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Davide Maria Turoldo, “Il sapore del pane”. Riflessioni e Poesie

rizzo

 David Maria Turoldo (1916-1991) è stato presbitero, teologo, filosofo, scrittore, poeta, antifascista e partigiano, durante la seconda guerra mondiale. Sacerdote, membro dell'ordine dei Servi di Maria, che si occupava degli immigrati del Sud Italia, nella famosissima "Corsia dei Servi" a Milano.

Famosissime le sue predicazioni sulla povertà, e sui poveri nel Duomo di Milano.

Una bibliografia delle sue opere ci dà la dimensione di un uomo che seppe coniugare gli impegni del suo esser sacerdote, con quelli del suo essere membro di una Comunità civile. Al momento del bisogno, mentre il nord Italia è stretto nella morsa nazi-fascista, con le truppe germaniche e con i miliziani della repubblica di Salò che facevano stragi di civili innocenti, non esita a salire in montagna e unirsi alle compagnie partigiani.

David Maria Turoldo è il rappresentante di un cristianesimo irregolare, ampio e articolato coni suoi richiami ai Vangeli, ad una chiesa sorda, dopo la felice stagione di Papa Giovanni XXXIII, a qualsiasi richiamo evangelico, "Se la Chiesa non è per l'uomo, non è degna di fede, non può essere Chiesa".

 "Padre Davide Maria Turoldo durante la guerra fu tra i fondatori de «L'Uomo», rivista clandestina antifascista; negli anni successivi collaborò con don Zeno Saltini alla costruzione della libera «Città di Nomadelfia» e con padre Camillo De Piaz fondò a Milano la «Corsia dei Servi». Negli ultimi trent'anni visse a Sotto il Monte (Bergamo) dove diresse il Centro studi ecumenici Giovanni XXIII. La sua opera, che testimonia un cristianesimo vissuto come ansia di comprensione dei problemi del mondo contemporaneo e come lotta contro il 'Nulla del male' "

"Ma è nei testi poetici, in cui padre Davide Maria Turoldo ha dato le prove letterariamente più valide, una sensibilità e una pregnanza semantica tutte novecentesche si fondono con risonanze ed echi biblici".

Tra le numerosissime opere di padre Turoldo, ho scelto un librettino, "Il sapore del pane", edizioni BUC, 2012, nel quale troviamo una serie di riflessioni che ci inducono, a loro volta, a cercare delle risposte ad una serie di problematiche che investono l'uomo moderno. Ma le risposte, a loro volta, pongono altre domande.

 "Le riflessioni e le poesie raccolte in questo volume compongono un libro di meditazione e di vita, trasformandosi in un inno liturgico e in un canto di battaglia. Esse ci conducono all'eremo ma anche nel groviglio della città: 'Signore, se è di troppo chiederti l'innocenza del fanciullo, donaci almeno la capacità di un rimorso; scrivi in noi le tavole dei comandamenti, dà carne al tuo mandato nuovo'. Da queste pagine traspare il profilo più autentico di padre Turoldo, ribelle a tutto quanto offende la dignità della vita e i diritti della persona, ma anche fedele alla propria vocazione: quella di un dialogo ininterrotto con Dio, suo unico confidente, per scoprirlo, interrogarlo, coinvolgerlo nella vita di tutti i giorni, gridargli la disperazione dell'uomo e, alla fine, accettarne la volontà."

Come possiamo leggere in una nota riassuntiva del libro.

Libro, che contiene una utilissima indicazione di lettura del cardinale Gianfranco Ravasi, citando una nota del "Zibaldone" di Giacomo Leopardi: "Non basta che lo scrittore sia padrone del proprio stile. Bisogna che lo stile sia padrone delle cose". Il libro si compone in due parti: ""Riflessioni" e "Poesie in libertà".

Le riflessioni contengono "temi teologici ed esistenziali".

"Restituiscimi all'infanzia Signore, fa', che ritorni fanciullo, al sapore vero delle cose, al gusto del pane e dell'acqua. Il tempo ha limitato i sensi fino a renderli impassibili. Signore, salvami dall'indifferenza, da questa anonimia di uomo adulto. È il male di cui soffriamo senza averne coscienza.

Esso è la morte di ogni religione e di ogni possibilità lirica per la creazione; l'indifferenza e l'assenza dello spirito sono la causa della nostra schiavitù e decadenza.

Quando un popolo è indifferente, allora sorgono le dittature e l'umanità diventa un gregge, appena una turba senza volto, allora il bene è uguale al male; il sacro uguale al profano; e l'amore è unicamente piacere, un male il sacrificio, un peso la libertà e la ricerca" (pag.11).

Padre Turoldo è morto da trentun anni, ma come potremmo chiudere gli occhi e dimenticare cosa sia successo, nel nostro passato prossimo, molto prossimo, e non evidenziare i mali della nostra quotidianità.

Il tarlo dell'indifferenza che avvelena i pozzi di una cultura di un'autentica Comunità.

Indifferenza che, negli ultimi decenni ci ha portato ad accettare un mondo che va scivolando sempre più verso una cultura della disumanità.

E rivolto ai suoi confratelli monaci li esorta. "… Liberi, o monaci, tornate / senza bisaccia nudi / i piedi sull'asfalto./Sia il mondo / il vostro monastero, / come un tempo / era l'Europa…".

E incita le Persone ad "…Abbattere i reticolati di queste città lager, / dove ognuno è cintato / dal sospetto perfino del fratello, /di chi sia primo / a uccidere./ Una tenda vi basti a riparo delle bufere, / e Dio torni / vagabondo / a camminare sulle strade, / a cantare con voi / i salmi del deserto. …". Pag.130/131.

 

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