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Rifiuto lavoratore di trasferirsi ad altra unità produttiva: equiparabile a dimissioni ?

Su questo nodo cruciale si è interrogata, ed espressa con sentenza n. 6265 del 2016, la Corte di Cassazione, che ha affrontato il caso di un lavoratore raggiunto da un ordine di servizio in forza del quale se ne disponeva il trasferimento presso altra unità operativa.
Tale ordine, basato su un effettivo trasferimento dell´unità operativa, veniva contestato dal lavoratore ed a seguito del rifiuto dello stesso di prendere servizio presso la nuova unità sita in Roma, la parte datoriale deduceva la volontà di dimettersi, con conseguente cessazione del rapporto.
Il lavoratore allora impugnava il provvedimento espulsivo dinnanzi al Tribunale competente, ritenendo tale provvedimento del tutto illegittimo, in quanto comminato oralmente.
Resisteva in giudizio la ditta datrice che eccepiva le dimissioni del dipendente.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso per impugnativa di licenziamento, qualificando tuttavia il provvedimento espulsivo quale licenziamento per giustificato motivo ma ritenendolo nondimeno illegittimo.
Sul gravame proposto dalla resistente, datrice di lavoro, la Corte d´Appello competente, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riteneva si fosse innanzi ad un licenziamento irrogato oralmente, in considerazione del fatto che la nota del 16.11.2007 della ditta datrice era indicativa della volontà della stessa di non avvalersi più delle prestazioni lavorative del dipendente, non seguendo comunque alla stessa alcuna formale intimazione di licenziamento.
Il giudice d´appello, per questa ragione, accertava e dichiarava il diritto del lavoratore alla prosecuzione del rapporto di lavoro.
La società datrice ricorreva quindi in Cassazione, continuando a sostenere le proprie ragioni, non avendo in effetti il Giudice di merito effettuato, in ordine al "quomodo" della risoluzione del rapporto di lavoro, una indagine che tenesse adeguato conto del complesso delle risultanza istruttorie.
Il lavoratore dal canto suo proponeva ricorso incidentale.
Occorre, a questo punto, ribadire che la sentenza oggetto del ricorso aveva effettivamente espunto dall´indagine la questione delle legittimità del trasferimento del lavoratore e si era attenuta ad una semplice valutazione della nota con la quale la società aveva comunicato di prendere atto della volontà del lavoratore di dimettersi.
Da qui è conseguita, nel dictum della Suprema Corte, la sussistenza del vizio denunciato, sotto il profilo della falsa applicazione delle norme del diritto, avendo la Corte d´Appello ricondotto la fattispecie concreta nell´area del licenziamento senza che gli elementi acquisiti, e non compiutamente valutati, le consentissero di pervenire alla conclusione cui effettivamente è giunta.
Per quanto detto la Corte riuniti i ricorsi ha cassato la sentenza rinviando alla corte d´appello competente in diversa composizione.






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