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Commette violenza privata chi parcheggia la propria auto davanti al cancello di altri

Commette violenza privata chi parcheggia la propria auto davanti al cancello di altri

 Interessante sentenza della Corte di Cassazione che con la sentenza n. 40482 del 12 settembre 2018 emessa dalla Quinta Sezione Penale ha chiarito che impedire alla parte offesa di potere liberamente transitare dal cancello di una proprietà ostacolandone l'apertura con il parcheggio della propria auto, costituisce reato di violenza privata, in quanto l'elemento della violenza richiesto dall'art. 610 cod. pen. si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di  autodeterminarsi.

I Fatti

La Corte di Appello di Palermo pronunciava sentenza con la quale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trapani, riconosceva colpevole del delitto di violenza privata l'imputato che era stato chiamato a rispondere del reato di violenza privata, in quanto, per alcuni giorni, aveva parcheggiato la propria auto davanti al cancello posto sul limitare della proprietà di altra persona impedendone la chiusura e sedendo in prossimità dei battenti .

Tale condotta era stata posta in essere dall'autore del reato al fine di opporsi ad una attività di spoglio posta in essere dalla persona offesa di una situazione di possesso di una servitù di passaggio vantata dall'imputato, esercitata da esso ricorrente attraverso il cancello del quale si era impedita la chiusura.

Avverso la sentenza di riconoscimento della responsabilità penale della condotta posta in essere dall'imputato, veniva proposto ricorso per cassazione deducendo il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 610 cod. pen., e vizio motivazionale da travisamento della prova, in quanto nel caso di specie non poteva dirsi che si fosse integrato l'elemento della violenza nella condotta posta in essere dal ricorrente .

 Con il ricorso proposto la difesa dell'imputato deduceva inoltre il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 54 e 392 cod. pen., e vizio di motivazione, dovendosi censurare l'error iuris, indotto da un travisamento della prova, consistito nella mancata derubricazione del fatto ritenuto in sentenza nel delitto di esercizio arbitrario delle private ragioni con violenza sulle cose.

La difesa infine deducevail vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 62-bis e 99 cod. pen., e vizio in quanto, la valutazione complessiva del fatto avrebbe imposto il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche addirittura in regime di prevalenza.

Motivazione

I giudici della Quinta Sezione hanno considerato infondati i motivi del ricorso che è stato pertanto rigettato.

I giudici della Corte hanno affermato che con riferimento al requisito dell'elemento della violenza che deve accompagnare condotta richiesto dalla norma incriminatrice, lo stesso va identificato " in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione» (Sez. 5, n. 4284 del 29/09/2015 - dep. 02/02/2016, G, Rv. 266020; Sez. 5, n. 11907 del 22/01/2010, Cavaleri, Rv. 246551; Sez. 5, n. 1195 del 27/02/1998, PG in proc. Piccinin ed altri, Rv. 211230). A partire da tale principio, che coglie il nucleo dello specifico disvalore del fatto incriminato, si sono fatte discendere le massime di orientamento che ben si attagliano al caso scrutinato — nel quale si è registrata una forza intimidatrice correlata ad un'azione ostruzionistica messa in atto dall'imputato, priva dei connotati della violenza o della minaccia stricto sensu — secondo le quali integra il delitto di violenza privata «la condotta di colui che occupa il parcheggio riservato ad una specifica persona invalida in ragione del suo "status", impedendone l'accesso, e, quindi, privandola della libertà di determinazione e di azione» (Sez. 5, n. 17794 del 23/02/2017, Milano, Rv. 269713) o «che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l'accesso alla parte lesa>> (Sez. 5, n. 8425 del 20/11/2013 - dep. 21/02/2014, Iovino, Rv. 259052; Sez. 5, n. 8425 del 20/11/2013 - dep. 21/02/2014, Bruggher, Rv. 259052)".


L'elemento della violenza è stato riconosciuto anche nella condotta di colui che «nell'ambito di manifestazioni di protesta per l'esecuzione di un'opera pubblica, impedisce agli operai incaricati di svolgere i lavori previsti, frapponendosi all'accesso ai macchinari con comportamenti tali da bloccarne l'utilizzo da parte loro>> (Sez. 5, n. 48369 del 13/04/2017, Ciartano e altri, Rv. 271267.

L'elemento della violenza dovrà  quindi dirsi esistente, tutte le volte che si mette in atto una condotta idonea e finalizzata ad esercitare una coazione sulla persona offesa,che per l'effetto vede condizionata e limitata la sua libertà di autodeterminazione.

I giudici della Quinta Sezione inoltre hanno ribadito che nel caso di specie non ricorre il delitto di ragion fattasi ma quello di violenza privata in quanto l' attività costrittiva messa in atto dall'imputato non corrisponde al contenuto del possibile esercizio del potere giurisdizionale.. (Sez. 6, n. 21197 del 12/02/2013, Domenici, Rv. 256547; Sez. 5, n. 38820 del 26/10/2006, Baratteli e altri, Rv. 235765; Sez. 5, n. 2164 del 20/01/1998, Ottaviano, Rv. 209812).

Per tali ragioni il ricorso è stato respinto

Si allega sentenza

 

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