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"Il ministro della mala vita"

rizzo

 Nelle scorse settimane una dichiarazione del Ministro dell'interno Matteo Salvini, intesa a voler controllare le condizioni che permettono allo scrittore Roberto Saviano di usufruire della scorta, concessa qualche decennio fa, dopo la pubblicazione del libro "Gomorra" che ha annientato la "banda dei casalesi" e che ha tenuto in ostaggio un'intera comunità con i loro traffici illeciti, con le intimidazioni, con gli omicidi di massa…!

Lo scrittore ha dato una risposta coraggiosa quanto inaudita. Visto il clima delicato che si è creato in Italia.

"Io non ho paura di lei, ministro della mala vita". Apriti cielo!

E' inutile riferire l'accoglienza su FB di questa diatriba, priva di ogni e qualsiasi argomentazione sull'accaduto e, soprattutto, da parte di quelle frange che pendono dalle labbra di chiunque spara ad alto zero sui "privilegi" di certi personaggi. Siano essi politici, scrittori, giornalisti, uomini e donne delle Istituzioni, ridotti oramai nel termine di "casta". Ma anche su inermi e anonimi cittadini che "osano" esprimere un giudizio sulle "star" del momento. E non curanti del peso di certe affermazioni.

Questo episodio ci suggerisce due argomenti

Il primo argomento.

Quanti siamo in grado di poter comprendere, senza pregiudizi o partiti presi, cosa comporta e cosa significhi "vivere sotto scorta". Da ciò che abbiamo letto su FB sembra che la percezione sia quella di "vivere da nababbo". Non da recluso. Moltissimi gli incitamenti dei tifosi del Ministro a non esitare a togliere la scorta a Saviano: che se la paghi "con i suoi soldi".

 Ci sono stati altri Ministri, non tanti anni fa, che vivevano come dei "rompicoglioni" quegli onesti professionisti che si erano messi al servizio delle Istituzioni dello Stato e chiedevano la scorta. La scorta non fu concessa e il giuslavorista Marco Biagi fu ucciso da un commando risorto delle Brigate rosse.

Il buon Leonardo Sciascia non si stancava di ripetere che quando lo Stato pubblicamente delegittima i suoi Uomini equivale ad una condanna a morte.

Così come dimostrano il generale-prefetto Carlo Alberto della Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, solo per citarne una minimissima parte.

C'è una letteratura specifica che si occupa della vita di Personaggi che hanno avuto il coraggio di denunciare gli intrighi e il malaffare e di riferire delle loro condizioni di vita.

Uno, tra i tanti, don Giacomo Panizza in un libro intervista con Goffredo Fofi, "Qui ho conosciuto purgatorio, inferno e paradiso", serie Bianca Feltrinelli". La storia di un prete bresciano che va a vivere a Lamezia Terme fondando, nel 1976, la Comunità "Progetto Sud" con persone di varie disabilità su un bene confiscato alla 'ndrangata.

Una semplice citazione: "Bisogna che tanti facciano poco, più che pochi facciano molto. Contro le mafie non serve Rambo. Serve che tutti ci impegniamo per la libertà di tutti, e la legalità è cosa nostra, un tassello di questo impegno".

Il secondo argomento.

Quell'affermazione di Saviano, "Ministro della mala vita", ci ha richiamato alla memoria un precedente accaduto centodiciotto anni fa.

Gaetano Salvemini, docente universitario, fino all'avvento del fascismo, poi espatria essendo stato uno dei tredici professori universitari che rifiutarono la tessera al partito nazionale fascista. E grande polemista.

Ma la polemica, alla quale facciamo riferimento si svolse qualche decennio prima.

Nel 1910 pubblica il libro "Il ministro della mala vita" identificandolo in Giovanni Giolitti che, da Presidente del consiglio, durante i suoi mandati aveva avuto un "occhio di riguardo" per il Nord Italia, trascurando il Mezzogiorno.

Salvemini era pugliese, grande sostenitore della necessità degli interventi statali per equilibrare le differenze tra le due aree del Paese.

Gravissime le condizioni di indigenza, povertà, miseria che affliggevano le popolazioni meridionali, che vivevano di sola agricoltura. Condizioni che erano state messe in rilievo da una delle prime indagini sullo "stato di salute" del Meridione d'Italia.

 Nel 1876 un'indagine sulla Sicilia ne mette a nudo tutte le problematiche economiche, sociali e di sicurezza del territorio dove pascolava ogni tipo di organizzazione criminale, sempre pronta ad ogni intesa con i politici locali.

Salvemini vede una continuità, nella gestione amministrativa, lunga decenni. E denuncia:

<<Nelle lotte elettorali di tutti i tempi e di tutti i luoghi è sempre avvenuto e sempre avverrà che gli elementi peggiori di ciascun partito pensino di sopraffare gli avversari con la violenza e con la corruzione, quando i mezzi legittimi di vittoria manchino, o siano insufficienti, o appaiano di esito incerto. E quanto più agevole e fruttifero si presenta l'impiego dei metodi elettorali malsani, tanto più forte deve essere la tentazione di adoperarli. […]. Affinché questo possa avvenire, è necessaria la complicità del governo.

Ed ecco dove incominciano le responsabilità personali e consapevoli dell'onorevole Giolitti. Il quale approfitta delle miserevoli condizioni del Mezzogiorno per legare a sé la massa dei deputati meridionali: dà a costoro carta bianca nelle amministrazioni locali; mette nelle elezioni a loro servizio la mala vita e la questura assicura ad essi e ai loro clienti la più incondizionata impunità. […]. Nessuno è stato mai così brutale, così cinico, così spregiudicato come lui nel fondare la propria potenza politica sull'asservimento, sul pervertimento, sul disprezzo del Mezzogiorno d'Italia; nessuno ha fatto un uso più sistematico e più sfacciato nelle elezioni del Mezzogiorno di ogni sorta di violenze e reati>>.

Certo altri tempi. Altri contesti. Ed altri Uomini.

Ma a smussare la polemica in atto tra Roberto Saviano e il ministro Matteo Salvini ci pensa il presidente della Camera Roberto Fico:

<<L'Italia è il Paese che ha nel suo ventre tre fra le più grandi organizzazioni criminali internazionali: mafia, camorra, 'ndrangheta. Tutti i cittadini, gli imprenditori e gli intellettuali che hanno avuto il coraggio di denunciare e opporsi alla criminalità organizzata devono essere protetti dallo Stato».

Ed è l'augurio che ci facciamo unitamente a tutti le persone di buon volontà.

 

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