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Le anticipazioni sulla bozza di riforma del Codice di procedura penale predisposta dalla commissione istituita dal ministro della Giustizia Carlo Nordio destano serie preoccupazioni. Tra le ipotesi allo studio figura l'obbligo, per gli inquirenti, di avvisare l'avvocato dell'indagato almeno due ore prima dell'inizio di una perquisizione. L'intento dichiarato è, in astratto, condivisibile: rafforzare le garanzie difensive, consentendo al difensore di assistere a un atto che incide direttamente sui diritti fondamentali della persona.
Tuttavia, la perquisizione è un intervento che deve fondarsi sulla tempestività e sulla sorpresa, perché solo così può assicurare la genuinità delle prove. Prevedere un preavviso obbligatorio di due ore rischia di compromettere l'efficacia dell'atto stesso, soprattutto nei casi in cui si tratti di materiale digitale o informatico facilmente distruttibile. Si tratta di un dato oggettivo: due ore di attesa, in molti contesti, equivalgono alla perdita irrimediabile della prova.
Il testo, secondo quanto trapelato, tenta di porre un correttivo: l'avviso dovrebbe essere dato solo dopo l'adozione di "misure provvisorie" per evitare l'alterazione dello stato dei luoghi. Ma qui emergono le difficoltà pratiche: come si "mette in sicurezza" un'abitazione privata, un ufficio o un server aziendale in attesa del difensore? Con quali risorse, e a che titolo? Si rischia di aprire la strada a contenziosi e nullità, senza che la garanzia si traduca in un reale beneficio per l'indagato, ma soltanto in un aggravio procedurale.
Non meno problematiche appaiono altre modifiche contenute nella bozza: il mutamento del criterio per l'iscrizione nel registro degli indagati ("ragionevolmente inquadrabile" invece di "riconducibile"), la soppressione del requisito della "non inverosimiglianza", e l'ampliamento dei poteri del giudice nel retrodatare l'iscrizione. Si tratta di formule che, nella pratica, possono rendere più difficile l'avvio e la tenuta delle indagini, con il rischio che l'equilibrio tra accusa e difesa si trasformi in una paralisi reciproca.
Nessuno, tra magistrati o avvocati, può essere contrario a un processo più giusto. Le riforme procedurali devono servire a rendere più giusto ciò che è già giusto, non a rendere impossibile ciò che è necessario. Sapendo che garantire la difesa è un dovere e garantire la verità lo è altrettanto.
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