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Il 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, alle ore 10.15 scoppia una bomba a tempo di 23 chilogrammi di esplosivo, che si trovava all'interno di una valigia, abbandonata nella sala d'aspetto di seconda classe.
Una micidiale deflagrazione che uccide 85 persone e ne ferisce 200.
Ci vorranno 37 autobus per trasportare i feriti nei vari ospedali.
E quindici anni per arrivare ad una sentenza definitiva nei confronti dei tre condannati, come esecutori materiali di una delle più feroci carneficine che la nostra Storia repubblica annoveri.
Una "strage pubblica" che aveva scosso l'intero Paese.
Giuseppe Valerio Fioravanti, classe 1968, condannato all'ergastolo. Ma ne figureranno, nella sua fedina penale, altri sette.
La sua compagna, Francesca Mambro,1959, condannata all'ergastolo. Ma ne accumulerà altri 8.
Sia Fioravanti, sia Mambro si sono sempre dichiarati innocenti, anche se si sono assunti la responsabilità di diversi omicidi.
Luigi Ciavardini, 1962, condannato a 30 anni. All'epoca della strage era minorenne.
Tutti e tre appartenevanoai Gruppi Armati Rivoluzionari (NAR)un'organizzazione neofascista.
Così come i processi di tutte le stragi di organizzazioni di estrema destra o di sinistra "rivoluzionaria", anche questo conobbe un iter lungo e tortuoso prima che si arrivasse ad una sentenza definitiva. E con dei condannati.
Non fu facile per i giudici che si occuparono delle indagini, dei dibattimenti e delle sentenze arrivare ai responsabili.
E c'è voluta lacaparbietà dell' "Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980", costituitasi il primo giugno 1981per arrivare, quando meno, alla condanna degli autori di questo crimine.
Come da irresponsabile copione si attivarono le forze dei servizi segreti deviati per operare ogni forma di depistaggio.
Infatti, con i tre esecutori furono condannati anche l'ex capo della loggia massonica "P2" Licio Gelli, l'ex agente del "Servizio segreto militare" (Sismi) Francesco Pazienza e i due alti ufficiali Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, rispettivamente generale e colonnello del Sismi).
Il primo processo comincia nel 1987. Dopo si celebra l'appello, nel 1990, che ammutolisce l'intero Paese.
Infatti quella sentenza annulla tutte le condanne del processo di primo grado liberando tutti gli indagati.
Bisogna aspettare il 23 novembre 1995 affinché si arrivi ad una sentenza definitiva della Corte di Cassazione.
Ci furono altri indagati che, tra un processo e l'altro. usciranno di scena.
Rimaneva l'individuazione dei mandanti. Un'operazione, visti i precedentidella nostra storia recente, che sembrava una chimera.
Invece, contrariamente al passato, ora arriva la notizia, messa in ben evidenza da Benedetta Tobagi, figlia di Walter, giornalista ucciso dalle "Brigate rosse" il 28 maggio 1980, che proprio nel quarantesimo della strage di Bologna potremmo essere messi a conoscenza anche dei mandanti di quell'infame tragedia per mano fascista.
Scrive, dalle pagine del quotidiano "la Repubblica" del 16 febbraio: "Seguendo il denaro di Gelli, un tribunale sarà presto chiamato a pronunciarsi sul ruolo della "P2" nella regìa della strage di Bologna. Oltre che nell'inquinamento delle inchieste. Per capire l'importanza di questo nuovo processo dobbiamo ripercorrere l'intera vicenda giudiziaria precedente, una tra le più complesse della storia italiana. I depistaggi orchestrati dal Venerabile crearono infatti una confusione di false piste, mescolando ad arte vero, falso e verosimile, per 'rendere indecifrabile il quadro istruttorio', come scrissero i primi inquirenti, disorientando l'opinione pubblica. Un polverone alimentato da campagne di disinformazione a mezzo stampa che viene periodicamente sollevato dal variegato e agguerrito fronte che contesta le condanne di Mambro e Fioravanti". Il "Venerabile", altro non è che Licio Gelli che, tra gli Anni Settanta e Ottanta ere riuscito ad irretire politici, o aspiranti tali, magistrati, alti graduati delle varie branche delle Forze armate, capitani d'industria, giornalisti… nella sua loggia massonica. Appunto la "P2".
Sembra un'ironia del destino legata a questo pericolosissimo faccendiere, che era riuscito perfino a evadere da un carcere svizzero corrompendo una guardia penitenziaria.
Nel mese di maggio 1981, mentre i magistrati che stavano indagando sull'affare Sindona, altro sodale di Gelli, trovano nella villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi l'elenco di 935 massoni iscritti alla P2.
Forse si potrà cominciare ad avere le idee chiare su tutto ciò che è successo in Italia in quegli anni. Con riverberi interessanti sul nostro presente.
Aspettiamo!
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Rosario Antonio Rizzo
Dopo il conseguimento del diploma di insegnante di scuola elementare all’Istituto magistrale “Giuseppe Mazzini” di Vittoria, 1962, si reca in Svizzera, dove insegna, dal 1964 al 1975, in una scuola elementare del Canton Ticino.
Dal 1975 al 1999 insegna in una scuola media, sempre nel Canton Ticino e, in corso di insegnamento dal 1975 al 1977 presso l’Università di Pavia, acquisisce un titolo svizzero, “Maestro di scuola maggiore” per l’insegnamento alla scuola media. Vive tra Niscemi e il Canton Ticino. Ha collaborato a: “Libera Stampa”, quotidiano del Partito socialista ticinese; “Verifiche” bimensile ticinese di scuola cultura e società”; “Avvenire dei lavoratori”; “Storia della Svizzera per l’emigrazione”“Edilizia svizzera”. In Italia: “Critica sociale”; “Avanti”; Annali” del Centro Studi Feliciano Rossitto; “Pagine del Sud”; “Colapesce”; “Archivio Nisseno”.