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Avvocati: la rilevanza deontologica della mancata o ritardata restituzione dei documenti al cliente

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Il dovere di restituzione della documentazione al cliente: conseguenze in caso di violazione

Tra i doveri che incombono sull'avvocato rileva menzionare quello della restituzione della documentazione ove richiesta dal cliente o dalla parte assistita [1]. In buona sostanza, il professionista, ogni qualvolta la parte ne faccia richiesta, deve procedere alla «consegna di copia di tutti gli atti e i documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l'oggetto del mandato e l'esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale che giudiziale», ad eccezione della corrispondenza riservata scambiata con i colleghi secondo il disposto di cui all'art. 48, terzo comma, del codice deontologico forense. Il dovere di restituzione in questione deve essere assolto senza ritardo e perché possa essere ritenuto adempiuto non è sufficiente:

  • «lasciare la documentazione stessa nel proprio studio a disposizione del cliente», in considerazione del fatto che il verbo "restituire" «implica una condotta attiva da parte del professionista e non già la semplice messa a disposizione» (CNF, sentenza n. 87/2015). La semplice messa a disposizione non implica l'assolvimento del dovere in esame soprattutto ove, di fatto, sia impedita la materiale apprensione della documentazione (CNF, sentenza n. 257/2017);
  • depositare la predetta documentazione presso la sede dell'Ordine degli Avvocati affinché quest'ultimo provveda alla riconsegna (CNF, sentenza n. 100/2013).

La violazione del dovere di restituzione comporta l'applicazione della sanzione dell'avvertimento e ciò anche ove il professionista «abbia provveduto a riconsegnare la documentazione a seguito della formale diffida impartita dall'Ordine e, con colpevole ritardo, dopo ben oltre tre mesi dalla rinunzia al mandato, a nulla rilevando il fatto che il comportamento tenuto dall'avvocato non abbia di fatto danneggiato i clienti, non incorsi in decadenze o preclusioni di sorta» (CNF, sentenza n. 104/2011). 

La documentazione va consegnata anche quando il cliente non abbia corrisposto le spese legali (CNF, sentenza n. 257/2017). In tale ipotesi, se l'avvocato subordina la consegna della documentazione al pagamento delle sue spettanze, incorrerà in un illecito deontologico sanzionabile con la censura. Infatti è «estremamente disdicevole e lesivo della reputazione e dignità dell'ordine forense condizionare la restituzione di atti e documenti al pagamento di sia pur dovute spettanze professionali, in quanto l'ordinamento della professione forense non prevede un diritto di ritenzione». Nell'ipotesi in cui il cliente sia inadempiente, l'avvocato può avvalersi di tutti mezzi previsti dalla legge e dall'ordinamento professionale per il soddisfacimento del proprio credito (CNF, sentenza, n. 20/2008).

Il dovere di restituzione della documentazione nella prassi

Si ritiene che:

  • adotta una condotta rilevante sotto il profilo deontologico, «l'avvocato che, pur dopo la revoca del mandato, richieda e trattenga le copie autentiche con formula esecutiva della sentenza pronunziata in favore del cliente, così contravvenendo sia all'obbligo di adoperarsi affinché la successione nei mandati avvenga senza danni per l'assistito, sia all'obbligo di restituzione senza ritardo dei documenti, in tal modo precludendo o comunque rendendo più difficoltosa e onerosa la prosecuzione della difesa e, in particolare, l'esecuzione del titolo» (CNF, sentenza n. 171/2010);
  • «l'avvocato che ritardi nella restituzione dei documenti al collega subentrato nella difesa e alla parte stessa pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e probità a cui ciascun professionista è tenuto»(CNF, sentenza n. 82/2007);
  • «nel caso in cui il comportamento deontologicamente rilevante consista in una condotta omissiva protratta nel tempo, tale da assumere i connotati della continuità e della permanenza, la decorrenza del termine di prescrizione dell'azione disciplinare non comincia a decorrere se non quando sia cessata la permanenza stessa». Nella specie il professionista aveva omesso di dare esecuzione al mandato e di restituire la documentazione al cliente (CNF, sentenza n. 201/2012);
  • l'omessa restituzione della documentazione al cliente costituisce illecito disciplinare, salve le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore (CNF, n. 204/2016);
  • «la parte assistita che abbia revocato il mandato al difensore ha interesse a disporre di tutto quanto rileva ai fini di una eventuale prosecuzione del giudizio o per la proposizione eventuale di impugnazioni, ovvero, in ogni caso, a conservare i documenti relativi alle questioni controverse per eventuali future necessità». Ne consegue che la parte assistita ha diritto alla restituzione di tutta la documentazione pertinente all'incarico conferito all'avvocato, senza alcuna distinzione tra atti, documenti e fascicoli (CNF, sentenza n. 135/2008).


Note

[1] Art. 33 Codice deontologico forense:

«1. L'avvocato, se richiesto, deve restituire senza ritardo gli atti e i documenti ricevuti dal cliente e dalla parte assistita per l'espletamento dell'incarico e consegnare loro copia di tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l'oggetto del mandato e l'esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale che giudiziale, fermo restando il disposto di cui all'art. 48, terzo comma, del presente codice. 2. L'avvocato non deve subordinare la restituzione della documentazione al pagamento del proprio compenso. 3. L'avvocato può estrarre e conservare copia di tale documentazione, anche senza il consenso del cliente e della parte assistita. 4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare dell'avvertimento. La violazione del divieto di cui al comma 2 comporta l'applicazione della censura». 

 

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