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Cassa Forense. Applicazione dell'Irap agli studi legali

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Fonte: https://www.cassaforense.it/

In questo articolo parleremo dell'applicazione dell'Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) agli studi legale alla luce delle novità normative e giurisprudenziali che hanno interessato negli ultimi anni gli esercenti la professione forense. Diversi sono gli interrogativi che possono sorgere sull'argomento, ad esempio se un avvocato ha più collaboratori o è titolare di più studi legali o condivide lo studio con altri colleghi è automaticamente sottoposto a IRAP?

L'IRAP è un "tributo proprio derivato" istituito e regolato dalla legge dello Stato, il cui gettito è attribuito e garantisce l'autonomia finanziaria alle Regioni, le quali devono esercitare la propria autonomia impositiva entro i limiti stabiliti dalla legge statale.

Tale tributo, che viene pagato sul costo del lavoro, è pienamente deducibile dal reddito IRPEF o IRES in proporzione alla quota imponibile riferita al lavoro dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi del D. Lgs. n.446/1997 istitutivo dell'IRAP. Si tratta di un'imposta proporzionale sulla produzione netta che tiene conto sostanzialmente dei compensi da cui vengono detratte le spese e sui quali viene applicata un'aliquota fissa e un coefficiente aggiuntivo (massimo dello 0,92%) che varia a seconda della Regione in cui viene svolta l'attività (art. 16, comma 3, del D. Lgs. n.446/1997).

L'applicazione dell'IRAP agli studi legali è diversa a seconda che l'attività professionale sia svolta in maniera individuale o associata. Infatti, l'elemento distintivo che dà luogo all'applicazione del tributo è la presenza di un'attività organizzata, che costituisce quel valore aggiunto rispetto all'attività professionale. 

​In mancanza di specifiche disposizioni legislative, la Corte di cassazione ha espresso il principio in base al quale l'IRAP colpisce un reddito che contenga una parte di profitto derivato da una struttura organizzativa estesa. Infatti, il presupposto dell'IRAP è l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi (art.2 D. Lgs. n.446/1997).

Per quanto riguarda coloro che svolgono la professione forense che si avvalgono delle prestazioni di terzi collaboratori, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che:

  • la verifica del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione richiede un esame dell'apporto concreto di tali prestazioni all'effettivo svolgimento dell'attività professionale del contribuente (Cass. 17/04/2018, n. 9431, Cass. 24/01/2017, n. 1820);
  • "l'impiego non occasionale di lavoro altrui, quale elemento significativo dell'esistenza di un'autonoma organizzazione – che costituisce, a sua volta, presupposto dell'imposta – può essere desunto dai compensi corrisposti a terzi, purché correlati allo svolgimento di prestazioni non occasionali, afferenti all'esercizio dell'attività del soggetto passivo" (Cass. 29/10/2018, n. 27423 del 2018; Cass. 7/08/2019, n. 21068);
  • "L'impiego non occasionale di lavoro altrui (...) sussiste se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti l'esercizio della propria attività, restando del tutto indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un'associazione professionale (Cass. 15/10/2021, n. 28341);
  • "In tema d'IRAP, non sono indicativi del presupposto dell'autonoma organizzazione i compensi corrisposti da un avvocato per le domiciliazioni presso i colleghi, trattandosi di prestazioni strettamente connesse all'esercizio della professione forense, che esulano dall'assetto organizzativo della relativa attività ovvero i compensi corrisposti a colleghi del professionista in caso di sostituzioni oppure a consulenti esterni, in quanto trattasi di esborsi che non rilevano di per sé a fini Irap" (Corte di Cassazione, Civile, Sezione TRI, Ordinanza del 26 maggio 2023, n. 14772).

 Studi legali individuali. La legge di bilancio 2022 ha abolito l'IRAP a carico degli avvocati titolari di partita IVA individuale, per cui l'imposta permane solo per i legali che esercitano l'attività in forma associata o societaria, quali gli studi associati e le Società tra Avvocati (art. 1 comma 8 Legge 30 dicembre 2021, n. 234). Tale previsione normativa non ha effetto retroattivo per i periodi d'imposta anteriori al 1° gennaio 2022, data di entrata in vigore della norma. Al riguardo il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha evidenziato che:

  • "la riforma non determina una disparità di trattamento rispetto alla situazione pregressa poiché rientra nella piena discrezionalità del legislatore modificare le disposizioni sulla base dei mutati obiettivi che si pone";
  • "anche prima della legge di bilancio 2022 le persone fisiche che svolgevano la propria attività in assenza di autonoma organizzazione, di fatto, erano già escluse dal tributo (...) ancorché dovessero dimostrare, ove richiesto, l'assenza del presupposto secondo i criteri delineati dalla giurisprudenza" (risposta al question time n.5-07710 del 16 marzo 2022).

Da quanto detto discende che, ferma restando l'abolizione dell'IRAP per gli studi individuali, gli avvocati che si avvalgono di collaboratori non devono necessariamente essere considerati dotati di organizzazione e per questo soggetti all'IRAP, in quanto l'incidenza dell'apporto dei collaboratori deve essere valutato caso per caso, per cui resta attuale il tema probatorio relativo all'organizzazione dello studio e alla produzione del reddito da parte dei singoli soci e collaboratori.


 

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