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Alfonso, l´avvocato Santo, e il Venerdì di Passione: "Stimano gli uomini un gran negozio il vincere una lite ma cosa che col tempo finisce...".

S. Alfonso fu un celebre avvocato di Napoli, forse il più giovane, avendo conseguito la laurea nel 1713 a 17 anni non ancora compiuti. Dovette aspettare la maggiore età per esercitare la professione forense che gli procurò molte soddisfazioni. Ma nel 1723, per palese ingiustizia, perse una importante causa che lo aveva molto impegnato, quella sul feudo di Amatrice (oggi in provincia di Rieti) conteso dal Duca Orsini e dal Granduca di Toscana. In seguito alla ingiusta sentenza, Alfonso prende la radicale decisione di lasciare il mondo dei tribunali per dedicarsi a migliori cause.
Una delle più importanti opere dell´avvocato Alfonso Maria furono le Meditazioni sulla Passione de.Signore. Qui l´avvocato Alfonso si portò dietro le suggestioni del diritto e le teorie sul negozio giuridico.
Oggi, Venerdì Santo, ne proponiamo un piccolo stralcio:

"Il negozio della nostra eterna salute è il negozio, che importa tutto: importa o la nostra fortuna o la nostra rovina eterna. Egli va a terminare all´eternità, viene a dire a salvarci o a perderci per sempre: ad acquistarci un´eternità di contenti o un´eternità di tormenti: a vivere una vita o sempre felice o sempre infelice. O mio Dio, che ne sarà di me! mi salverò o mi dannerò? Può essere che mi salvi, e può essere che mi perda. E se può essere che mi perda, perché non mi risolvo ad abbracciare una vita, che mi assicuri la vita eterna?
Gesù mio, voi siete morto per salvarmi, ma io tante volte mi son perduto con perdere voi, bene infinito; non permettete ch´io abbia da perdervi più.
Stimano gli uomini un gran negozio il vincere una lite, l´ottenere un posto, l´acquistare un podere. Ma non merita nome di grande ogni cosa, che col tempo finisce. Tutti i beni di questa terra un giorno han da finire per noi: o noi lasceremo essi o essi lasceranno noi. Solo dunque dee chiamarsi grande quel negozio, che importa una felicità o infelicità eterna.
Gesù mio Salvatore, deh non mi discacciate dalla vostra faccia, com´io1 meriterei. Son peccatore, è vero, ma mi dolgo con tutto il cuore di avere offeso voi, bontà infinita. Per lo passato io v´ho disprezzato, ma ora v´amo sopra2 ogni cosa. Per l´avvenire voi avete da essere l´unico mio bene, l´unico mio amore. Abbiate pietà di un peccatore, che torna pentito a´ piedi vostri e vi vuole amare. E se vi ho offeso assai, assai vi voglio amare. Che ne sarebbe di me, se mi aveste fatto morire, quando stava in disgrazia vostra! Giacché, Signore, avete avuta tanta pietà di me, datemi ora forza di farmi santo".

 

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