Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Avvocati. Espressioni oggettivamente infelici nei confronti del giudice e limite della continenza

wooden-figures-of-people-standing-near-the-judge-2022-11-09-06-40-29-utc

Fonti: https://www.codicedeontologico-cnf.it/

Rivolgere frasi infelici nei confronti del giudice costituisce illecito deontologico? In caso affermativo la rilevanza deontologica di queste espressioni può prescindere dall'analisi del contesto in cui le condotte imputate all'avvocato si sono verificate? O piuttosto è possibile che le espressioni oggettivamente infelici possano rientrare nel limite della continenza nell'utilizzo del linguaggio che deve connotare l'agire dell'avvocato sia nella vita privata che nell'esercizio delle sue funzioni? Questo tema è stato affrontato dal Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 280 del 31 dicembre 2022.

Vediamo i punti salienti della vicenda sottoposta al Consiglio.

I fatti del procedimento

Nel caso sottoposto all'attenzione del Consiglio un Magistrato ha presentato un esposto nei confronti dell'avvocato ricorrente in quanto in occasione di un'udienza penale dibattimentale, alla quale l'avvocato è giunto in ritardo, il professionista avrebbe tenuto un comportamento irrispettoso nei confronti del magistrato, pronunciando nei suoi confronti espressioni offensive e comunque sconvenienti. A dire dell'esponente l'avvocato:

  • non si sarebbe scusato per il ritardo,
  • avrebbe definito il magistrato "alquanto sgradevole";
  • si sarebbe avvicinato con fare minaccioso al banco del giudice,
  • avrebbe proferito alla presenza del PM e del cancelliere frasi dal tenore "si si lo faccia presente a sua madre", di carattere provocatorio ed offensivo.

 Per questa condotta il CDD ha sanzionato l'avvocato con il richiamo verbale dal CDD ritenendo sussistente la violazione

  • dell'art.52 cdf a norma del quale: "L'avvocato deve evitare espressioni offensive o sconvenienti negli scritti in giudizio e nell'esercizio dell'attività professionale nei confronti di colleghi, magistrati, controparti o terzi" (comma 1) e "La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono la rilevanza disciplinare della condotta" (comma 2);
  • e dell'art. 53, n. 1 il quale dispone che "I rapporti con i magistrati devono essere improntati alla dignità e al rispetto quali si convengono alle reciproche funzioni".

L'avvocato incolpato ha proposto ricorso avverso la decisione del CDD lamentando il difetto di prova del fatto contestato e dell'uso delle espressioni addebitate ed escludendo la sussistenza di un'offesa all'onore e al prestigio del magistrato.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Nel merito il Consiglio ha rilevato che dall'istruttoria svolta dal CDD non sono state confermate talune circostanze indicate nell'esposto del magistrato. Infatti i testimoni escussi hanno confermato che:

  • l'incolpato è comparso con un ritardo di pochi minuti e a causa di tale ritardo il magistrato ha polemizzato dando luogo ad un battibecco tra con l'incolpato;
  • l'avvocato non si è avvicinato con fare minaccioso al banco del giudice e la sua affermazione di sgradevolezza non è stata riferita alla persona del giudice, ma è stato piuttosto un giudizio rivolto all'anomala situazione creatasi per l'atteggiamento del giudice avvertito come incomprensibile e ingiustificato;
  • le espressioni utilizzate dall'avvocato nei confronti del genitore del giudice non sono state offensive e provocatorie, bensì "benevole" nei confronti del genitore del magistrato intercorrendo tra i due un rapporto di amicizia che ha determinato l'utilizzo dell'espressione "si si lo faccia presente a sua madre", in risposta all'affermazione del magistrato che lo informava della volontà di denunciare l'accaduto nelle sedi opportune.

 Ciononostante l'organo disciplinare ha ritenuto comunque integrata la violazione deontologica contestata (art. 52, comma 2 CDF), ma in considerazione dell'esiguità del ritardo, della provocazione dell'esponente e dei toni accesi di entrambe le parti ha ritenuto che si sia trattato di violazione lieve e scusabile e ha sanzionato con il richiamo verbale del professionista (non avente carattere di sanzione disciplinare).

Di conseguenza la ricostruzione dei fatti tramite l'escussione dei testimoni ha consentito di ridimensionare in modo significativo la narrazione del magistrato, che ha evidentemente interpretato come aggressivo l'agire dell'avvocato solo perché oppositivo e non passivo rispetto alla propria espressione di disappunto per un ritardo di pochi minuti e giustificato da plurimi fattori.

Per questi motivi il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto che l'espressione usata dal ricorrente, sia stata senza ombra di dubbio infelice e caratterizzata da una connotazione spregiativa, ma che tuttavia non supera quel limite di continenza nell'utilizzo del linguaggio che deve connotare l'agire dell'avvocato sia nella vita privata che nell'esercizio delle sue funzioni nell'ambito della giurisdizione.

Conseguentemente il Consiglio Nazionale Forense ha accolto il ricorso. 

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Camminando tra mito e attualità.
Affidamento super - esclusivo al genitore se l’al...

Forse potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca nel sito