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Leonardo Sciascia era nato a Racalmuto, in provincia di Agrigento, l'8 gennaio 1921 e scomparso il 20 novembre 1989 a Palermo, per un tumore.
Un paese, Racalmuto, di salinari che a metà anni cinquanta, scriverà dopo Sciascia, percepivano un salario, dopo 16 ore di lavoro, intorno ai 500-600 lire.
Avendo io vissuto dal 1964 in poi in Canton Ticino (Svizzera), ci piace ricordare anche l'importanza di questo Cantone di lingua italiana, nel futuro letterario dello scrittore Leonardo Sciascia, all'apparizione sulla scena letteraria di questo grande scrittore siciliano. E non solo.
Nel 1957, infatti, il prestigioso premio "Libera Stampa" era stato assegnato ad uno scrittore, allora sconosciuto, per una sua opera prima, il cui nome corrispondeva proprio a Leonardo Sciascia. Ricordiamo che il libro, "Le parrocchie di Regalpetra" pubblicato nel 1956 da Laterza ebbe in Adriano Soldini, raffinatissimo lettore e componente della Giuria, deciso sostenitore dell'assegnazione del primo premio.
Più tardi Sciascia così ricorderà quell'esperienza: "Probabilmente se la giuria di Libera Stampa non mi avesse premiato, avrei liquidato anch'io la mia esperienza, appena cominciata, di narratore" (1).
Per non parlare delle brillanti conferenze che Sciascia tenne in Ticino, delle sue provocazioni, dei risultati delle sue ricerche.
Anche se con molte difficoltà, e qualche polemica, quest'anno, non sono mancati i Convegni per ricordare uno degli scrittori che, si dica tutto ciò che si vuole, ma del libro conosceva tutto. E ce lo ricorda Claude Ambrosie "…comunque, si considerano alla rinfusa i diversi volumi di Sciascia, constatiamo che si trattò sempre di libri, di prammatica stringati, in ognuno dei quali appariva preponderante l'ordine, anzi l'ordinamento: delle sequenze, dei ragionamenti, delle osservazioni, dei dati reperiti. Poteva essere un ordine di sottile retorica compositiva, l'ordine di come erano accadute le cose, l'ordine storico, l'ordine alfabetico… Sapere cosa sia un libro e come lo si fa, non solo nella libera creazione dell'artista, era senz'altro uno degli attributi di Sciascia, capace, in quel modo, di essere un vero organizzatore della cultura… (2).
Nel 2003 Salvatore Silvano Nigro pubblica per la Casa editrice Sellerio di Palermo "Leonardo Sciascia scrittore editore ovvero La felicità di far libri". Si tratta di tutti i risvolti di copertina della collana "La Memoria" che la Sellerio aveva affidato a Sciascia, fin dal primo numero, la scelta dei testi da pubblicare. I risvolti illuminanti venivano redatti dallo stesso Sciascia. Dal primo numero "Dalla parte degli infedeli" (1979) fino all'ultimo: Alessandra Lavagnino, "I Daneu. Una famiglia di antiquari", n.566.Una prova, certamente non l'unica, dell'amore di Sciascia per il libro.
Ma Sciascia, pur essendo una grandissimo scrittore, non era solo questo.
Era una grandissimo polemista che credeva moltissimo nel ruolo, e nel diritto, dell'intellettuale nella ricerca della "verità", soprattutto tenendo conto che questa è sempre "rivoluzionaria". E descrivendo: la "realtà". Anche, se non soprattutto, quelle scomode, che finivano per produrre polemiche a non finire.
Indimenticabile l'articolo apparso sulle colonne del Corriere della sera" il 10 gennaio 1978 sui "Professionisti dell'antimafia". Al giudice Paolo Borsellino era stata assegnata la Procura di Marsala al posto del suo collega, dott. Alcamo, che ne aveva diritto per anzianità. Il bersaglio dell'articolo non era tanto il giudice Borsellino, quanto il sacrosanto principio del Diritto. Dopo, prima che Sciascia morisse c'è stato un incontro tra i due che è servito ad un "chiarimento".
Polemica accesissima anche con Nando Della Chiesa, dopo l'omicidio del padre a Palermo. Sciascia aveva sostenuto, quanto meno, la leggerezza del Generale di andare a cena con la moglie senza una scorta adeguata.
Tra le sue attività sicuramente l'impegno nel giornalismo, anche in quello militante, gli permetteva di esplorare ambienti e personaggi in una sorta di "giornalismo di indagine".
La sua collaborazione al quotidiano "L'Ora" di Palermo è emblematica e i suoi giudizi di allora hanno il sapore di una drammatica realtà che si procrastina nel tempo.
Nel mese di aprile del 1960, quando in Italia si combatteva nelle strade delle città per opporsi al famigerato governo neo fascista di Tambroni, sostenuto dai fascisti di Giorgio Almirante, e gli operai cadevano sottoil piombo della polizia di Stato, al Sud come al Nord, a Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, dove "la miseria è fitta come la nebbia", scriverà Carlo Levi,Danilo Dolci organizza un Convegno , "Condizioni di vita e di salute in zone arretrate della Sicilia occidentale", al quale sono invitati lo scrittore Carlo Levi che, dopo il suo "Cristo si è fermato a Eboli", era sceso in Sicilia ad interessarsi di altri "poveri cristi" e Leonardo Sciascia.
Sciascia non aveva grande simpatia per Dolci e, così come ci ricorda Salvatore Ferlita: "Certo la coppia Sciascia-Dolci sembra il risultato di un cortocircuito ideologico se si tengono in considerazione la parola che l'autore di "Todo Modo" nel 1955 scrisse al critico Valerio Volpini: 'Recensirò Dolci. Uomini come lui mi irritano: ma in senso ambivalente. La mia natura e formazione più 'libertina' che mistica, ripugna a simili 'biografie'; e d'altra parte riconosco che stiamo dalla stessa parte della barricata e loro, comunque hanno più coraggio di me". Superata, quindi, una certa naturale refrattarietà alla vita e all'opera di Dolci, Sciascia decide di prendere parte ai lavori del Convegno. (3).
Sciascia era presente sia come relatore che sia come inviato del quotidiano "L'Ora".
Rileggere oggi quella relazione, quelle parole, alla luce della perdita di ogni e qualsiasi dignità della "parola", che è svuotata da ogni e qualsiasi significato, dopo oltre trent'anni di imbarbarimento dovuto al martellamento delle televisioni commerciali, rileggere quelle parole, dicevamo danno un senso di speranza.
"Ora la realtà, la realtà umana, sociale, quando è diversa dalla ufficialità, quando non riesce o non può riuscire a esprimere se stessa nella ufficialità, quando resta al di fuori delle assemblee legislative, al di fuori dello Stato, è di per sé opposizione". (4)
Ci rendiamo conto che parlare, o scrivere di Leonardo Sciascia, non ci si può affidare alla recensione di un'opera.
La Casa editrice Bompiani, nella collana "I Classici" ha pubblicato l'intera opera in tre corposi volumi a prezzi modici. Ne vale la pena l'acquisto e la lettura.
1.Claude Ambrosie, Leonardo Sciascia, opere 1956-1971, Classici Bompiani, pag. LV;
2.Claude Ambrosie, Opera citata pag.VII;
3.Salvatore Ferlita, "Palma 1960 SOS di Dolci sul degrado" in "la Repubblica, PA" del 23.0tt0bre 2005.
4.Leonardo Sciascia, "Sciascia e il Gattopardo" in "la Repubblica, PA" del 23.0tt0bre 2005.
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Rosario Antonio Rizzo
Dopo il conseguimento del diploma di insegnante di scuola elementare all’Istituto magistrale “Giuseppe Mazzini” di Vittoria, 1962, si reca in Svizzera, dove insegna, dal 1964 al 1975, in una scuola elementare del Canton Ticino.
Dal 1975 al 1999 insegna in una scuola media, sempre nel Canton Ticino e, in corso di insegnamento dal 1975 al 1977 presso l’Università di Pavia, acquisisce un titolo svizzero, “Maestro di scuola maggiore” per l’insegnamento alla scuola media. Vive tra Niscemi e il Canton Ticino. Ha collaborato a: “Libera Stampa”, quotidiano del Partito socialista ticinese; “Verifiche” bimensile ticinese di scuola cultura e società”; “Avvenire dei lavoratori”; “Storia della Svizzera per l’emigrazione”“Edilizia svizzera”. In Italia: “Critica sociale”; “Avanti”; Annali” del Centro Studi Feliciano Rossitto; “Pagine del Sud”; “Colapesce”; “Archivio Nisseno”.