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Spostamento di scarichi e di sanitari del bagno di un appartamento all’interno di un condominio e violazione delle distanze legali

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Riferimenti normativi: Art.889 cod.civ.

Focus: A quali conseguenze va incontro il proprietario di un appartamento, sito in un complesso condominiale, se per ristrutturarlo sposta gli scarichi e i sanitari del bagno senza rispettare le distanze legali rispetto al vicino? La questione è stata affrontata dal Tribunale di Prato con sentenza n.253 del 23 marzo 2024.

Principi generali: Le distanze legali sono disciplinate dall'art. 889 c.c., intitolato "Distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi" il quale stabilisce, al secondo comma, che "Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine".

Il caso: La proprietaria di un appartamento ha citato in giudizio i vicini dinanzi al Tribunale esponendo che, in seguito all'intervento di ristrutturazione edilizia, costoro avevano demolito, al primo piano dell'immobile di loro proprietà, un bagno esistente per realizzarne uno nuovo spostando gli scarichi e i sanitari del servizio igienico. Di conseguenza, tali impianti erano stati collocati sulla parete di confine con la proprietà della parte attrice per cui il bagno, che inizialmente confinava con il vano cucina del suo appartamento, adesso si trovava adiacente al soggiorno. Al secondo piano, altresì, i convenuti avevano cambiato la destinazione d'uso del locale soffitta in mansarda realizzando un ulteriore nuovo bagno, con conseguente collocazione delle tubazioni, sia dell'impianto idrico-sanitario che dell'impianto di riscaldamento, in aderenza alla parete di confine con la proprietà della parte attrice. 

Durante l'esecuzione dei lavori erano stati provocati danni all'immobile di parte attrice, in particolare, alla parete del soggiorno a confine con la proprietà dei convenuti, e il continuo rumore degli scarichi dei bagni aveva peggiorato le sue condizioni di vita. L'attrice, perciò, ha chiesto al giudice di accertare che le opere dei vicini erano state realizzate in violazione dell'art.889 c.c. perché le tubature erano state posizionate a distanza inferiore a quella prevista dalla legge, costituendo così nuove servitù non autorizzate e, pertanto, ha chiesto la condanna dei convenuti al ripristino delle distanze legali dal confine ed al risarcimento dei danni, anche non patrimoniali, subiti. I convenuti, costituitosi in giudizio, hanno precisato, invece, che tali opere erano state eseguite nel rispetto della normativa sulle distanze legali e che gli scarichi e i sanitari del servizio igienico non erano stati spostati sulla parete di confine, ma erano state adattate le calate per gli scarichi della colonna condominiale, già presenti sulla medesima parete, in quanto destinati, secondo il progetto originario, a servizio del medesimo bagno. Hanno sostenuto, inoltre, che nell'esecuzione delle opere avevano inserito, nella muratura di confine, materiale fonoassorbente e schiuma al fine di insonorizzare le tubazioni e relativamente agli interventi posti in essere al secondo piano hanno evidenziato che non erano stati ancora installati gli accessori per il funzionamento del secondo bagno, ma solo predisposti gli attacchi. In ogni caso ritenevano che l'esistenza di un secondo bagno in un'abitazione di taglio medio era essenziale e giustificava la disapplicazione, nell'edificio condominiale, delle distanze di cui all'art. 889 c.c., e che le immissioni di rumore non potevano ritenersi intollerabili. 

Il Tribunale ha osservato come l'art. 889 c.c. nel prescrivere che chi vuole installare tubi conduttori d'acqua deve rispettare la distanza di almeno 1 metro dal confine fa riferimento anche a tubazioni simili e loro diramazioni. L'uso del termine "simile" fa ritenere che l'elencazione contenuta nella norma sia esemplificativa e riguarda tutte le condutture aventi un flusso costante di sostanze liquide o gassose. Infatti, il legislatore ha tenuto conto della loro potenziale attitudine ad arrecare danno alla proprietà contigua presumendo la pericolosità per quelle collocate ad una distanza inferiore. Al riguardo ha precisato che non ha alcuna rilevanza la presenza o meno di un muro divisorio sul confine in quanto deve essere rispettata la distanza prescritta anche quando sul confine vi è un muro di proprietà esclusiva di chi appone le tubazioni. Ha poi specificato che la disciplina sulle distanze, di cui all'art. 889 c.c., non si applica in caso di opere eseguite in epoca anteriore alla costituzione del condominio atteso che in tal caso l'intero edificio formando oggetto di un'unico diritto dominicale può essere nel suo assetto liberamente precostituito o modificato dal proprietario anche in vista delle future vendite dei singoli piani o porzioni di piano. Nel caso di specie, la violazione delle distanze legali è conseguente allo spostamento di una servitù preesistente. A seguito di tale operazione gli attacchi del water, nonché la cassetta di risciacquo del servizio igienico, sono risultati, effettivamente, collocati a distanza inferiore a quella prescritta dalla legge rispetto all'appartamento dell'attore. Il Tribunale, quindi, ha dato torto ai convenuti riconoscendo a favore dell'attore un risarcimento patrimoniale atteso che in tema di distanze legali vale il principio per cui "la violazione delle prescrizioni di legge determina un danno in re ipsa e non incombe sul danneggiato l'onere di provare la sussistenza e l'entità concreta del pregiudizio patrimoniale subito al diritto di proprietà, dovendosi, di norma, presumere, sia pure iuris tantum, tale pregiudizio, fatta salva la possibilità per il preteso danneggiante di dimostrare che, per la peculiarità dei luoghi o dei modi della lesione, il danno debba invece essere escluso" (Sez. 6 – 2 Ordinanza n. 25082/2020). Invece, in difetto della prova da parte dell'attore dell'intensità del pregiudizio subito a causa della continuità del rumore degli scarichi, non è stata accolta la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale. 

 

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