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Processo civile: la rivalutazione dei crediti di lavoro, dei crediti del locatore e dell'avvocato

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Inquadramento normativo: Art. 429, comma 3, c.p.c.

La rivalutazione monetaria dei crediti di lavoro e la cumulabilità con gli interessi nella misura legale: «Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto». In buona sostanza per i crediti di lavoro è prevista la cumulabilità degli interessi e della rivalutazione monetaria. Detta cumulabilità trova applicazione:

  • ai crediti di lavoro dei dipendenti pubblici. Per questi è previsto il pagamento delle somme relative agli interessi e alla rivalutazione monetaria mediante applicazione degli indici ISTAT (T.A.R. Sicilia Catania, n. 1391/2019);
  • all'ipotesi di inadempimento dei crediti previdenziali e retributivi dei lavoratori subordinati privati (Corte Cost., sentenza n. 459/2000, richiamata da Cass. civ. Sez. lavoro, n. 13624/2020),
  • all'ipotesi di crediti di lavoro dei dipendenti privati di enti pubblici non economici (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 13624/2020);
  • ai rapporti di lavoro di natura privatistica alle dipendenze di Ministeri (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 13624/2020).  

Per queste ultime due categorie di rapporti di lavoro la cumulabilità in questione è esclusa solo se ricorrono le ragioni di contenimento della spesa pubblica (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 13624/2020).

Reciproche ragioni di credito tra due soggetti e rivalutazione monetaria: «Nel caso in cui tra due soggetti insorgano in tempi diversi reciproche ragioni di credito, una delle quali soggetta a rivalutazione automatica, in quanto credito di lavoro [...] ed in relazione a quest'ultimo si verifichino fatti parzialmente estintivi, occorre stabilire quale sia l'entità del credito, comprensiva di rivalutazione e interessi maturati fino all'estinzione parziale e calcolare sul residuo l'ulteriore rivalutazione e i successivi interessi sino al momento in cui, divenuto liquido ed esigibile anche il credito contrapposto, opera il fatto estintivo della compensazione, dopo la quale la rivalutazione e gli interessi vanno calcolati sul residuo credito prioritariamente insorto, se un residuo sussista, oppure vanno computati i soli interessi sulla contrapposta ragione di credito rimasta in vita dopo la parziale compensazione» (Cass. lav. n. 5874/1987, richiamata da Cass. civ. Sez. lavoro, n. 13416/2019).

La rivalutazione monetaria della somma oggetto della condanna diversa dai crediti di lavoro: Nel caso di spese condominiali di competenza del conduttore, rimaste impagate da parte di quest'ultimo, ove il locatore provveda a eseguirne il relativo pagamento, potrà agire in giudizio e ottenere la condanna del conduttore alla restituzione di quanto corrisposto in luogo di quest'ultimo, In tali casi, il credito del locatore si configurerà come un debito di valuta. Con l'ovvia conseguenza che esso: 

  • «non si trasformerà «in credito di valore per effetto dell'inadempimento del conduttore» (Cass., n. 20547/2019, richiamata da Tribunale Pavia, sentenza 23 aprile 2020);
  • resterà «soggetto al principio nominalistico, la cui rivalutazione monetaria non potrà essere automaticamente riconosciuta, dovendo essere adeguatamente dimostrato il pregiudizio patrimoniale risentito a causa del ritardato pagamento del credito» (Cass., n. 20547/2019, richiamata da Tribunale Pavia, sentenza 23 aprile 2020).

Credito dell'avvocato e rivalutazione monetaria: Anche il credito dell'avvocato per il pagamento dei compensi professionali costituisce un credito di valuta e non si trasforma in credito "di valore" per effetto dell'inadempimento del cliente. «La rivalutazione monetaria del credito dell'avvocato non può, perciò, essere automaticamente riconosciuta, dovendo essere adeguatamente dimostrato il pregiudizio patrimoniale risentito a causa del ritardato pagamento del credito [...]. Dalla mora conseguente all'inadempimento del cliente discende, quindi, la corresponsione degli interessi nella misura legale, indipendentemente da ogni prova del pregiudizio subito, salvo che l'avvocato creditore dimostri il maggior danno ai sensi dell'art. 1224 c.c., comma 2, il quale, può, peraltro, ritenersi esistente in via presuntiva, sempre che il medesimo creditore alleghi che, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali» (Cass., nn. 1266/1999; 2823/2002; 11031/2003; 11594/2004; 20131/2014; Cass. Sez. U, n. 19499/2008, richiamate da Cass. civ., n. 20547/2019). 

 

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