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I redditi prodotti da beni dei figli minori soggetti ad usufrutto legale devono essere dichiarati dai genitori?

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Riferimenti normativi: Art. 324 c.c. – Art.4, lett. c) D.P.R.917/1986

Focus: L'usufrutto legale è il diritto dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale di usufruire e utilizzare i beni del minore fino alla maggiore età (art.324 cod.civ.). I redditi derivanti dalla locazione di un bene di un figlio minore soggetto ad usufrutto legale possono essere riportati nella dichiarazione dei genitori? Sulla questione si è pronunciata la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Liguria con la sentenza n.423/3 del 12.6.2023.

Il caso oggetto della decisione dei giudici tributari è scaturito da una successione. Con un testamento una signora lasciava in legato alla sua figlioccia, figlia del contribuente, un immobile ad uso commerciale locato, e in legato alla madre della ragazza denaro, titoli, polizze assicurative e altre attività mobiliari dalla stessa possedute. Nel 2010 il Tribunale, a seguito di istanza dei genitori della ragazza, autorizzava i genitori ad accettare il legato testamentario, disposto in favore della figlia, consistente nella piena proprietà dell'unità immobiliare citata. E, come da disposizioni del Tribunale, i genitori, in qualità di esercenti la potestà parentale sulla figlia minore, stipulavano un nuovo contratto di locazione ad uso commerciale dell'immobile oggetto del legato, per un canone annuo complessivo pari ad euro 30.600,00, registrandolo all'Agenzia delle Entrate. Il reddito derivante dalla locazione veniva, poi, dichiarato dal padre per conto della figlia, anno per anno, con un modello Unico. Per l'anno 2014 l'Agenzia delle Entrate notificava al contribuente un avviso di accertamento per non aver presentato la dichiarazione, omettendo di dichiarare sia il reddito relativo alla quota di partecipazione al 50% per la locazione dell'immobile commerciale della figlia che il reddito di lavoro dipendente. In tal modo, venivano recuperate a tassazione le maggiori imposte dovute, con relative sanzioni ed interessi.

Il contribuente, con ricorso in Commissione tributaria, impugnava l'avviso di accertamento chiedendone l'annullamento poiché riteneva che il reddito di locazione dell'immobile della figlia minore fosse da attribuire unicamente a quest'ultima ed, in subordine, chiedeva la disapplicazione delle sanzioni. L'Ufficio insisteva, invece, sulla legittimità del proprio operato. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso e confermava l'imposta dovuta dal contribuente, con deduzione dell'imposta già versata a nome della figlia, ma disapplicava le sanzioni, compensando le spese.L'Ufficio appellava la sentenza per le sanzioni disconosciute dal giudice eccependo che queste vanno applicate al contribuente per aver omesso di dichiarare il reddito dei beni della figlia minore, ai sensi dell'art. 1, comma 3, del D.P.R.n. 600/1973 e dell'art. art. 4, lett. c), del D.P.R. n. 917/86. L'appellato eccepiva che il reddito era imputabile solo alla figlia, proprietaria dell'immobile, e che gli era stato attribuito dall'Ufficio perché in sede di registrazione dell'atto di locazione, per disguido, era stato definito "locatore" mentre tale è la figlia. Precisava, altresì, che il Tribunale aveva autorizzato solo precisi comportamenti per l'attuazione del legato ricevuto dalla figlia e di non aver mai disposto di alcun reddito scaturente dal bene, pur essendogli stata attribuita la veste di usufruttuario, non godendo dei diritti ex art. 981 c.c. La vicenda era stata originata, pertanto, da un errore di registrazione da cui era scaturita una duplicazione d'imposta (art. 163 D.P.R. n. 917/86), imposta che, peraltro, era già stata corrisposta dalla figlia. Eccepiva, inoltre, che la dichiarazione della moglie non era stata contestata dall'Ufficio pur essendo anch'essa legataria. L'Ufficio replicava che ciò derivava verosimilmente da una svista ma non costituiva motivo per giustificare le censure nei confronti dell'accertamento impugnato. La Corte di Giustizia ha richiamato l'art. 324 c.c. che riconosce al genitore o ai genitori, che hanno l'esercizio esclusivo o congiunto della responsabilità genitoriale, il diritto di amministrare i beni dei figli e percepire dagli stessi i frutti naturali (ad esempio il raccolto di un terreno) e civili (ad esempio riscuotere i canoni di affitto del bene intestato al minore), per destinarli al soddisfacimento dei bisogni del nucleo familiare. Quindi, tali redditi vanno inseriti nella dichiarazione dei genitori, ai sensi dell'art.4, lett. c) D.P.R.917/1986, il quale, in merito all'usufrutto legale dei genitori sui beni dei figli minori, dispone che "i redditi dei beni dei figli minori soggetti all'usufrutto legale dei genitori sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascun genitore. Se vi è un solo genitore o se l'usufrutto legale spetta a un solo genitore i redditi gli sono imputati per l'intero ammontare". Pertanto, nel caso di specie, i giudici hanno accolto l'appello dell'ufficio, ritenendo dovute dal contribuente le imposte scaturenti da tale reddito ma, per evitare un indebito arricchimento dell'Amministrazione finanziaria, hanno riconosciuto al padre la possibilità di dedurre le somme già versate in nome della figlia minorenne. Inoltre, tenuto conto del fatto che nel caso di specie non sussiste incertezza interpretativa circa l'applicazione della normativa ex art. 4 lett. c) T.U.I.R. e art. 324 c.c., la Corte ha riconosciuto dovute le sanzioni calcolate sul residuo dovuto.

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