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Contratto di locazione e tassazione delle clausole penali

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Riferimenti normativi: Artt. 1353 - 1382 c.c. – Artt. 21 e 27 D.P.R. n.131/86.

Focus: Tutelarsi preventivamente da eventuali inadempimenti o da risoluzione anticipata del contratto di locazione è possibile, ai sensi dell'art.1382 cod. civ., sia per il locatore che per il conduttore mediante l'inserimento di clausole penali nel contratto di locazione. Ai fini fiscali dell'imposta di registro il D.P.R. n.131/86 non prevede espressamente il regime applicabile alla clausola penale. Il silenzio della norma ha dato vita ad interpretazioni giurisprudenziali diverse come vedremo di seguito.

Principi generali: La clausola penale, disciplinata dagli articoli 1382 a 1384 del codice civile, è una particolare clausola del contratto con cui, in via forfettaria e preventiva, si determina l'ammontare del risarcimento del danno scaturente dall'inadempimento dell'obbligazione o dal ritardo nell'adempimento al fine di evitare le contestazioni del debitore e l'instaurarsi di un giudizio di cognizione. La prestazione dedotta nella clausola penale è dovuta, quindi, indipendentemente dalla prova del danno, per cui il creditore non ha l'onere di provare il pregiudizio subito e non può pretendere il risarcimento del danno ulteriore se non è stato così stabilito espressamente. Specularmente, al debitore non è ammesso provare che il danno effettivo sia inferiore all'ammontare della penale, fatta salva la possibilità di una sua riduzione.

La clausola penale ha, infatti, funzione e finalità non soltanto risarcitorie e reintegratorie del danno emergente e/o del lucro cessante subito dal creditore ma può esplicare anche funzioni di sanzione privata, pattiziamente diretta a dissuadere il debitore (e nel caso il conduttore) dall'inadempimento, attribuendo al locatore anche più della mera reintegrazione patrimoniale, che non sempre è sufficiente alla determinazione di un effetto punitivo a carico dell'inadempiente. In buona sostanza la clausola penale può esplicare anticipatamente anche funzioni risarcitorie più ampie rispetto a quelle ammesse dai principi generali che regolano e limitano la responsabilità civile contrattuale (artt. 1223 e segg. c.c.). Pertanto la misura della clausola penale, ex art. 1384 c.c., richiederà che al momento della sua stipulazione il conduttore sia stato posto nella condizione di valutare preventivamente e quanto più esattamente possibile gli effetti del suo eventuale inadempimento, e, quindi, a tale fine la clausola deve contenere l'indicazione specifica e preventiva della natura e dell'entità degli interessi che potranno risultare pregiudicati dal ritardo nella restituzione dell'immobile locato. La clausola penale, perciò, prevede un risarcimento considerato ulteriore rispetto al canone. 

Registrazione del contratto di locazione e della clausola penale volontaria: Il D.P.R. n. 131/86 prevede ai fini dell'imposta di registro solo il trattamento impositivo sulla caparra confirmatoria e l'assoggettamento ad imposta di registro proporzionale nella misura dello 0,50%, mentre non prevede espressamente il regime applicabile alla clausola penale.

I contraenti, dunque, possono essere indotti a non assoggettare la clausola penale a un'autonoma e ulteriore imposta di registro e a versare solo quella per la registrazione del contratto di locazione. In merito alla clausola che concerne la morosità del conduttore, nel caso di suo inadempimento per mancato pagamento del canone entro i termini, si è posta la questione se l'eventuale maggiorazione degli interessi richiesta dal locatore è assoggettata ad imposta di registro fissa qualora non sia stata versata al momento della registrazione. Diverse sono le interpretazioni giurisprudenziali dei giudici tributari, culminate, in particolare, in due recenti contrapposte sentenze emesse dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano: la n.618/1/2019, depositata il 13/2/2019, e la n.894/10/2019, depositata il 25/2/2019.

Con la prima sentenza per il giudice tributario la clausola penale inserita nel contratto di locazione al fine di disporre il divieto di sublocazione e/o maggiorazione degli interessi legali, in caso di mancato pagamento del canone, non rappresenta una pattuizione accessoria ma deve essere tassata a parte, nella misura fissa, pari a 200 euro di imposta di registro che si aggiunge a quella dovuta per la registrazione del contratto. Il caso in contestazione è scaturito da un avviso di liquidazione per l'anno 2016 emesso nei confronti di una società immobiliare a cui è stato richiesto il pagamento di un'imposta di registro di 200 euro, oltre a sanzioni nella misura del 30% e interessi, per le clausole penali presenti nel contratto di locazione già assoggettato a imposta di registro. L'ufficio, con il proprio atto impositivo, aveva considerato la clausola penale, evidenziata nel contratto di affitto, quale condizione sospensiva da registrarsi con il pagamento di un'imposta fissa, pari a 200 euro, ai sensi degli artt.21 e 27 del D.P.R. n.131/1986. La società ha impugnato l'atto eccependo l'illegittimità della pretesa per violazione dell'art. 21 del D.P.R. n.131/86, sostenendo la non tassabilità, ex art.21 T.U.R., delle clausole inserite nel contratto in quanto non aventi carattere autonomo ma di fatto accessorie al vincolo contrattuale principale. Nonostante le proteste della ricorrente la Commissione tributaria provinciale ha respinto il ricorso, perché la clausola penale è soggetta ad imposizione fissa, ex art.21 T.U.R., in quanto derivante dalla libera volontà delle parti, ed equiparata ad una disposizione soggetta a condizione sospensiva, con tassazione dell'imposta fissa di 200 euro sugli atti e dell'imposta proporzionale nella misura del 3% (al netto dei 200 euro già versati) al momento dell'eventuale verificarsi della condizione.

La Commissione ha affermato che nella fattispecie la previsione pattizia sia dell'obbligo di corresponsione di interessi di mora con maggiorazione, sia del pagamento di una somma in caso di violazione del divieto di sublocazione ha fonte negoziale e non legale. Tali clausole, così rafforzative, potevano anche essere tralasciate, quindi il fatto di averle inserite nel corpo del contratto comporta il pagamento dell'imposta fissa. L'ufficio non ha contestato la legittimità di tali clausole, ma ne ha previsto semplicemente l'autonoma tassabilità. Ne consegue che la clausola penale volontariamente introdotta dalle parti rientra fra le clausole accessorie a contenuto patrimoniale non connesse, essendo dotata di propria causa e propri effetti ulteriori rispetto al contratto, quindi ha natura autonoma e, di conseguenza, soggiace alle regole generali in materia di imposta di registro.

Diverso è il caso in cui la clausola penale è apposta per obbligo di legge e non per volontà delle parti, perché in tal caso rimane la tassazione unitaria dell'atto, come da consolidato orientamento dei giudici di legittimità.

Con la seconda sentenza, invece, i giudici si sono espressi nel senso che la clausola penale del contratto di locazione, la quale stabilisce che, in caso di omesso pagamento del canone, il conduttore deve corrispondere le somme non versate maggiorate degli interessi a un tasso superiore a quello legale, non va tassata autonomamenteNella fattispecie la controversia è sorta dall'impugnazione di un avviso di liquidazione dell'imposta di registro di 200 euro relativa alla clausola di un contratto di locazione che stabiliva il pagamento da parte del conduttore degli interessi di mora pari al tasso legale maggiorato di due punti sui canoni non pagati. L'Agenzia delle Entrate, in tal caso, ha ritenuto tassabile la clausola autonomamente dal contratto, ai sensi dell'art.21, comma 1, T.U.R. poiché, se un atto contiene più disposizioni, che per loro intrinseca natura non derivano necessariamente le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta a imposta come se si trattasse di un atto distinto. Secondo il ricorrente la norma di riferimento va, invece, individuata nell'art.21, comma 2, T.U.R. cioè quando le disposizioni dell'atto discendono le une dalle altre l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all'imposizione più onerosa. La Commissione tributaria provinciale, pertanto, ha accolto il ricorso della parte affermando che l'art.21 si riferisce al concetto unitario di negozio giuridico e non alle singole obbligazioni che trovano la loro fonte unitaria nell'atto e, in quanto tali, non possono sopravvivere autonomamente e non costituiscono atto tassabile. 

Conseguentemente, la stessa ha annullato l'avviso di liquidazione perché ha ritenuto priva di autonomia, tale da giustificarne la tassazione, la clausola della corresponsione di interessi maggiorati in caso di omesso versamento dei canoni di locazione.

 

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