Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Chi rinuncia all’eredità può essere soggetto ad accertamento fiscale?

Chi rinuncia all’eredità può essere soggetto ad accertamento fiscale?

Riferimenti normativi: Art.519 c.c.- Art.521 c.c.- Art.65 D.P.R.n.600/73

Focus: Il chiamato all'eredità risponde dei debiti fiscali del de cuius nel periodo intercorrente tra l'apertura alla successione e la rinuncia all'eredità?

Principi generali: All'apertura della successione il chiamato all'eredità può accettare o rinunciare all'eredità. L'accettazione può aver luogo espressamente o tacitamente attraverso atti da cui si presume la volontà di subentrare nella posizione giuridica del defunto. La rinuncia all'eredità, invece, deve essere esercitata con una dichiarazione espressa, resa dinanzi ad un notaio o presso la cancelleria del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, di voler rinunciare all'eredità ( artt. 519 e ss.) e di non subentrare nella posizione giuridica del de cuius. Inoltre, ai sensi dell'articolo 521, primo comma, del codice civile, "chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato", quindi perde la qualità di erede fin dall'inizio in quanto la rinuncia opera retroattivamente. 

Nel momento in cui manifesta la volontà di rinunciare il chiamato all'eredità non risponderà dei debiti del de cuius né acquisirà i creditiNonostante ciò l'Amministrazione finanziaria, ritenendo fittizia la rinunzia all'eredità, può emettere avviso di accertamento nei confronti del rinunciante chiamandolo a rispondere dei debiti del de cuius. E' legittimo, in tal caso, il provvedimento dell'Amministrazione finanziaria? La Corte di Cassazione si è pronunciata in materia con Ordinanza n.21006 del 22/07/2021Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate aveva notificato ai pretesi eredi del contribuente deceduto, titolare di una ditta individuale cessata alla sua morte, un avviso di accertamento per il recupero di IRES, IRAP e IVA, relative all'anno d'imposta 2005, e ciò in relazione ad una fattura emessa per l'importo imponibile di Euro 250.000,00. I presunti eredi avevano impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale l'avviso di accertamento ma il ricorso era stato rigettato con sentenza che è stata impugnata dai ricorrenti dinanzi alla Commissione tributaria regionale. Il giudice di seconde cure aveva accolto l'appello riformando la sentenza di primo grado ed osservando che poiché gli appellanti avevano rinunciato all'eredità, non essendo la rinuncia preclusa dalla presentazione della dichiarazione di successione, essi non potevano essere considerati eredi. L'Agenzia delle Entrate ricorreva, di conseguenza, dinanzi ai giudici di legittimità osservando che anche se gli appellanti avevano dichiarato di rinunciare all'eredità, avrebbero, comunque, potuto revocare la rinuncia, ai sensi dell'art. 525 c.c., entro il termine per accettare l'eredità stessa, cioè entro dieci anni dall'apertura della successione, sempre che non via sia stata l'accettazione da parte di altri chiamati.


La rinuncia, perciò, non poteva essere opposta all'Agenzia per delegittimare l'atto impositivo impugnato e, quindi, i giudici di secondo grado avevano errato nel non considerare che la rinuncia non può considerarsi definitiva. Pertanto, la sola chiamata all'eredità sarebbe stata sufficiente per configurare la soggettività passiva del chiamato. La Suprema Corte ha ritenuto infondata la tesi dell'Agenzia delle Entrate in quanto l'effetto derivante dalla dichiarazione di rinuncia è immediato e consiste nella decadenza dal diritto di accettare e nella devoluzione dell'eredità ad un successibile di grado posteriore. Vero è che il rinunziante può, entro il termine di dieci anni dalla morte del de cuius, revocare la rinuncia, con effetto ex tunc (art. 459 c.c.), accettando l'eredità e succedendo al predetto a titolo universale, ma solo qualora non via stata accettazione da parte del nuovo chiamato che in tal modo abbia definitivamente acquistato l'eredità. Da ciò consegue che il chiamato all'eredità, che non abbia accettato e che vi rinunci, non può essere considerato in alcun modo titolare della soggettività passiva rispetto ai debiti del de cuius, neanche in ambito tributario. Del resto, ciò si evince anche dal disposto dell'art.65, comma 1, del D.P.R. n. 600/73 che individua gli eredi del contribuente quali soggetti tenuto in solido al pagamento delle imposte gravanti sul de cuius. La Suprema Corte, in conclusione, ha rigettato il ricorso ed ha ribadito il principio già affermato dalla sentenza della Cassazione n. 15871/2020, secondo cui "Il chiamato all'eredità, che abbia ad essa validamente rinunciato, non risponde dei debiti tributari del de cuius, neppure per il periodo intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia, neanche se risulti tra i successibili ex lege o abbia presentato la dichiarazione di successione (che non costituisce accettazione), in quanto, avendo la rinuncia effetto retroattivo ex art. 521 c.c., egli è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra successibili" (Cass. 13639/2018). 

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Processo civile: CTU cinematica e i limiti del pot...
Appalti pubblici: la terza classificata può impugn...

Forse potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca nel sito