Dopo la sentenza della Corte di Giustizia sul diritto al riconoscimento delle indennità di disoccupazione agli autonomi, e non solo ai lavoratori subordinati, che tra i primi abbiamo commentato, allegando anche il testo integrale, un´altra sentenza, questa volta di un Tribunale italiano, afferma un principio che, nella sua semplicità, è da considerarsi oltre modo corretto, pur se contrastante con decenni di costante giurisprudenza di legittimità e di merito, con una sentenza che costituisce un precedente e che apre la strada a centinaia di migliaia di lavoratori del settore privato, che negli ultimi cinque anni hanno perso il lavoro o sono transitati in trattamento di quiescenza, di poter richiedere all´impresa datrice di lavoro il pagamento di differenze retributive a qualsiasi titolo maturate, benché esse mai fossero state da loro richieste, neppure tramite una banalissima diffida o lettera raccomandata.
Si, perché il Tribunale fiorentino ha affermato, a chiare lettere, che dal momento della introduzione nell´ordinamento del Job Act della legge Fornero sono sostanzialmente e radicalmente diminuite le tutele dei lavoratori nei confronti del proprio datore di lavoro, e che pertanto può legittimamente ritenersi plausibile che, in presenza di azioni che abbiano lesi i propri diritti e prerogative, essi si siano astenuti dall´instaurare una causa nei confronti della parte datoriale per il timore di essere licenziati senza avere a disposizione adeguati strumenti di reazione legale. Pertanto, ha continuato in proposito il Tribunale, sarebbe impensabile, in questo quadro, consentire che tali diritti possono iscriversi nel corso del rapporto di lavoro, dovendosi optare per la preferibile tesi che il dies a quo della prescrizione decorra dal giorno successivo alla conclusione del rapporto di lavoro.
Una sentenza, come ben si comprende, che potrebbe insieme ad un´altra che l´ha preceduta, costituire il primo passo per una rivisitazione giurisprudenziale, e poi anche normativa, riguardo un caposaldo assoluto, almeno fino ad oggi, nel diritto del lavoro.
Ben al di là della specificità della vicenda, concretamente decisa con la sentenza in commento, la n. 25 del 2018, dal Tribunale di Firenze, che ha condannato Unicoop a risarcire i dipendenti delle festività del diritto al godimento delle quali essi erano stati illegittimamente privati dalla parte datoriale, ciò che più conta, come peraltro sottolineato da un documento redatto dall´Usb fiorentina, organizzazione sindacale che ha seguito e tutelato i lavoratori, i Giudici hanno accolto la tesi secondo cui "i crediti di lavoro non si prescrivono più durante il rapporto di lavoro, in quanto l´abbattimento delle tutele sopraggiunte negli ultimi anni con la legge Fornero prima e il Jobs Act dopo, rendono il lavoratore psicologicamente timoroso di fare causa".
Insomma, nel settore privato i crediti di lavoro non si prescrivono più, ma si può tornare indietro anche di dieci o quindici anni nel richiedere gli arretrati.
Un principio, comunque, che non costituisce se non un sostanziale ritorno ad un principio che appartiene al corpus giurisprudenziale elaborato, sebbene in anni non recent a partire da una fondamentale pronuncia della Corte Costituzionale la quale, con una storica sentenza di molti anni addietro, pronunciandosi in un momento storico certamente non caratterizzato da un ordinamento ispirato a tutele reali per i lavoratori, ebbe a dichiarare l´illegittimità costituzionale degli artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1 cod.civ. nella parte in cui consentivano che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorresse durante il rapporto. Un principio, ed orientamento, che fu superato solo successivamente, quando, in un´altra epoca storica e con l´introduzione di altri elementi normativi, quali la legge n. 604/1966 e l´art. 18 Stat.lav.) la Corte Costituzionale intervenne nuovamente, ribaltando il principio di cui si è detto e legando la decorrenza della prescrizione al regime di stabilità del rapporto di lavoro e quindi all´applicazione a quest´ultimo di una tutela reale o di una obbligatoria.
Dopo i recenti interventi normativi, dalla legge Fornero del 2012 al "Jobs act" (legge n. 183) e al decreto sul "contratto a tutele crescenti" (d.lgs. n. 23) Il quadro è nuovamente cambiato, le tutele per i lavoratori dipendenti del settore privato ampiamente diminuite ed aumentato il plausibile timore dei medesimi ad agire in giudizio, in costanza del rapporto di lavoro, per vedere affermata una propria pretesa.
Ed ecco allora il nuovo cambiamento di rotta e l´affermazione del principio circa la non decorrenza della prescrizione in costanza del rapporto di lavoro con la sentenza del Tribunale fiorentino in commento. Sentenza peraltro, che segue quella pronunciata dal Tribunale di Milano (Trib. Milano, 16 dicembre 2015), che ha affermato, come commentato dallo studio legale Rusconi di Firenze nel proprio sito "che dalla data del 18 luglio 2012 (giorno di entrata in vigore della Riforma Fornero) "i lavoratori, pur dipendenti da azienda sottoposta all´art. 18 Stat.lav., "possono "incorrere – per la durata della relazione lavorativa – nel timore del recesso nel far valere le proprie ragioni, a fronte della diminuita resistenza della propria stabilità (cfr. Corte cost. n. 63/1966 [...])" e che pertanto anche la tutela dell´art. 18 Stat.lav. non impedisce che il lavoratore si senta – nei confronti del datore – in una situazione psicologica di soggezione tale da portarlo a rinunciare a far valere i propri diritti durante il rapporto".
Avv. Giovanni Di Martino