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Le guerre al di là di ogni retorica Dal Coronavirus alla guerra v era

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Non passa giorno in cui non ci arrivino segnali di "guerre". Come se non ci bastassero segnali di una serie di problemi di una realtà complicata, dovuta ad un virus, di cui non si sa quasi nulla.

E negli scorsi giorni, ci ha pensato Guido Dotti, monaco della comunità di Bose a farci capire le differenze tra la guerra di oggi in tutti i Paesi del Mondo, del mondo, e quelle di ieri.
"Questa non è una guerra, noi non siamo in guerra … La guerra necessita di nemici, frontiere e trincee, di armi e munizioni, di spie, inganni e menzogne, di spietatezza e denaro. La cura invece si nutre d'altro: prossimità, solidarietà, compassione, umiltà, dignità, delicatezza, tatto, ascolto, autenticità, pazienza, perseveranza. Per questo tutti noi possiamo essere artefici essenziali di questo aver cura dell'altro, del pianeta e di noi stessi con loro. Per questo la consapevolezza di essere in cura – e non in guerra – è una condizione fondamentale anche per il 'dopo! ".

Così sono andato a rinfrescarmi la memoria con alcuni film e qualche libro. Tanto non è il tempo che ci manca.

Quelli della mia generazione, che hanno completato gli studi prima del 1963, non hanno avuto modo di studiare, sui libri di testo, gli avvenimenti legati alla Prima Guerra Mondiale: "La grande Guerra", per intenderci. Poi, per i giovani più attenti, nel 1957 venne il film, "Orizzonti di Gloria", diretto da Stanley Kubrich e tratto dal romanzo di Humphrey Cobb.

Durante la Prima Guerra Mondiale, per uno stupido puntiglio, un generale francese ordina un attacco a una postazione tedesca praticamente inespugnabile. Il colonnello Dax, ufficiale coraggioso e onesto, capisce la follia dell'ordine e cerca di evitare la carneficina, ma, di fronte all'ottusità dei suoi superiori, è costretto a eseguire i comandi. L'assalto, naturalmente, fallisce, ma non è tutto: il generale fa fucilare tre soldati per vigliaccheria.

Nel 1970, un altro film, questa volta italiano, "Uomini contro" di Francesco Rosi, tratto dal libro di Emilio Lussu, "Un anno sull'Altopiano", affronta episodi simili a quelli verificatisi nel film precedente. Ma con dovizia di dettagli, anche se raccapriccianti, poiché Emilio Lussu la Prima guerra mondiale l'aveva fatta. 

Il film rievoca le vicende di un giovane ufficiale italiano durante la Grande Guerra che lentamente giunge ad una posizione di ripudio della guerra e infine a disubbidire. La figura del giovane, tratteggiata dal regista sino alla fucilazione finale, è in gran parte funzionale alla storia, nasce dalla sceneggiatura del film. Siamo quindi sul Fronte italiano, 1916. Comandati dal generale Leone i soldati italiani cercano disperatamente, con grande dispendio di vite umane, di conquistare una fortezza austriaca sul monte Fiore. Di fronte all'assurdità del massacro molti militari disertano, altri si procurano volontariamente delle ferite, altri ancora, come il sottotenente Ottolenghi, incitano la truppa alla disobbedienza o,come il tenente Sassu, rivedono criticamente il proprio iniziale entusiasmo. Quando, al culmine dell'esasperazione, i reparti si ribellano rifiutandosi di andare a morte sicura. Sassu (notare l'assonanza con il nome dello scrittore) è con loro e cerca di impedire la decimazione della truppa,verrà poi processato e giustiziato per ribellione.

Due film che scatenarono, all'epoca un mare di polemiche, soprattutto da quegli ambienti che ad ogni costo continuavano, e continuano, a santificare la necessità delle guerre, ammantate di retorica.

Oggi, sulla Prima, come sulla Seconda, guerra mondiale, non ci sono più ombre e dubbi, se non di natura ideologica. Esiste una bibliografia, e non solo italiana, che ha messo in luce ogni aspetto legate a questi due avvenimenti.

Due conflitti, è sempre bene ricordarlo, che hanno provocato circa 80 milioni di vittime, militari e civili.

Ma, come se tutto ciò non fosse sufficiente, mi sono ricordato di un librettino, un diario di un soldato della Prima guerra mondiale, regalatemi dalle nipoti. E la rilettura è ancora più gratificante. "Memorie Care", di Salvatore Disca.

Questo "Diario di guerra" che va dal 25 aprile al 14 settembre 1915, ci serve a confermare, oltre il ragionevole dubbio, come tutto ciò che avevamo letto prima, o visto come nei due film menzionati e in altri ancora, corrisponda al vero. Ma soprattutto sfata quel demenziale proclama della "guerra come igiene del mondo" del futurista Filippo Tommaso Marinetti, il cui Movimento troviamo tra i più attivi per l'intervento dell'Italia nella Prima guerra Mondiale. 

Nel 1914, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, troviamo il giovane Salvatore Disca a Bologna, dove frequenta la facoltà di medicina.

Da giovane studente in medicina, la guerra lo promuove, insieme ad altri "Mille Giovani", a svolgere funzioni che, un tempo, venivano affidati ai medici. Ci ricorda qualcosa questo episodio? I giovani medici senza specializzazione accorsi, ieri l'altro, negli ospedali del Nord del Paese a dare una mano in questo stramaledetto Coranavirus.

Ma cosa annota in questo Diario il giovane Salvatore Disca?

In primo luogo le sofferenze della truppa che li vede impegnati in un conflitto che ha, come unico scenario, le trincee, un eterno andirivieni tra avanzate e ripiegamenti; centinaia di migliaia di vittime uccise dal "fuoco amico". Leggiamo, in una nota del 9 giugno 1915 da Cormons: "I feriti giungono a migliaia, l'assalto di Podgora, è stato un secondo Sciara-Sciat (in Libia). Sbaglio di segnalazione o imperizia dei comandanti? La nostra artiglieria ha tirato sui nostri soldati. Ha fatto un fracasso. Corpi squarciati, arti asportati, corpi informi. E' uno spavento…". Più si va avanti nella lettura, più errori di questo tipo si registrano.

Inoltre la truppa mancava dello stretto necessario per portare avanti una guerra di tali. proporzioni. Per non parlare del freddo, della fame, del colera, sempre in agguato, dei privilegi degli ufficiali, dell'asservimento della stampa. A questo proposito possiamo leggere in una nota del "Diario" il I° luglio alle ore 16.00: "… Ho potuto avere dopo non so quanto tempo un giornale. Dio mio quante menzogne, battaglie e vittorie sull'Isonzo immaginarie. Quando sono avvenute non sono forse io sull'Isonzo? Che sia divenuto cieco o sordo? E non andremo mai avanti, gli austriaci ricevono rinforzi ogni giorno. Una guerra è questa che andando avanti di questo passo non durerà meno di un anno. E dire che tengono i nostri soldati a marcire ed ammalarsi nelle pozzanghere delle trincee …".

Un Diario che ad ogni brano costringe il lettore a lunghe pause, a riflessioni laceranti, all'ottusità e al cinismo, al disprezzo per la carne umana, da alcuni definita "carne da cannone", spedita ad attaccare trincee imprendibili e che si riscontrano in tutti gli alti ufficiali dei due schieramenti. 

Non lamentiamoci se dobbiamo stare a casa, qualche settimana in più del previsto. E non mettiamo orecchio a chi sbraita per "cose futili" rispetto a tutto ciò che succede nelle quelle vere. Quelle combattute, magari, sotto il comando di persone non proprio affidabili.

 

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