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Licenziamento disciplinare e immutabilità della contestazione, i distinguo della Cassazione

In ordine al licenziamento disciplinare, la violazione del principio di immutabilità della contestazione non può essere ravvisato in ogni ipotesi di divergenza tra i fatti posti alla base della contestazione iniziale e quelli a fondamento della misura disciplinare, ma solo nel caso in cui da ciò in concreto derivi una violazione del diritto di difesa del lavoratore.
Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione con Sentenza n. 22127 del 2016, pronunciandosi in ordine al ricorso azionato per la cassazione della sentenza della Corte d´appello di Venezia, che aveva confermato la pronuncia del Giudice di prime cure, respingendo la domanda proposta da un lavoratore nei confronti della ditta datrice di lavoro al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogato per giusta causa.
La pronuncia del giudice d´appello e della Cassazione
I Giudici territoriali non avevano riscontrato alcun vizio sotto il profilo formale, giudicando il provvedimento espulsivo perfettamente rituale, e non attribuendo alcuna specifica sostanziale importanza alla circostanza che il lavoratore si fosse assentato a seguito di comportamenti vessatori posti in essere nei suo confronti, e al fatto che si fosse dichiarato disponibile a rientrare solo a seguito della cessazione di tali comportamenti.
Secondo i Supremi Giudici, cui il dipendente si era rivolto per la cassazione della sentenza della Corte territoriale, nessuna illegittimità poteva dirsi sussistente nella sentenza gravata, a partire dalla prospettata violazione del principio di immutabilità della contestazione disciplinare. Infatti, non era stata di fatto apportata alcuna modifica all´addebito disciplinare, nè era dato riscontrare alcuna lesione del diritto di difesa del lavoratore.
Nonostante tra l´invio della comunicazione con cui il lavoratore aveva comunicato le ragioni della sua assenza e la contestazione della società fossero trascorsi solo 2 giorni di assenza (e non 4 come previsto dal CCNL di riferimento al fine della regolarità del licenziamento) - ha rilevato la Sezione - era pur vero che lo stesso provvedimento espulsivo sarebbe stato comunque giustificato in considerazione dei giorni poi trascorsi tra contestazione e licenziamento.
In ordine al licenziamento disciplinare, hanno precisato i Supremi Giudici, la violazione del principio di immutabilità della contestazione non può essere ravvisato in ogni ipotesi di divergenza tra i fatti posti alla base della contestazione iniziale e quelli che sorreggono il provvedimento disciplinare, ma solo nel caso in cui da ciò in concreto derivi una violazione del diritto di difesa del lavoratore per essere intervenuta una sostanziale mutazione del fatto addebitato, che si realizza quando il fatto di riferimento sia talmente diverso da quello posto a fondamento della sanzione da menomarne concretamente il diritto di difesa.
L´oggetto della contestazione, hanno concluso pronunciando nel caso in esame, non muta nella sua essenza potendosi serenamente ravvisare nell´assenza ingiustificata dal lavoro.
Alla luce di tali considerazioni, i Giudici hanno rigettato il ricorso.
Sentenza allegata
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