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Revisione della disciplina degli appalti: audizioni al Senato e alla Camera del Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (con link)

Il Presidente dell’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) è stato ascoltato il 18 febbraio 2015 dalla Commissione Lavori pubblici del Senato nell’ambito delle audizioni informali promosse dalla stessa Commissione per approfondire le problematiche emerse nell’esame del disegno di legge del Governo di attuazione di alcune direttive comunitarie in materia di appalti (Atto Senato 1678). Successivamente è stato ascoltato anche dalla Commissione Ambiente della Camera (seduta del 15 luglio 2015). Qui di seguito sono sintetizzati gli aspetti principali degli interventi del dott. Cantone.

Audizione al Senato. Nella prima audizione viene espresso innanzitutto apprezzamento per la scelta di procedere ad una riscrittura integrale del codice degli appalti, che nella sua formulazione attuale non si è rivelato idoneo a contrastare fenomeni di corruzione né a garantire procedure di gara snelle e trasparenti, favorendo nella pratica il frequente ricorso alle deroghe soprattutto nella realizzazione delle grandi opere pubbliche; in questo senso assumono valore anche il “divieto di introdurre o mantenere livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie” e l’indicazione di “evitare il ricorso a sistemi derogatori rispetto alla disciplina ordinaria” (vedi i criteri direttivi di cui all’art. 1, lett. a) e d).

Al fine di non ampliare eccessivamente la discrezionalità delle stazioni appaltanti, le regole di carattere generale stabilite per legge dovrebbero però essere accompagnate da una serie di atti (linee guida, direttive, bandi–tipo etc), non derogabili di norma, volti a garantire una corretta interpretazione della legge, da affidare espressamente proprio all’Autorità anticorruzione.

Tale potere si aggiungerebbe a quello già previso dal ddl con riferimento all’attività di vigilanza, all’interno della quale dovrebbe essere riconosciuto anche la possibilità di effettuare “raccomandazioni”, sia nella fase della gara che dell’esecuzione dell’appalto, in analogia con quanto previsto dal decreto legge n. 90 del 2014, anche nella forma di richiesta di riesame di singoli atti: si tratta del c.d. controllo collaborativo. E in tale quadro dovrebbe essere prevista anche la possibilità, in caso di urgenza, di adottare misure cautelari sulle procedure di gara e sugli atti contrattuali e di ricorrere in giudizio, al fine di evitare danni irreparabili.

All’Autorità potrebbe essere affidata anche la tenuta di un apposito Albo, all’interno del quale scegliere di volta in volta i commissari delle gare di appalto.

In materia di controversie, si prospetta la possibilità di attribuire all’Autorità la competenza a pronunciarsi, su richiesta delle parti, sul contenzioso in atto, salvo ricorso successivo al Consiglio di Stato.

L’Autorità propone l’estensione della c.d. cd polizza globale di esecuzione, già prevista per gli appalti di maggior valore, anche agli appalti di medio valore: si tratta di una misura che può determinare una riduzione delle variazioni progettuali in corso d’opera e del fenomeno delle opere incompiute.

Viene sottolineata anche l’importanza della professionalizzazione delle stazioni appaltanti, con un sistema di certificazione della loro effettiva capacità organizzativa che abiliti ciascun ente solo ad una determinata categoria di contratti.

Da approfondire il tema della qualificazione delle imprese che effettuano lavori pubblici (art. 1, lett. g), oggi attribuita alle SOA (Società organismo di attestazione) che dovrebbe essere perfezionato, ad esempio attribuendo all’Anac più penetranti poteri di controllo e di sanzione per le aziende che commettono gravi irregolarità nella attestazione dei requisiti. Positiva appare la previsione di misure di premialità nei confronti delle aziende che si siano comportate secondo standard elevati di correttezza, di rispetto delle regole e con comprovate capacità imprenditoriali. A tal fine sarebbe opportuna anche una rivisitazione della disciplina relativa al rating di legalità attribuito all’Autorità antitrust.

Viene infine prospettata l’esigenza di una disciplina sui gruppi di portatori di interessi particolari, attraverso l’istituzione di un apposito Registro degli interessi e dei contratti dei decisori pubblici.

Audizione alla Camera. Nella seconda audizione il dott. Cantone ha ribadito il giudizio positivo sull’impianto della riforma, condividendo anche le modifiche introdotte al Senato, che hanno recepito molte delle indicazioni dell’Anac: è stata salvaguardata l’impostazione originaria di un Codice snello, con un rafforzamento del doppio livello di regolazione (quello relativo ai bandi di gara, alle linee guida etc). Apprezzato in particolare il divieto tendenziale alle deroghe ed il potenziamento del ruolo dell’Autorità (ad es. sulla qualificazione delle stazioni appaltanti o sulla possibilità di tenere un Albo delle commissioni di gara), che d’altronde nell’ultimo anno ha sperimentato concretamente nuove forme di vigilanza collaborativa. Il Presidente dell’Anac si è soffermato su alcuni aspetti specifici meritevoli di ulteriore approfondimento.

Il primo tema – emerso nell’esperienza concreta – riguarda il general contractor, per il quale andrebbe previsto il divieto assoluto di ogni forma di variante (ovvero di consentirla solo per casi particolari, come potrebbe esse un obbligo previsto da una legge successiva all’appalto), allo scopo di mantenere la finalità di tale istituto, che è quella della realizzazione del lavoro “chiavi in mano”. Un secondo aspetto riguarda i costi derivanti dal meccanismo di istituzione delle commissioni di gara, che perciò potrebbe essere applicato in modo più flessibile, escludendo ad esempio gli appalti di minor valore.

Per quanto riguarda il contenzioso, l’Anac è favorevole alla previsione obbligatoria degli arbitrati amministrati, sui quali – a differenza di quelli liberi, nei quali l’arbitro è scelto dalle parti – è possibile un controllo efficace, qualificando espressamente gli arbitri come pubblici ufficiali. Viene inoltre ribadita – sempre sulla base dell’esperienza concreta maturata in sede di attuazione – la piena validità dello strumento del commissariamento delle imprese, previsto dall’articolo 32 del “provvedimento Madia”, conseguente a fatti corruttivi o a interdittive antimafia.

Appare infine opportuno citare espressamente la “legge obiettivo” tra quelle abrogate a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti.

Fonte: Ap

 

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