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Commette peculato d’uso il dipendente della P.A. che presta un lampeggiante blu ad un amico per farne un uso momentaneo

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I giudici della Sesta Sezione Penale delle Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34940 del 23 luglio 2018, hanno stabilito che commette il reato di peculato d'uso nella forma più lieve, prevista dall'art. 314 secondo comma del codice penale, l'autista di un ufficio giudiziario che ha prestato ad un amico il lampeggiante blu dell'auto di servizio per consentirgli un uso temporaneo e poi farselo restituire. I giudici di legittimità hanno ribaltato il giudizio assolutorio che aveva espresso il Gup del Tribunale che aveva mandato assolto l'autista, affermando che il fatto non sussiste. I giudici di legittimità hanno affermato il principio secondo cui nell'ipotesi di peculato d'uso prevista dal secondo comma dell'art. 314 c.p., al di la dell'esiguo valore economico oggetto del peculato, è l'uso distorto che si è fatto della cosa che occorre focalizzare. Tale uso distorto infatti un "vulnus" al principio del buon andamento della P.A.

 I Fatti

Un dipendente con la qualifica di autista, addetto alle auto in dotazione dell'ufficio giudiziario ove prestava servizio, veniva sottoposto a procedimento penale per il reato di peculato d'uso in quanto,aveva consegnato ad altra persona estranea alla P.A. il lampeggiante blu di un'auto per farne un uso temporaneo che veniva restituito immediatamente.

Il Giudice dell'Udienza Preliminare, all'esito del giudizio abbreviato, aveva ritenuto corretto esprimere un giudizio assolutorio perché il fatto non sussiste.

Il Gup riteneva che, in forza della sentenza delle Sezioni Unite n. 19054 del 2012, non fosse configurabile il peculato d'uso, non essendo stato apportato alcun danno di tipo economico alla p.a. e alcuna lesione concreta alla funzionalità dell'ufficio.

Avverso la sentenza emessa dal Gup del Tribunale il Procuratore proponeva ricorso per cassazione in considerazione che la sentenza impugnata si presentava inficiata dal vizio di violazione di legge, in ordine alla ritenuta insussistenza del fatto.

Il ricorrente, con il ricorso propostosostanzialmente avanzava ai giudici di legittimità una richiesta di valutazione dell'esegesi del reato di peculato d'uso, nel particolare caso in cui l'uso del bene pubblico non si esaurisca nel rapporto diretto con l'agente pubblico, ma coinvolga, come nella specie, terze personeestranee che concorrano nella condotta appropriativa temporanea.

In queste ipotesi infatti secondo il Procuratore ricorrente si concretizzerebbe una lesione del principio del buon andamento e all'imparzialità della P.A., in quanto il pubblico agente favorirebbe la realizzazione di interessi di terzi estranei nell'utilizzazione di un bene pubblico.

 Motivazione

I giudici della Sesta Sezione hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dal Procuratore

Gli ermellini dopo aver richiamato la sentenza delle Sezioni Unite che hanno da tempo fissato le linee ermeneutiche per stabilire quando il peculato d'uso raggiunga la soglia della rilevanza penale (Sez. U, n. 19054 del 20/12/2012, dep. 2013, Vattani, Rv. 255296), hanno poi affermato

che nel caso di specie, la condotta posta in essere dall'autista ha prodotto un apprezzabile lesione ai beni tutelati dall'art. 314 c.p., che vanno identificati nel buon andamento dell'attività della pubblica amministrazione (sotto i profili della legalità, efficienza, probità e imparzialità, in tal senso, cfr. Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244190) e nel patrimonio della stessa o di terzi.

Secondo i giudici di legittimità poiché l'ipotesi di reato in esame ha natura di plurioffensività di conseguenza, va affermato che la mancanza di danno patrimoniale non esclude la sussistenza del reato, quando c'è stata, come nel caso di specie la lesione di altro interesse ( buon andamento della P.A.) protetto.

Per tali motivi, con la decisione in commento, è stato pronunciato l'annullamento della sentenza impugnata, affinchè sia celebrato un nuovo giudizio avanti all' ufficio del Gup del Tribunale competente che dovrà attenersi ai principi sopra enunciati.

Si allega sentenza

 

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