del dogma dell'Assunzione di Maria, l'Orfanotrofio Femminile, l'Istituto per i Figli dei Carcerati, l'Istituto per le Figlie dei Carcerati, la Congregazione femminile delle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, con lo scopo primario di assistenza e di educazione dei bambini e delle ragazze delle Opere, le Case Operaie per i dipendenti, la tipografia con annessa legatoria anche artistica, le officine, la scuola di arti e mestieri e la scuola serale, la stazione ferroviaria per la quale offrì il terreno. Bartolo Longo tuttavia intuì che la nascente città avrebbe avuto una forte vocazione turistica sia per l'interesse archeologico verso gli Scavi dell'antica Pompei, sia per il sempre maggiore interesse religioso che portava ormai migliaia di pellegrini presso la Basilica. Si adoperò pertanto affinché nella città sorgessero farmacie, luoghi di ristoro ed accoglienza per i visitatori, nonché una stazione ferroviaria con annessa piazza antistante (per le quali offrì il suolo), un ufficio postale, nuove strade e tutto quanto potesse rendere la città più bella e funzionale. Quindi una valle desolata, in penoso stato di abbandono e degrado, fu trasformata in una moderna e bella città a forte vocazione turistica, dotata di tutti i comfort e servizi.

La contessa De Fusco morì il 9 febbraio 1924. Ciò provocò giorni di terribile sofferenza a Bartolo Longo che, per sfuggire alle possibili ritorsioni da parte degli eredi della nobildonna, si trasferì prima a Napoli, presso il nipote ingegnere, poi, dopo un mese, a Latiano. Infatti poco dopo, a tutela del patrimonio, gli ufficiali del Tribunale di Salerno entrarono nella casa che fu della contessa e di Bartolo ed inventariarono mobili e beni. Il 23 aprile 1925, dopo quattordici mesi e molte sollecitazioni da parte dei pompeiani, Bartolo tornò a Pompei. E lo fece come quando vi era giunto per la prima volta nel 1872: senza possedere più nulla, ma stavolta trovando una città in festa ad aspettarlo. Il 30 maggio 1925 fu insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Negli ultimi mesi di vita, Bartolo Longo poté godere dell'amicizia del dottor Giuseppe Moscati (proclamato santo il 25 ottobre 1987 da papa Giovanni Paolo II) che spesso vedeva per consulti medici. I due strinsero una filiale amicizia che si concluse solo quando, nella mattinata del 5 ottobre 1926, il Moscati andò a Pompei per assisterlo per l'ultima volta. Nel pomeriggio di quel giorno, infatti, tornando a Napoli, senza saper nulla di quello che accadeva a Pompei, disse ai suoi familiari: «Don Bartolo è passato in cielo». Bartolo Longo così morì poverissimo, potendo disporre soltanto del proprio lettino poiché tutto il mobilio dell'appartamento era stato inventariato e vincolato da un sequestro conservativo ottenuto contro di lui da parenti in agguato.

Due anni dopo, grazie all'interessamento di Fratel Adriano di Maria, dei Fratelli delle Scuole Cristiane, che continuò l'opera dell'avvocato, Pompei fu riconosciuta come comune autonomo.

Il processo di Beatificazione comincia subito dopo la sua morte con un rallentamento negli anni 40 per il bisogno di ulteriori documenti da inserire nella Inquisitio; questi vengono richiesti (e forniti nel 1950) al Padre Barnabita Eufrasio M. Spreafico, suo primo biografo e riordinatore dell'archivio, anche manoscritto, lasciato da Bartolo Longo a Pompei. Completata la raccolta dei documenti l'iter continua giungendo alla Beatificazione da parte di Giovanni Paolo II, avvenuta il 26 ottobre 1980. Le sue spoglie riposarono, insieme a quelle della contessa, di Padre Radente e di Suor Maria Concetta de Litala, nell'ampia cripta sottostante la Basilica. Negli ultimi suoi anni di vita disse: "Un giorno da quella loggia si affaccerà un uomo vestito di bianco e benedirà le genti convenute a Pompei". Dopo 53 anni questo suo desiderio si concretizzò, Giovanni Paolo II giunse a Pompei per affidare alla Madonna del Rosario il suo Pontificato. Nel 2002 con l'effigie originale della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei Giovanni Paolo II sul sagrato di Piazza San Pietro inaugurò l'anno del Rosario. Il 7 ottobre del 2003 Giovanni Paolo II ormai segnato dalla malattia volle recarsi per la seconda volta al Santuario della Madonna del Rosario di Pompei per ringraziare la Madonna per averlo protetto e sostenuto in questi 25 anni di Pontificato e per concludere l'anno del Rosario proprio in quel luogo dove viene venerata la Madonna del Rosario. Lo stretto rapporto della città mariana con i pontefici si è consolidato ulteriormente, il 19 ottobre 2008 quando il Sommo Pontefice Benedetto XVI si è recato al Santuario di Pompei e ha sostato in preghiera dinanzi alle spoglie del Beato Bartolo Longo (trasferite nella Cappella dedicata a Beato e che è utilizzata per le Celebrazioni Eucaristiche con piccoli gruppi) mentre tali immagini venivano televisivamente inviate in mondovisione, esaltando così le qualità umane e spirituali di questo grande uomo di fede. Il grande pontefice ha donato al Santuario e alla Vergine la Rosa d'oro, segno sublime di onore alla potente Madre del Rosario di Pompei. Il 21 marzo 2015 sarà poi Papa Francesco a fare visita al Santuario.

 

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