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E’inammissibile il ricorso tributario per difetto di legittimazione passiva?

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Riferimenti normativi: Art.10 D.Lgs.n.546/92 - Art.39 D.Lgs.n.112/1999

Focus: Il processo tributario può avere per oggetto sia atti di accertamento sia atti di riscossione. Nel caso in cui il contribuente impugni una cartella di pagamento che presenti vizi che incidono sui presupposti atti di accertamento può chiamare in giudizio solo l'Ente di riscossione o anche l'Ente impositore? Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione Civile con Ordinanza n.1642/2021 del 26/01/2021.

Principi generali: Il legislatore ha individuato, con l'art.10 D.Lgs.n.546/92, i soggetti aventi la capacità di essere parti nel processo tributario ed ha, altresì, disposto che il difetto di legittimazione delle parti è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio. Da un lato vi è, quindi, il ricorrente, che spesso coincide con il contribuente e costituisce la parte attiva del processo in quanto titolare dell'azione o legittimato all'impugnazione. Dall'altro, vi è il resistente, ovvero il soggetto passivo del processo tributario,che si identifica con quei soggetti ed uffici che possono assumere il ruolo di parte convenuta davanti alle Commissioni tributarie per aver emesso l'atto impugnato o non aver emesso l'atto richiesto. Essi possono essere: 1) le Agenzie fiscali; 2) gli altri enti impositori;3) il concessionario del servizio di riscossione. L'art.39 del D.Lgs. n. 112/1999 dispone, a sua volta, che "Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l'ente creditore interessato; in mancanza risponde della lite".

La Corte di Cassazione ha costantemente affermato che l'Agente di Riscossione è l'unico diretto legittimato passivo quando oggetto della controversia sono atti viziati da errori a lui imputabili che non riguardano l'an del tributo. Se, invece, oggetto della controversia sono atti che riguardano anche o solo il diritto di credito tributario dell'ente impositore, l'Agente della riscossione è parimenti legittimato passivo ma, se non vuole rispondere delle conseguenze della lite, deve chiamare in giudizio, ai sensi dell'art.39 D.Lgs. n.112/99, l'Ente creditore. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n.16412/2007, si sono espresse, in merito alla seconda ipotesi, ritenendo che ove il ricorrente abbia convenuto in giudizio solo l'Agente di riscossione non sussiste alcun difetto di contraddittorio poiché in base al disposto del citato art.39 il concessionario della riscossione è sostituto processuale (ex art.81 c.p.c.) dell'ente impositore. Non è, quindi, configurabile l'inammissibilità del ricorso tributario per difetto di legittimazione passiva. Tale principio è stato ribadito dalla recente Ordinanza n.1642/2021 della Suprema Corte di Cassazione.

Nel caso di specie la ricorrente ha impugnato la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, che dichiarava l'inammissibilità dell'originario ricorso della contribuente ritenendo legittimata passivamente la sola Agenzia delle entrate, mai chiamata in giudizio, e non l'Agente della riscossione. Con la sentenza impugnata i giudici di secondo grado si erano pronunciati accogliendo l'appello proposto dalla Corte di Appello di Reggio Calabria e dal Ministero dell'economia e delle finanze, in merito ad una controversia avente a oggetto l'impugnazione di una cartella di pagamento per imposta di registro atti giudiziari, anno 2009. Cartella emessa dall'agente della riscossione su iscrizione a ruolo effettuata dall'Ufficio recupero crediti della Corte di appello di Reggio Calabria con riferimento ad una sentenza di primo grado. La ricorrente ha dedotto, tra i motivi del ricorso, la violazione degli artt.10 e 22 del D.Lgs. n. 546/1992 nonché dell'art.39 del D.Lgs. n. 112/1999 sostenendo che la Commissione tributaria regionale aveva errato a ritenere che l'ufficio giudiziario che aveva emesso il ruolo non fosse legittimato passivamente e che la legittimazione spettasse, invece, all'Agenzia delle entrate. Ciò considerando anche il fatto che il ricorso era stato notificato all'agente della riscossione, comunque legittimato passivamente per aver proceduto all'emissione e alla notifica della cartella di pagamento impugnata e che quest'ultimo, ove lo avesse ritenuto necessario, avrebbe dovuto provvedere autonomamente a chiamare in causa l'Agenzia delle entrate. La ricorrente ha, altresì, sostenuto che la Commissione di secondo grado aveva errato nel ritenere legittimata passivamente la sola Agenzia delle entrate del tutto estranea al procedimento di liquidazione e formazione del ruolo. La Suprema Corte ha ritenuto che la Commissione di secondo grado non si è attenuta al consolidato principio giurisprudenziale secondo cui << nel processo tributario, il fatto che il contribuente abbia individuato nel concessionario, piuttosto che nel titolare del credito tributario, il legittimato passivo, nei cui confronti dirigere l'impugnazione, non determina l'inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell'ente creditore, onere che, tuttavia, grava sul convenuto, senza che il giudice adito debba ordinare l'integrazione del contraddittorio (Cass. n. 14991/2020; Cass. n. 21220/2012, Cass.Sez. UU. n. 16412/2007) >>. In conclusione, essa ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla competente Commisione tributaria regionale per nuovo esame.

 

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