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Bando di gara, servizi legali. Tar Lazio: nullo se manca pubblicazione del disciplinare

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È viziato il bando di gara avente ad oggetto l'affidamento del servizio di patrocinio legale di una pubblica amministrazione, relativamente al contenzioso civile, amministrativo, tributario, penale e stragiudiziale, compreso quello dinanzi alle Magistrature Superiori, se manca la pubblicazione del capitolo degli oneri, contenente l'illustrazione delle modalità con cui il servizio su indicato deve essere prestato.

E ciò in considerazione del fatto che detta mancanza impedisce ai professionisti di comprendere l'oggetto dell'attività richiesta dall'Amministrazione.

Questo è quanto ha statuito il Tar Lazio con sentenza n. 8730 del 3 luglio 2019.

Ma vediamo la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

La ricorrente ha agito in giudizio per chiedere, previa sospensione dell'efficacia, l'annullamento del bando di gara della P.A., avente ad oggetto l' "Affidamento servizio patrocinio legale dell'ente relativamente al contenzioso civile, amministrativo, tributario, penale e stragiudiziale, compreso (quello dinanzi alle) Magistrature Superiori " con procedura aperta ex art. 60 d.lgs. n. 50/2016, con aggiudicazione all'offerta economicamente più vantaggiosa.

Orbene, secondo la ricorrente, tale atto è illegittimo per:

  • incompletezza della documentazione;
  • indeterminatezza dell'oggetto della prestazione di cui al servizio da affidarsi.

In buona sostanza, l'illegittimità del bando in questione, a dir della ricorrente, deriverebbe principalmente dalla mancanza della pubblicazione del capitolato degli oneri. Una mancanza, questa, che avrebbe reso «impossibile ai concorrenti che avessero avuto intenzione di partecipare di procurarsi gli elementi conoscitivi indispensabili sul servizio per formulare le loro offerte».

La ricorrente, inoltre, lamenta che la P.A., con detto bando, ha:

  • violato la normativa a garanzia dell'equo compenso per i professionisti;
  • inserito nello stesso clausole vessatorie e con l'effetto distorsivo sulla concorrenza atteso che mirano a«richiedere ai concorrenti la produzione di un'attestazione da parte di un istituto di credito sulla loro capacità economico-finanziaria e di dotarsi di una copertura assicurativa»;
  • inserito tra i requisiti di partecipazione l'iscrizione all'albo per il patrocinio dinanzi alle Giurisdizioni Superiori. Detto requisito, penalizzerebbe i giovani avvocati e darebbe luogo a una disparità di trattamento.

Tali censure sono state ritenute parzialmente fondate dal Tar Lazio.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico dei Giudici amministrativi.

La decisione del Tar.

Innanzitutto il Tar fa rilevare che non è sufficiente, per un bando di gara, il solo semplice richiamo del disciplinare. E ciò soprattutto ove quest'ultimo non sia stato reso disponibile unitamente agli altri atti della lex specialis, non consentendo ai partecipanti, entro i termini, di prenderne visione per la formulazione delle offerte. 

 Una mancanza, quella dell'omessa pubblicazione del capitolato degli oneri che, secondo i Giudici amministrativi:

  • mina il regolare svolgimento della gara;
  • impedisce ai professionisti di comprendere l'oggetto dei servizi richiesti dall'amministrazione;
  • impedisce ai concorrenti una partecipazione consapevole alla gara;
  • inficia l'intera procedura in quanto viene meno «qualsiasi descrizione dei servizi legali oggetto dell'appalto e delle modalità attraverso cui il professionista vincitore deve prestare la sua attività».

Da tanto, appare evidente che il capitolato degli oneri è un atto essenziale per una gara.

Con l'ovvia conseguenza che, quando lo stesso non è reso disponibile in tempo utile, inficia il bando di gara che andrà annullato. Questo basta, a parere dei Giudici amministrativi, per accogliere la censura relativa alla mancata pubblicazione del bando e per ritenere fondato il ricorso. Infatti, a loro dire, gli altri motivi di annullamento proposti dalla ricorrente sono irrilevanti e infondati. E ciò in considerazione del fatto che le altre censure risultano essere state «espresse in modo del tutto generico e astratto, in rapporto alla pretesa violazione della disciplina sul giusto compenso, sul carattere sproporzionato e vessatorio delle attestazioni richieste e delle clausole previste e sulla natura asseritamente discriminatoria del requisito dell'abilitazione al patrocinio dinanzi alle Giurisdizioni Superiori, corrispondendo tale previsione, in realtà, ad una comprensibile necessità dell'Ente e potendo i professionisti più giovani ovviare alla mancanza di tale requisito eventualmente concorrendo in forma associata».

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte e nei limiti di cui sopra, il Tar Lazio ha accolto il ricorso.

 

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