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Domande di restituzione somme di denaro nei giudizi di separazione e divorzio: sono o no ammissibili?

assegno-divorzile

Frequenti sono le domande restitutorie avanzate dalle parti durante i giudizi di separazione e divorzio ed aventi ad oggetto somme di denaro- contenute nei conti correnti degli ex coniugi- ed altri beni mobili (quali autovetture, quadri, tv etc.). Così come capita spesso di trovarsi di fronte a richieste di divisione di immobili in comproprietà tra coniugi o relative alla restituzione da parte di un coniuge delle somme anticipate per la ristrutturazione della casa coniugale, trattandosi di somme anticipate e prelevatedal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune.

Ma è possibile o no avanzare queste pretese nell'ambito di tali giudizi?

Sul punto è consolidato l'orientamento di legittimità il quale sostiene l'inammissibilità della domanda restitutoria formulata nel giudizio di separazione in quanto non direttamente connessa alla materia del contendere (separazione personale) e soggetta ad un rito diverso.

Infatti secondo la Suprema Corte di Cassazione è esclusa la possibilità del "simultaneus processus" tra l'azione di separazione o di divorzio e quelle aventi ad oggetto, tra l'altro, la restituzione di beni mobili (così come il risarcimento del danno) essendo queste ultime soggette al rito ordinario, autonome e distinte dalla prima (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. I 8.9.2014 n. 18870, Cass. Sez. VI-I 24 dicembre 2014 n. 27386, Cass. Sez. I 29.1.2010 n. 2155, Cass. Sez. I 21.5.2009 n. 11828, Cass. Sez. I 22.10.2004 n. 20638).

Questa giurisprudenza è pacificamente applicata dalla giurisprudenza di merito che esclude di poter trattare nel giudizio di separazione qualunque questione che non sia connessa agli articoli 155 e 156 c.c. Per il giudizio di divorzio tali preclusioni sono contenute negli artt. 5 e 6 della legge 898/1970. Non sono ritenute cumulabili né la domanda di divisone della comunione, né quella di restituzione di beni.

L'inammissibilità del cumulo di tali domande si fonda nel giudizio di separazione sull'art. 191 c.c. e sul mancato perfezionarsi del presupposto necessario allo scioglimento della comunione; nel giudizio di divorzio sulla diversità dei riti cui sono soggette le diverse domande di scioglimento del vincolo matrimoniale e la domanda di divisione della comunione.

Questo l'orientamento condiviso anche dal Tribunale di Reggio Calabria con sentenza n. 1165/2017 che si è espresso nell'ambito di un giudizio di separazione patrocinato dalla scrivente nel senso dell'inammissibilità di tali domande, ed ancor prima anche il Tribunale di Bergamo con sentenza n. 2240/09 secondo cui " le domande di restituzione di beni o somme di denaro sono inammissibili nel giudizio di separazione in quanto proponibili solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione dei coniugi (sono incompatibili con il rito) ;


 Anche la Corte d'Appello di Roma con sentenza n. 1381/2014 ha dichiarato l'inammissibilità della domanda svolta dall'appellante di restituzione di beni.

Ai sensi dell'articolo 40 c.p.c., novellato dalla legge numero 353 del 1990, è consentito nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi, soltanto in presenza di ipotesi qualificate di connessione (articolo 31, 32, 34, 35 e 36), rimanendo esclusa la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente ai sensi dell'art. 33 e dell'art. 183 c.p.c. ma soggette a riti diversi.

Conseguentemente, deve ritenersi esclusa la possibilità del simultaneus processus, nell'ambito dell'azione di divorzio, soggetta al rito della camera di consiglio, con quella di restituzione di beni mobili, soggetta al rito ordinario, trattandosi di domande non legate dal vincolo di connessione, ma in tutto autonome e distinte -vedi Cass. Civ., sez. I, 12.1.2000, n. 266; Cassazione Civile, Sez. 1, 15 maggio 2001, n. 6660-.

Ancora la Suprema Corte, con ordinanza del 24 dicembre 2014 n. 27386, nel confermare l'orientamento espresso dalla Corte d'Appello di Milano, dice no al cumulo processuale nell'ambito del giudizio di divorzio: " l'art. 40 cod. proc. civ., permette di concentrare nello stesso processo, domande soggette a riti diversi, soltanto però qualora vi siano specifiche ipotesi di connessione, elencate negli artt. 31, 32, 34, 35 e 36. La domanda di divisione dei beni immobili, di restituzione di beni mobili, di restituzione e pagamento di somme, sono soggette al rito ordinario, mentre la domanda di divorzio è soggetta al rito speciale; le prime sono domande non legate dal vincolo della connessione e dei tutto autonome rispetto alla domanda di divorzio (Cass. sentenza n. 10356 del 17/05/2005; Cass. sentenza n. 6660 del 15/05/2001; Cass. sentenza n. 266 del 12/01/2000)".

 Recentemente la Suprema Corte è tornata ad occuparsi dell'argomento sostenendo in merito che la domanda accessoria di restituzione di somme di danaro è inammissibile nell'ambito del giudizio di divorzio o di separazione ma specificando che l'inammissibilità va eccepita e/ o rilevata d'ufficio entro un termine bene preciso.

Quindi attenzione, tale eccezione deve essere tempestivamente sollevata dalle parti al Giudice Istruttore o dallo stesso rilevata entro la prima udienza come precisato nella sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 3316/2017 dell'8.02.2017 che sarà oggetto di commento.

La suddetta decisione della Corte di Cassazione deriva da un caso singolare.

Incardinato in primo grado un giudizio di divorzio, il Tribunale, con sentenza definitiva, oltre che a statuire sull'assegno di divorzio, condannava l'attore alla restituzione di una somma di denaro alla ex moglie, importo che affermava dovesse essere rimborsato alla stessa rimborsato, essendo stato prelevato dal conto corrente a lei intestato.

Entrambe le parti proponevano gravame avverso la suddetta sentenza.

Avverso la sentenza della Corte d'Appello il ricorrente in primo grado (ex marito) propone ricorso per Cassazione e rileva, in proposito, che ricorreva un'ipotesi di connessione tra cause soggette a riti diversi, non rientrante tra le ipotesi tassative di cui all'art. 40 c.p.c., comma 3, sicché le parti e il giudice non potevano legittimamente derogare alle norme processuali che imponevano, per la trattazione della causa avente ad oggetto il rimborso, il rito ordinario. In conseguenza sosteneva che l'eccezione di inammissibilità della domanda restitutoria ben poteva essere proposta dallo stesso per la prima volta in fase di appello.

La Corte ritenendo il motivo infondato rigetta il ricorso e con la recente pronuncia in epigrafe enuncia la seguente la massima:

"nell'ambito di un giudizio di divorzio o di separazione, soggetta al rito camerale (essendo l'appello camerale), la mancanza di una ragione di connessione idonea a consentire, ai sensi dell'art. 40 c.p.c., comma 3, la trattazione unitaria della domanda di divorzio e di una domanda di restituzione di somme di denaro (soggetta al rito ordinario), può essere eccepita dalle parti o rilevata dal giudice non oltre la prima udienza, in analogia a quanto disposto dal medesimo art. 40, comma 2, di talché l'inammissibilità della domanda di restituzione non può essere rilevata d'ufficio per la prima volta in appello ( sul punto anche Cass. 24 aprile 2007, n. 9915).

In allegato sentenza Corte di Cassazione n. 3316/2017.

Avv. Daniela Bianco del Foro di Reggio Calabria

Nome File: Cassazione-sentenza-n.-3316-2017
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