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In caso di affidamento congiunto dei figli, può avvenire la limitazione del diritto di visita del genitore non collocatario?

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L'affidamento condiviso oggi costituisce la regola nelle cause di separazione, divorzio ed in quelle concernenti la regolamentazione dei rapporti dei genitori con i figli nati fuori dal matrimonio.

Lal. n. 54 del 2006 che contenente "disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli" a tutela della bigenitorialità, ha introdotto l'affidamento ad entrambi i genitori: la responsabilità genitoriale viene esercitata da entrambi i genitori con potere però per ilgiudice il potere di poter modificare il regime di affidamento quando queste modalità si dovessero presentare contrarie all'interesse del minore. Tale regime è stato rispettato anche dalla legge n. 219/2012 e dal d.lgs. n.154/2013 che hanno regolamentato la filiazione naturale.

L'art. 337 ter c.c. stabilisce che " il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi…

Per realizzare questa finalità – continua al secondo comma - "il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa" e "valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori oppure stabilisce a quali di essi i figli sono affidati".

Con il termine "affidamento ad entrambi i genitori" si intende che senza preferenza per l'uno o per l'altro genitore, viene attribuita ad entrambi i genitori la piena responsabilità di continuare ad occuparsi dei figli anche dopo la crisi coniugale.

L'art. 337 quater c.c. prevede inoltre che "il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore". Da ciò deriva che i casi particolari di affidamento esclusivo debbano essere specificatamente motivati dal giudice al fine di rendere palese il motivo per cui è stata adottata simile decisione.

Diverse le pronunce giurisprudenziali sul punto. In termini generali, si è osservato che si può derogare alla regola dell'affidamento condiviso dei figli solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l'interesse del minore con la duplice conseguenza che l'eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa, ovvero manifesta carenza dell'altro genitore (Cassazione sentenza n. 24841/ 2010).

La mera conflittualità tra coniugi che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell'affidamento condiviso che si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre assume connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare ed a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli e dunque tali da pregiudicare il loro interesse (da ultimo cfr. Cass. sentenza n. 5108/2012).

Addirittura la Suprema Corte ha ritenuto che nemmeno la posizione conflittuale dei figli rispetto ad uno dei genitori, nella specie il padre, non giustifichi affatto l'opzione verso un regime di affido esclusivo" (Cass. civ. sez. I 3 dicembre 2012 n. 21591).

La Suprema Corte ha ribadito in tale sentenza il principio secondo cui la conflittualità esistente tra i coniugi non può di per sé astrattamente, né con riferimento al caso concreto, giustificare la deroga al regime di affido condiviso, che in conformità all'intenzione del legislatore è quello più idoneo a riequilibrare la condivisione del ruolo genitoriale in favore dell'interesse preminente del minore, assicurando quanto possibile ad entrambi i genitori il pieno esplicarsi del proprio ruolo.

Il criterio fondamentale, cui deve attenersi il giudice della separazione, è costituito dall'esclusivo interesse morale a materiale dei figli, il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l'apprezzamento della personalità del genitore (sul punto crf. Cass. civ. Sez. VI, 19 luglio 2016, n. 14728).

L'art. 337-quater c.c. su menzionato, prevede ancora che "il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice" prescrive che "salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori…"

Dunque affidamento esclusivo significa l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale però le decisioni di maggiore interesse per il figlio devono essere sempre adottate da entrambi i genitori.

Eccezionale poi un terzo tipo di affido c.d. superesclusivo, in base al quale l'esercizio della responsabilità genitoriale è concentrato esclusivamente sul genitore collocatario, nei casi eccezionali di inidonietà dell'altro genitore o assoluta irreperibilità. In questo caso l'altro genitore, a differenza dell'affidamento esclusivo, viene privato del potere di assumere le decisioni di maggiore interesse per il figlio.

Proprio in relazioneai rapporti tra affidamento condiviso e frequentazione del figlio con l'altro genitore non collocatario, si è pronunciata recentemente la Suprema Corte di Cassazione con recentissima sentenza n. Cass. civ. Sez. I, 12 settembre 2018, n. 22219 affermando che non è incompatibile all'affidamento condiviso la possibilità che il giudice preveda un regime rigido di frequentazione per il genitore non collocatario.

Il caso

Il Tribunale dichiarando la separazione personale tra due coniugi, disponeva l'affidamento condiviso ad entrambi i genitori della figlia minore con collocamento della stessa presso la madre, cui veniva assegnata l'abitazione familiare, stabiliva le modalità e i tempi delle frequentazioni fra padre e figlia

La Corte d'Appello adita, apportava alcune modifiche e precisazioni alle modalità di frequentazione fra padre e figlia minore già fissate dal giudice di prime cure.

Il padre, non condividendo la decisione assunta, proponeva ricorso in Cassazione.

Lamentava tra l'altro ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione o la falsa applicazione dell'art. 155 c.c., sostituitodall'art. 337-ter c.c., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo: entrambi i giudici di merito avrebbero applicato il regime di affido condiviso come se fosse un affido esclusivo, prevedendo la possibilità per la minore di vedere il padre per un solo giorno a settimana e ledendo così il suo diritto a ricevere cure, educazione e istruzione con paritaria presenza di entrambi i genitori.

La doglianza viene ritenuta infondata dalla Suprema Corte, la quale osserva che la regola dell'affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista in precedenza dall'art. 155 c.c. con riferimento alla separazione personale dei coniugi e ora dall'art. 337-ter c.c.per tutti i procedimenti indicati dall'art. 337-bis c.c., non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l'altro genitore (Cass. sentenza n. 18131/2013). Attiene poi ai poteri del giudice di merito fornire una concreta regolazione del regime di visita secondo modalità che non sono sindacabili, nelle loro specifiche articolazioni, in sede di giudizio di legittimità, ove invece è possibile denunciare che il giudice di merito abbia provveduto a disciplinare le frequentazioni dei genitori dichiarando di ispirarsi a criteri diversi da quello fondamentale, previsto in passato dall'art. 155 c.c.e ora dall'art. 337-ter c.c., dell'esclusivo interesse morale e materiale dei figli.

Correttamente quindi la corte territoriale si è riportata a tali principi laddove, dopo aver registrato le buone condizioni della minore pur in presenza di una esasperata conflittualità tra i genitori, ha provveduto a stabilire in maniera rigida tempi e modalità di frequentazione fra il padre e la discendente per sedare il continuo contrasto esistente fra i genitori ed evitare che la bambina fosse costretta a difendersi dai loro conflitti.

Decisione:

Il ricorso viene rigettato dalla Suprema Corte.

Di seguito si indica la massima della sentenzaoggetto di commento, Cass. civ. Sez. I, 12 settembre 2018, n. 22219

La regola dell'affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista in precedenza dall'art. 155cod. civ. con riferimento alla separazione personale dei coniugi e ora dall'art. 337-terc.c.. per tutti i procedimenti indicati dall'art. 337-bisc.c., non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l'altro genitore. Attiene poi ai poteri del giudice di merito fornire una concreta regolazione del regime di visita secondo modalità che non sono sindacabili, nelle loro specifiche articolazioni, in sede di giudizio di legittimità, ove invece è possibile denunciare che il giudice di merito abbia provveduto a disciplinare le frequentazioni dei genitori dichiarando di ispirarsi a criteri diversi da quello fondamentale, previsto in passato dall'art. 155 c.c.e ora dall'art. 337-ter c.c., dell'esclusivo interesse morale e materiale dei figli.

Avv. Daniela Bianco del Foro di Reggio Calabria

 

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