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Avvocato, responsabilità: nessun risarcimento se omette le richieste istruttorie

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Con la pronuncia n. 18064 dello scorso 31 agosto in tema di responsabilità professionale dell'avvocato, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha escluso che un legale fosse tenuto a risarcire il proprio cliente per aver omesso di proporre i mezzi processuali e le richieste istruttorie utili a provare le condotte poste da un dipendente, in quanto era stato accertato che, sebbene le negligenze del legale ci fossero effettivamente state nel corso del giudizio, le stesse erano state ininfluenti sull'esito infausto della lite con il dipendente licenziato.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, un datore di lavoro conferiva mandato ad un legale per resistere ad una controversia promossa da un suo lavoratore avente ad oggetto un licenziamento illegittimo.

Nel corso del giudizio il professionista ometteva di proporre i mezzi processuali e le richieste istruttorie utili a provare le condotte poste in essere dal dipendente.

Il Tribunale, pronunciandosi sul ricorso proposto dal lavoratore, lo accoglieva, dichiarando il licenziamento illegittimo per difetto dei presupposti di legittimità del licenziamento, con condanna del datore di lavoro al pagamento delle spese processuali.

Il datore di lavoro promuoveva contro il legale domanda di risarcimento danni da responsabilità professionale, fondata sulla prospettata dipendenza dell'esito infausto della controversia dalla sua negligenza professionale. 

 Il Tribunale di Firenze rigettava la domanda risarcitoria; la sentenza veniva confermata anche dalla Corte d'Appello di Firenze.

In particolare la Corte territoriale rilevava come, anche se il professionista avesse prodotto gli atti, nondimeno il licenziamento sarebbe stato comunque illegittimo, sicché la relativa declaratoria non era dipesa dalle prospettate carenze dell'attività processuale, ma dal difetto dei presupposti di legittimità del licenziamento, così come affermato univocamente dalla sentenza del giudice del lavoro.

Il datore di lavoro ricorreva in Cassazione denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all'art. 1176 c.c., comma 2 c.c., per l'omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa e concernente la negligenza del legale per non aver proposto i mezzi processuali e le richieste istruttorie utili a provare le condotte poste in essere dal dipendente.

La Cassazione non condivide i rilievi avanzati dal ricorrente.

 Bisogna difatti ricordare come, in base al consolidato orientamento giurisprudenziale, l'affermazione di responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del risultato che la sua attività avrebbe avuto se fosse stata correttamente e diligentemente svolta.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione rileva come la sentenza sia pienamente intelligibile, congruente in fatto e in diritto, in quanto univoca e certa nell'esclusione del nesso causale tra le negligenze e il danno esposto, avendo la Corte di merito accertato che, sebbene le negligenze del legale ci fossero effettivamente state nel corso del giudizio, le stesse erano state ininfluenti sull'esito infausto della lite con il dipendente licenziato.

Il ricorso viene, quindi, rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite e al versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, per il ricorso.

 

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