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Confisca e reati tributari, accordo con fisco non vincolante per giudice penale

Confisca e reati tributari, accordo con fisco non vincolante per giudice penale

Con la sentenza in commento, la n. 50157 del 2018, la Corte di Cassazione ribadisce il principio di separazione e autonomia tra giudizio penale e giudizio tributario, ma, allo stesso tempo, valorizza e richiede una congrua motivazione affinché il giudice penale possa discostarsi dalla determinazione dell'imposta evasa contenuta nell'accordo tra contribuente e fisco.

Nel caso arrivato fino all'esame della Corte, agli imputati era stato applicato un sequestro finalizzato alla confisca per equivalente pari alla somma pretesamente evasa.

I ricorrenti, a seguito della conclusione di un accorso conciliativo con l'Agenzia delle Entrate, avevano domandato la riduzione del sequestro cui erano stati sottoposti i loro beni in misura corrispondente alla differenza tra imposta pretesamente evasa, come oggetto di contestazione provvisoria, e quella definita sulla base del sopra ricordato accordo con l'Agenzia.

Il tribunale cautelare aveva però respinto l'istanza ritenendo che la riduzione potesse essere disposta solo a seguito dell'effettivo versamento di quanto dovuto e che in ogni caso la determinazione dell'imposta evasa spettasse al giudice penale, il quale non era tenuto ad uniformarsi né all'accertamento dell'amministrazione finanziaria, né a quello del giudice tributario. 

Nel dettaglio, i giudici ricordavano come il d.lgs. 74/2000 all'art. 12 bis co. 2 non precludesse l'adozione del sequestro o della confisca, neppure in caso di accordo conciliativo, ma comportasse la sola inefficacia della misura cautelare in presenza del versamento effettivo delle imposte. 

Specificavano tuttavia che il sequestro sarebbe divenuto via via inefficace (e di rimando anche la confisca) in funzione del pagamento rateale effettuato dal contribuente in forza dell'accordo.

Avverso tale decisione proponevano ricorso per Cassazione gli imputati sul rilievo che il Tribunale aveva errato nell'escludere la riduzione del sequestro in presenza dei sopraricordati accordi conciliativi e che il giudice non avrebbe potuto disporre un sequestro in misura eccedente rispetto all'impegno assunto con l'Amministrazione finanziaria poiché, se è vero che il giudice penale ha il potere di autonoma individuazione dell'imposta, occorre comunque una congrua motivazione. 

Errata sarebbe stata anche la motivazione del provvedimento impugnato laddove aveva escluso di poter attribuire rilievo agli intervenuti accordi con l'amministrazione avendo ritenuto che  il sequestro avrebbe potuto essere ridotto solo dopo l'integrale pagamento delle somme previste dai suddetti accordi, omettendo di considerare il carattere novativo degli stessi.

Secondo i contribuenti, la novazione dell'obbligazione tributaria, infatti, avrebbe dovuto comportare la conseguente riduzione del sequestro.

La corte ritiene il ricorso fondato proprio in punto di motivazione. 

Sotto il primo profilo riguardante il rapporto tra la confisca e l'accordo con l'erario, la Corte osserva che la confisca non opera solo per la parte che il contribuente si impegna a versare.

Ciò non si significa che non possa essere disposta anche in questi casi, ma che produrrà effetti solo se si realizzerà l'evento futuro del mancato pagamento del debito sulla base dell'accordo del contribuente con l'amministrazione finanziaria.

Solo con l'integrale pagamento del debito tributario, invece, venendo ogni indebito vantaggio, il successivo provvedimento ablatorio rappresenterebbe una duplicazione della sanzione.

Con riguardo, invece, alla determinazione della somma da poter sottoporre a sequestro, essa spetta nella sua quantificazione al giudice penale con una verifica che si può sovrapporre con quella effettuata dal giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria.

Tale considerazione trova il suo fondamento nel principio dell'autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale.

Ad ogni modo, però, conclude la Corte "in presenza di accordi conciliativi del contribuente con l'erario, il giudice non può non considerare l'intervenuto accordo sull'ammontare dell'imposta evasa e, per discostarsi dall'ammontare come individuato in sede amministrativa, deve darne congrua motivazione."

Nel caso di specie tale congrua motivazione non vi è stata. 

Di talchè la Corte cassa la decisione e la rinvia per un nuovo esame al Tribunale.

 

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