Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 19/11/2015, n. 2431 (Partecipazione)

Poiché la finalità delle norme di cui agli artt. 7 ed 8 della Legge n. 241 del 1990 è quella di assicurare al privato la possibilità di interloquire con l’amministrazione nel corso del procedimento, affinché egli possa ivi dedurre tutti gli elementi di suo interesse ritenuti utili ad orientare positivamente le scelte che l’amministrazione stessa dovrà assumere, è sufficiente, affinché possa dirsi che le medesime disposizioni siano state rispettate, che, nel concreto, l’interessato sia stato messo in condizione di esercitare le suddette prerogative partecipando attivamente al procedimento.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2436 del 2007, proposto da:

V. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall´avv. Corrado Camisasca, con domicilio eletto presso lo studio di quest´ultimo in Milano, Via Goldoni, n. 34;

contro

COMUNE di NOVATE MILANESE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall´avv. Marco Pietro Locati, con domicilio eletto presso lo studio di quest´ultimo in Milano, Via dei Pellegrini, n. 24;

per l´annullamento

del provvedimento comunale rif. 8452/07-n. 19653, datato 19 luglio 2007, a firma del Dirigente dell´Area Servizi al Territorio, avente ad oggetto "DIA n. 226/2006- riscontro al prot. (...) del 23 marzo 2007 - interventi in vicolo S. Protaso", con il quale veniva determinata a carico della odierna ricorrente l´incidenza complessiva dei contributi e delle sanzioni pari ad Euro 7.675;

del provvedimento comunale prot. N. (...), datato 31 gennaio 2007 a firma del Dirigente dell´Area Servizi al Territorio Arch. Pasquale Eusebio, avente ad oggetto "Attestazione ricevimento istanza di Denuncia Inizio Attività. Comunicazione nominativo responsabile del procedimento", con il quale veniva determinata a carico dell´odierna ricorrente, la sanzione amministrativa.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l´atto di costituzione in giudizio del Comune di Novate Milanese;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2015 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. In data 18 dicembre 2006, la società V. s.r.l., odierna ricorrente, ha depositato presso il Comune di Novate Milanese una denuncia di inizio attività avente ad oggetto l´ampliamento di superfici accessorie (locali sgombero e cantine) collocate nella parte interrata di un fabbricato di sua proprietà, ubicato nel territorio del predetto Comune, in Vicolo San Protaso.

2. L´Amministrazione, con nota del 31 gennaio 2007, ritenendo che i lavori fossero stati effettuati prima della presentazione della DIA, ha chiesto alla ricorrente il versamento dell´oblazione prevista dall´art. 36, secondo comma, del D.P.R. n. 380 del 2001.

3. Con successivo atto del 19 luglio 2007, il Comune di Novate Milanese ha confermato la richiesta di versamento dell´oblazione e ne ha ricalcolato l´importo includendovi anche gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria (rispettivamente pari ad Euro 1.302,00 ed Euro 4.809,00).

4. La ricorrente ritiene che l´oblazione non sia dovuta e che, comunque, la stessa sia stata calcolata in maniera errata dal Comune. Per questa ragione, con il ricorso in esame, impugna i due summenzionati atti.

5. Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Novate Milanese.

6. In prossimità dell´udienza di discussione del merito, le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle loro conclusioni.

7. Tenutasi la pubblica udienza in data 28 ottobre 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Con il primo motivo di ricorso, viene dedotta la violazione degli artt. 7 ed 8 della L. n. 241 del 1990 in quanto il Comune, secondo i ricorrenti, dopo l´avviso del 31 gennaio 2007, avrebbe dovuto inviare loro una nuova comunicazione di avvio del procedimento. E ciò in quanto il provvedimento finale è stato adottato molto tempo dopo la suddetta comunicazione ed in quanto nel frattempo era mutato il responsabile del procedimento.

9. Ritiene il Collegio che il motivo sia infondato per le ragioni di seguito esposte.

10. Secondo la giurisprudenza, gli art. 7 ed 8 della L. n. 241 del 1990 - che, come noto, impongono alle amministrazioni di inviare agli interessati la comunicazione di avviso di avvio del procedimento, contenente le indicazioni specificate nel citato art. 8 L. n. 241 del 1990 (fra cui il nominativo del responsabile del procedimento) - non debbono essere interpretati in maniera formalistica e rigorosa, di modo che qualsiasi violazione delle prescrizioni contenute nei due articoli determini senz´altro l´illegittimità del provvedimento finale. Invero, poiché la finalità delle norme è quella di assicurare al privato la possibilità di interloquire con l´amministrazione nel corso del procedimento, affinché egli possa ivi dedurre tutti gli elementi di suo interesse ritenuti utili ad orientare positivamente le scelte che l´amministrazione stessa dovrà assumere, è sufficiente, affinché possa dirsi che le medesime disposizioni siano state rispettate, che, nel concreto, l´interessato sia stato messo in condizione di esercitare le suddette prerogative partecipando attivamente al procedimento (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 20 agosto 2015, n. 3953).

11. Nella fattispecie in esame, non è dubitabile che la ricorrente abbia potuto partecipare attivamente al procedimento, tanto che essa, in tale sede, ha prodotto una memoria nella quale ha evidenziato le ragioni per le quali, a suo dire, l´oblazione non si sarebbe dovuta versare. Le argomentazioni dedotte dalla parte sono state esaminate dall´Autorità procedente che, nell´atto finale del 19 luglio 2007, ha provveduto a controdedurre alle stesse spiegando le ragioni per le quali non sono state condivise.

12. In tale quadro risulta evidente come gli elementi addotti dalla ricorrente, e cioè il lungo lasso temporale intercorso fra la prima comunicazione ed il provvedimento finale ed il cambio del responsabile del procedimento (anche se quest´ultimo non sembra essere in realtà mutato), siano del tutto ininfluenti ai fini della valutazione della legittimità dell´atto impugnato.

13. Va, per queste ragioni, ribadita l´infondatezza della censura.

14. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell´art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 atteso che le opere oggetto del provvedimento impugnato non potrebbero qualificarsi quali "variazioni essenziali" e che, quindi, le stesse non potrebbero dar luogo all´adozione di provvedimenti sanzionatori.

15. La censura è del tutto infondata in quanto le disposizioni contenute del capo secondo del D.P.R. n. 380 del 2001 sanzionano tutte le fattispecie in cui un interveneto sia stato realizzato difformemente dal titolo che lo ha assentito, indipendentemente dal fatto che le variazioni possano o meno qualificarsi essenziali. In particolare, mentre l´art. 31 del citato d.P.R. si riferisce alle opere realizzate in assenza di titolo, in totale difformità o con variazioni essenziali (prevedendo, per queste fattispecie, la misura della demolizione), il successivo art. 34 sanziona gli interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo, stabilendo che, in questo caso, al ricorrere di determinate condizioni, la misura della demolizione può essere sostituita da una sanzione pecuniaria. Non è quindi necessario, affinché trovi applicazione il regime sanzionatorio testé illustrato, che la variazione sia qualificabile come "essenziale, essendo tale elemento rilevante esclusivamente ai fini dell´individuazione della tipologia di misura da applicare.".

16. Dal canto suo, l´art. 36, primo comma, del D.P.R. n. 380 del 2001, norma che la ricorrente ritiene essere stata violata, non distingue fra interventi che costituiscono variazioni essenziali ed interventi eseguiti in parziale difformità. Qualsiasi difformità è quindi rilevate e può essere sanata con il versamento dell´oblazione prevista dal secondo comma dello stesso articolo.

17. Per queste ragioni va ribadita l´infondatezza della censura.

18. Con il terzo motivo, l´interessata deduce la violazione dell´art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 sotto un diverso profilo, rilevando che, anche ammettendo la doverosità del versamento dell´oblazione, questa, contrariamente da quanto ritenuto dal Comune, non avrebbe dovuto essere calcolata anche con riferimento agli oneri di urbanizzazione, in quanto l´intervento che ne costituisce oggetto riguarda locali accessori che non concorrono alla determinazione della volumetria.

19. La censura è ripresa e sviluppata nell´ultimo motivo, laddove la ricorrente evidenzia come, in sede di rilascio del titolo originario, il Comune aveva correttamente escluso la debenza degli oneri di urbanizzazione e come, quindi, la pretesa qui avversata si riveli anche del tutto contraddittoria.

20. Ritiene il Collegio che le censure siano fondate per le ragioni di seguito esposte.

21. Stabilisce l´art. 36, secondo comma, del D.P.R. n. 380 del 2001 che "Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall´articolo 16".

22. Come si vede, la norma commisura l´ammontare dell´oblazione al doppio del contributo di costruzione calcolato per il caso di rilascio di permesso di costruire ordinario.

23. Nel caso poi quest´ultimo sia per legge gratuito, l´ammontare dell´oblazione sarà pari al contributo di costruzione ordinario, calcolato, senza raddoppio, come se l´intervento fosse oneroso.

24. Ritiene il Collegio che, siccome la disposizione si riferisce ai casi di "gratuità a norma di legge", essa sia applicabile ai casi in cui l´attività edilizia debba considerarsi onerosa in base alle norme generali ma, grazie all´applicazione di una disposizione speciale, sia da considerare invece esente dall´obbligo di versamento del contributo di costruzione.

25. Si tratta, in sostanza, di quel fenomeno che, in campo tributario, viene denominato "esenzione", il quale si configura quando una fattispecie, che, in astratto, rientra nel regime di applicazione del tributo, in applicazione di una norma speciale, è invece esente da imposizione; fenomeno che si distingue nettamente da quello della "esclusione", che si configura quando una fattispecie concreta sia del tutto estranea al tributo in quanto non corrispondente a quella astratta prevista dalla norma impositiva.

26. I casi di esenzione dal versamento del contributo di costruzione sono indicati nell´art. 17, terzo comma, del D.P.R. n. 380 del 2001 il quale individua, ad esempio, gli interventi da realizzare in zone agricole, quelli riguardanti impianti ed attrezzature di interesse generale, quelli riguardanti impianti relativi alle fonti rinnovabili di energia ecc.

27. In questi casi quindi, ove l´opera sia abusiva, essa potrà essere sanata versando, in applicazione del secondo comma dell´art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, una somma pari al contributo di costruzione calcolato applicando le norme generali, come se la stessa opera non fosse esente.

28. Al contrario, se per un determinato intervento, il contributo di costruzione deve essere commisurato esclusivamente al costo di costruzione, l´amministrazione non potrà calcolare l´oblazione considerando anche gli oneri di urbanizzazione atteso che, per tale intervento, sono le stesse norme di carattere generale ad escludere che gli oneri di urbanizzazione debbano essere per esso versati.

29. In questo quadro risulta evidente l´illegittimità del provvedimento impugnato. Con esso infatti l´Amministrazione ha inteso commisurare l´oblazione considerando anche gli oneri di urbanizzazione, nonostante, per le norme generali, all´intervento che ne costituisce oggetto, siccome relativo ad opere che non concorrono alla determinazione della volumetria, non sia correlato l´obbligo della loro corresponsione. Applicando correttamente la norma, l´Amministrazione avrebbe dovuto invece calcolare l´oblazione solo raddoppiando il costo di costruzione, senza far riferimento agli oneri di urbanizzazione.

30. La censure in esame devono essere pertanto accolte.

31. Infine, sempre nell´ultimo motivo, la ricorrente censura la parte del provvedimento impugnato che quantifica in 50,28 mq. la superficie abusiva. Secondo la parte tale asserzione darebbe del tutto arbitraria, mentre sarebbe dimostrato che l´ampliamento sia pari a soli 35 mq.

32. Questa censura è infondata atteso che, contrariamente da quanto sostenuto dalla parte, la quantificazione della superficie abusiva non è stata effettuata arbitrariamente dall´Amministrazione, ma è frutto di un sopralluogo effettuato, in data 19 ottobre 2006, dall´Ufficio tecnico comunale congiuntamente a personale della Polizia locale.

33. Per le ragioni illustrate, essendo fondati il terzo e, parzialmente, il quarto motivo, il ricorso deve essere accolto in parte e, per l´effetto, i provvedimenti impugnati vanno annullati nella sola parte in cui determinano l´ammontare dell´oblazione.

34. La soccombenza reciproca e la novità di alcune delle questioni affrontate induce il Collegio a disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Compensa integralmente le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2015 con l´intervento dei magistrati:

Mario Mosconi, Presidente

Giovanni Zucchini, Consigliere

Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Consiglio di Stato, sez. V, 20/11/2015, n. 529
Mafia Roma: decisa riunione procedimenti in unico ...

Cerca nel sito