Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Impresa e infiltrazioni mafiose: il punto sulla giurisprudenza

L´informativa antimafia presuppone concreti elementi da cui risulti che l´attività d´impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata. 
Lo ha affermato il Consiglio di Stato, Sezione III, con Sentenza 15/09/2016, n. 3888.
L´occasione ha offerto al Collegio il destro per riassumere, preliminarmente, i principi che trovano applicazione in materia di imprese e misure antimafia, secondo la più recente giurisprudenza della Sezione (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743):
- l´informativa antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del D.Lgs. n. 159 del 2011, presuppone "concreti elementi da cui risulti che l´attività d´impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata"; 
- quanto alla ratio dell´istituto dell´interdittiva antimafia, si tratta di una misura volta - ad un tempo - alla salvaguardia dell´ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione: l´interdittiva antimafia comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore - pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione - meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti ´affidabile´) e possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge; 
- ai fini dell´adozione del provvedimento interdittivo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: una visione ´parcellizzata´ di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua rilevanza nel suo legame sistematico con gli altri; 
- è estranea al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (né - tanto meno - occorre l´accertamento di responsabilità penali, quali il ´concorso esterno´ o la commissione di reati aggravati ai sensi dell´art. 7 della L. n. 203 del 1991), poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell´informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante; 
- il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del più ´probabile che non´, alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall´osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso; 
- pertanto, gli elementi posti a base dell´informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione; 
- quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell´impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l´Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del ´più probabile che non´, che l´impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto; 
- nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all´interno della famiglia si può verificare una ´influenza reciproca´ di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza; 
- una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch´egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ´famiglia´, sicché in una ´famiglia´ mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l´influenza del ´capofamiglia´ e dell´associazione; 
- hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l´Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l´esistenza - su un´area più o meno estesa - del controllo di una ´famiglia´ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito). 
A questi principi enucleati di recente dalla Sezione, occorre aggiungere quelli che sono stati costantemente affermati dalla giurisprudenza: 
- non è richiesta la prova dell´attualità delle infiltrazioni mafiose, dovendosi solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile - secondo il principio del ´più probabile che non´ - il tentativo di ingerenza, o una concreta verosimiglianza dell´ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose, e dell´attualità e concretezza del rischio (Cons. Stato, Sez. III, 5 settembre 2012, n. 4708; Cons. Stato n. 3057/10; 1559/10; 3491/09); 
- la valutazione del pericolo di infiltrazioni mafiose, di competenza del Prefetto, è connotata, per la specifica natura del giudizio formulato, dall´utilizzo di peculiari cognizioni di tecnica investigativa e poliziesca, che esclude la possibilità per il giudice amministrativo di sostituirvi la propria, ma non impedisce ad esso di rilevare se i fatti riferiti dal Prefetto configurino o meno la fattispecie prevista dalla legge e di formulare un giudizio di logicità e congruità con riguardo sia alle informazioni acquisite, sia alle valutazioni che il Prefetto ne abbia tratto (Cons. Stato, n. 5130 del 2011; Cons. Stato, n. 2783 del 2004; Cons. Stato, n. 4135 del 2006); 
- l´ampia discrezionalità di apprezzamento del Prefetto in tema di tentativo di infiltrazione mafiosa comporta che la sua valutazione sia sindacabile in sede giurisdizionale in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell´informativa antimafia rimane estraneo l´accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (in termini, Cons. Stato, n. 4724 del 2001). 
Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (Cons. Stato, n. 7260 del 2010).
Ciò, nel caso considerato, ha indotto il Giudice di II grado ad accogliere l´appello del Ministero dell´Interno e a respingere il ricorso di I grado.
Segue Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3751 del 2010, proposto dal Ministero dell´Interno, in persona del Ministro p.t. e dalla Prefettura di Napoli, in persona del Prefetto p.t., rappresentati e difesi per legge dall´Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

La -OMISSIS-S.r.l. e -OMISSIS- S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, e dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall´avvocato Gaetano Montefusco (C.F. MNTGTN50P16F839C), con domicilio eletto presso lo studio degli Avvocati Ronchietto-Ranieri, in Roma, Via Virgilio, n. 38;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania, Sede di Napoli- Sezione I, n. 8887 del 17 d-OMISSIS-bre 2009.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società -OMISSIS-S.r.l., della società -OMISSIS- S.r.l., di -OMISSIS- e di -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e udito per il Ministero appellante l´Avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;

Svolgimento del processo

1. - Con ricorso al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, n.r.g. 3922 del 2008, e motivi aggiunti la società -OMISSIS-s.r.l. impugnava l´interdittiva antimafia del Prefetto di Napoli del 18 febbraio 2008 e gli atti investigativi presupposti.

1.1.- A seguito dell´interdittiva, veniva disposta dal Provveditorato alle OOPP della Toscana e dell´Umbria la revoca dell´aggiudicazione dell´appalto dei lavori di restauro di "-OMISSIS-".

1.2.- Nel corso del giudizio proponeva intervento ad adiuvandum la -OMISSIS- S.r.l., aggiudicataria in associazione d´imprese con la ricorrente di una gara indetta dal consorzio di bonifica del Sele.

2. - Con la sentenza n. 8887 del 2009, il T.a.r. accoglieva il ricorso per insufficienza del quadro indiziario posto a base dell´informativa, "non dotato di attuale significatività probatoria": le frequentazioni del -OMISSIS- con soggetti ritenuti pregiudicati, sebbene dotate del requisito di attualità, non consentirebbero di ritenere l´esistenza di indizi circa le potenzialità di condizionamento dell´impresa.

3. - Propone appello il Ministero dell´Interno, deducendo i seguenti motivi:

a)- inammissibilità del ricorso per litispendenza, in quanto pende impugnazione degli stessi atti dinanzi al Tar per la Toscana, n.r.g. 634/2008;

b)- motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; completezza dell´istruttoria compiuta dalla Prefettura di Napoli;

c) violazione e falsa applicazione degli artt. 10, comma 7, D.P.R. n. 252 del 1998 e 4 D.Lgs. n. 490 del 1994.

4. - Resistono in giudizio la società appellata e la -OMISSIS- S.r.l., nonché i Sig.ri -OMISSIS-e -OMISSIS-, che propongono, altresì, ricorso incidentale avverso il capo di sentenza che ha liquidato il danno a titolo di risarcimento in loro favore.

Gli appellati chiedono preliminarmente che sia integrato il contraddittorio nei confronti della -OMISSIS- S.r.l., parte nel giudizio di primo grado, e in mancanza, che sia dichiarato inammissibile l´appello.

5. - All´udienza del 26 maggio 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1.- L´appello è fondato.

1.1. - Preliminarmente, si ritiene integro il contraddittorio anche in mancanza della società -OMISSIS- s.r..l., parte non necessaria del giudizio, intervenuta ad adiuvandum in primo grado, essendo oggetto di impugnativa, innanzitutto, l´informativa antimafia che ha colpito la -OMISSIS- S.r.l..

2. - Assume carattere decisivo il motivo di appello con cui il Ministero critica la sentenza per aver ritenuto insufficiente il quadro indiziario posto a base dell´informativa, oltre che privo di attualità.

3. - Il Ministero deduce che il T.a.r. avrebbe eccessivamente svalorizzato gli elementi raccolti nel corso delle indagini condotte dal Comando provinciale dei Carabinieri di Napoli (missiva del 30 gennaio 2008) e dalla Questura di Napoli (lettera del 1 febbraio 2008).

4. - Il Collegio condivide la censura.

5. - E´ opportuno ricordare, preliminarmente, che, secondo la più recente giurisprudenza di questa Sezione, in materia trovano applicazione i seguenti principi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743):

- l´informativa antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del D.Lgs. n. 159 del 2011, presuppone "concreti elementi da cui risulti che l´attività d´impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata";

- quanto alla ratio dell´istituto dell´interdittiva antimafia, si tratta di una misura volta - ad un tempo - alla salvaguardia dell´ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione: l´interdittiva antimafia comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore - pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione - meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti ´affidabile´) e possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge;

- ai fini dell´adozione del provvedimento interdittivo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: una visione ´parcellizzata´ di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua rilevanza nel suo legame sistematico con gli altri;

- è estranea al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (né - tanto meno - occorre l´accertamento di responsabilità penali, quali il ´concorso esterno´ o la commissione di reati aggravati ai sensi dell´art. 7 della L. n. 203 del 1991), poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell´informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante;

- il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del più ´probabile che non´, alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall´osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso;

- pertanto, gli elementi posti a base dell´informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione;

- quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell´impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l´Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del ´più probabile che non´, che l´impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto;

- nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all´interno della famiglia si può verificare una ´influenza reciproca´ di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza;

- una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch´egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ´famiglia´, sicché in una ´famiglia´ mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l´influenza del ´capofamiglia´ e dell´associazione;

- hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l´Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l´esistenza - su un´area più o meno estesa - del controllo di una ´famiglia´ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito).

5.1. - A questi principi enucleati di recente dalla Sezione, occorre aggiungere quelli che sono stati costantemente affermati dalla giurisprudenza:

- non è richiesta la prova dell´attualità delle infiltrazioni mafiose, dovendosi solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile - secondo il principio del ´più probabile che non´ - il tentativo di ingerenza, o una concreta verosimiglianza dell´ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose, e dell´attualità e concretezza del rischio (Cons. Stato, Sez. III, 5 settembre 2012, n. 4708; Cons. Stato n. 3057/10; 1559/10; 3491/09);

- la valutazione del pericolo di infiltrazioni mafiose, di competenza del Prefetto, è connotata, per la specifica natura del giudizio formulato, dall´utilizzo di peculiari cognizioni di tecnica investigativa e poliziesca, che esclude la possibilità per il giudice amministrativo di sostituirvi la propria, ma non impedisce ad esso di rilevare se i fatti riferiti dal Prefetto configurino o meno la fattispecie prevista dalla legge e di formulare un giudizio di logicità e congruità con riguardo sia alle informazioni acquisite, sia alle valutazioni che il Prefetto ne abbia tratto (Cons. Stato, n. 5130 del 2011; Cons. Stato, n. 2783 del 2004; Cons. Stato, n. 4135 del 2006);

- l´ampia discrezionalità di apprezzamento del Prefetto in tema di tentativo di infiltrazione mafiosa comporta che la sua valutazione sia sindacabile in sede giurisdizionale in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell´informativa antimafia rimane estraneo l´accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (in termini, Cons. Stato, n. 4724 del 2001).

Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (Cons. Stato, n. 7260 del 2010).

6. - Facendo applicazione dei richiamati principi al caso in esame, il Collegio rileva che un univoco valore indiziante va riconosciuto complessivamente ad una serie di fatti posti a base dell´interdittiva:

- la cessione dell´azienda, avvenuta il 7 novembre 2007, da --OMISSIS- S.r.l. a -OMISSIS-S.r.l., società costituitasi appena qualche mese prima, nel maggio 2007;

- la circostanza che contestualmente siano cessati dalla carica sia il Presidente della -OMISSIS- S.r.l., -OMISSIS-, cognata del pluripregiudicato -OMISSIS-, sia i membri del Collegio sindacale;

- la circostanza che l´assetto della -OMISSIS- S.r.l., società cedente, fosse suddiviso tra -OMISSIS-, procuratore generale e titolare della maggioranza delle quote, e -OMISSIS-;

- la circostanza che il marito di -OMISSIS- e padre di -OMISSIS- (procuratore generale del-OMISSIS- s.r.l.) fosse -OMISSIS-, denunciato dai Carabinieri nel 1983 per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, unitamente a -OMISSIS-; sebbene -OMISSIS-fosse stato prosciolto nel 1987 nel processo a carico del clan -OMISSIS-, non risulta smentita la circostanza che egli avesse ospitato una riunione mafiosa organizzata da -OMISSIS- presso la propria abitazione e che tale abitazione fosse utilizzata per riunioni da parte di -OMISSIS-, fratello di -OMISSIS- e capo dell´omonima cosca.

- le frequentazioni abituali di -OMISSIS- con pregiudicati per reati vari (furto, ricettazione, rapina, reati in materia di stupefacenti, e anche associazione di tipo camorristico), ritenuti contigui a sodalizi criminali (-OMISSIS-; -OMISSIS-; -OMISSIS- e -OMISSIS-, -OMISSIS-, etc.); circostanza questa che non viene scalfita dall´affermazione degli appellati secondo cui si tratterebbe di coetanei del -OMISSIS-, conosciuti per ragioni di "vicinanza anagrafica" o per precedenti corsi scolastici o in occasionali incontri in vacanza;

- le cointeressenze di -OMISSIS- in varie società, nelle quali figurano anche altri membri della famiglia -OMISSIS- (le sorelle -OMISSIS- e -OMISSIS-, il padre -OMISSIS-, la sorella -OMISSIS-),

- l´assetto societario della -OMISSIS-S.r.l., di cui risulta proprietaria di maggioranza -OMISSIS- -OMISSIS-, la quale è attualmente coniugata con -OMISSIS-, amministratore unico, ed in passato è stata convivente di -OMISSIS-, pluripregiudicato, condannato per estorsione, ritenuto appartenente al clan dei -OMISSIS-, detenuto dal novembre 2000 fino alla scarcerazione per indulto.

6.1. - Di contro, non appare influente la circostanza che il Sig. -OMISSIS- non abbia precedenti penali e che non abbaia commesso alcun reato in occasione dei controlli e che non risulta la sua frequentazione abituale con elementi della malavita.

Come si è già precisato, non occorre l´accertamento di responsabilità penali, poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell´informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire.

7.- Essendo fondato l´appello principale per i profili evidenziati, va dichiarato inammissibile l´appello incidentale, non riscontrandosi i vizi di eccesso di potere ed il fumus persecutionis, dedotto dagli appellati.

Per l´effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va respinto.

8. - Le spese dei due gradi di giudizio si compensano tra le parti, in considerazione della peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l´effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate dei due gradi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all´art. 52, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all´oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti appellate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016, con l´intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Corte Giustizia, sentenza storica: illegali prodot...
Cassazione: Statuto Lavoratori non impedisce reclu...

Cerca nel sito