La Cassa Forense ha reso note le statistiche sui redditi degli avvocati nell´anno solare 2015. Il quadro è allarmante: ben il 25% ha dichiarato un reddito di circa 800 euro/mese mentre 1 avvocato su 6 non ha alcun reddito o ci rimette.
In particolare, secondo le statistiche di Cassa Forense, su un totale di circa 240mila avvocati, 60 mila non superano 10.300 euro l´anno, 40mila 20mila. In 20 mila hanno un reddito pari a zero ed altrettanti non hanno neppure trasmesso a Cassa la dichiarazione annuale, sottraendosi quindi anche al paganento del minimale contributivo, ma certamente non per loro colpa.
Permangono le classiche, profonde differenziazioni territoriali: i professionisti del Nord hanno un reddito di 55.559 euro, quelli del Centro di 42.512 euro e quelli del Sud di 22.822 euro.
Dati addirittura peggiorativi rispetto a quelli del 2014. Lì, la parte emergente e visibile era infatti il 10% della massa totale, mentre gli avvocati con redditi a cinque zeri erano solo il 7,5%, cui affluiva il 48,5% del reddito imponibile Irpef della totalità degli avvocati. Di contro, gli avvocati che in quell´anno guadagnavano meno di 19.857 euro (ammontare che li condanna al pagamento del minimale di cassa a prescindere dal reddito effettivo) erano il 56,20%, portando a casa solo l´11,5% del reddito totale.
I dati sono stati commentati da Cristian Perniciaro della CGIL nazionale che ha affermato a Rassegna.it: "Parliamo di autonomi, di contrattazione individuale di tariffe e corrispettivi, parliamo di quella libera contrattazione che per anni ha fatto arricchire gli avvocati fino ad autorizzare quei luoghi comuni di cui abbiamo parlato all´inizio. Ma è un´evidenza, ormai, che questa modalità di distribuzione del reddito provoca una gran massa di esclusi, di poveri, di vite permanentemente precarie. Parliamo di 120 mila avvocati che si barcamenano con redditi medio-bassi, a volte da fame, e che spesso sono formalmente autonomi in monocommittenza, ma lavorano all´interno di studi professionali in cui si perpetra uno sfruttamento legalizzato.
Senza contare che manca, per questi professionisti che vengono definiti avvocati "sans papier", la possibilità di richiedere la subordinazione anche a fronte della presenza di tutti i parametri necessari, perché la professione di avvocato e l´iscrizione all´ordine sono incompatibili con lo svolgimento di lavoro subordinato o parasubordinato".
Non tutto, però, è perduto perchè è in fase di presentazione una proposta di legge che potrebbe essere d´aiuto:
"Le varie associazioni forensi, e in particolare gli interventi nelle riunioni della Consulta del lavoro professionale della confederazione dei rappresentanti di Mga, Mobilitazione generale degli avvocati, hanno contribuito a far assumere al sindacato questa nuova consapevolezza, che si è concretizzata con una proposta di legge – ormai prossima alla presentazione – finalizzata a . In coalizione con le associazioni forensi che condividono questa sensibilità (finora Associazione nazionale forense e Mga), proporremo il progetto ai lavoratori e chiederemo loro di firmarlo, perché il ruolo storico del sindacato è migliorare le condizioni materiali delle persone che lavorano, a prescindere – come ben chiariamo nella nostra proposta di Carta dei diritti – dall´attività svolta e dalla forma contrattuale".