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Processo civile: gli atti che possono essere compiuti dal difensore, rientranti nel potere conferitogli

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Inquadramento normativo: Art. 84 c.p.c.

Il conferimento dell'incarico e i poteri del difensore: «Quando la parte sta in giudizio col ministero del difensore, questi può compiere e ricevere, nell'interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati. In ogni caso non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere».

Gli atti che rientrano nel mandato: Si ritiene che:

  • in caso di rinuncia all'azione o di rinuncia all'intera pretesa azionata dall'attore nei confronti del convenuto, tale atto costituisce un atto di disposizione del diritto in contesa. Ne consegue che per il compimento di quest'atto, all'avvocato va conferito un mandato ad hoc, senza che sia a tal fine sufficiente il mandato ad litem. E ciò in considerazione del fatto che tale tipo di rinuncia si differenzia dalla rinuncia a una parte dell'originaria domanda, «che rientra fra i poteri del difensore, in quanto espressione della facoltà di modificare le domande e le conclusioni precedentemente formulate» (Cass., n. 28146/2013, richiamata da Cass. civ., n. 4837/2019);
  • il difensore al quale sia stato attribuito mandato difensivo può compiere nell'interesse della parte ogni attività che la legge non riservi espressamente a quest'ultima. È evidente che l'esercizio di detto potere comprende tutti gli atti che il l'avvocato reputi necessari nell'espletamento del proprio incarico. Tra questi, va annoverato quello di nominare un consulente di parte.  

    Detto atto, infatti, non si configura come riservato alla parte e rientra tra quelli che il difensore reputa necessari per prestare la migliore difesa alla parte che assiste. (Cass. n. 10655/2011, richiamata da Corte d'Appello Venezia, sentenza 7 dicembre 2018);

  • «poiché normale epilogo del processo di espropriazione di beni indivisi è il giudizio di divisione endoesecutiva, la notifica dell'ordinanza che dispone quest'ultimo o di altro atto a essa equipollente è eseguita legittimamente al procuratore di uno dei litisconsorti del giudizio che si sia già costituito nel processo esecutivo, in quanto il relativo mandato, purché non lo abbia in concreto escluso in modo espresso e univoco, deve reputarsi validamente conferito anche ai fini dell'espletamento della difesa del conferente nel corso di quel normale sviluppo» (Cass. civ., n. 20817/2018);
  • la notifica del decesso della parte assistita determina la perdita di legittimazione del difensore a compiere le attività processuali. Ne consegue che sarà illegittima l'eccezione di estinzione del processo per mancata inosservanza del termine di riassunzione, se promossa dal procuratore della parte deceduta dopo la notificazione della morte di quest'ultima (Cass., n. 16144/2019). Questo principio non è applicabile alle pubbliche amministrazioni che sono difese ex lege dall'Avvocatura dello Stato, in caso di soppressione dell'ente. E ciò in considerazione del fatto che l'Avvocatura «ripete il proprio ius postulandi dalla legge e non da atto negoziale. Ne consegue che, essendo l'Avvocatura dello Stato sempre legittimata a compiere attività processuali anche per l'ente cessato, non possono considerarsi nulli né il ricorso per cassazione che indichi il soggetto cessato, né la notifica del ricorso medesimo presso l'Avvocatura» (Cass., n. 4648/13, richiamata da Cass. civ., n. 9517/2019);
  • «pur in presenza di una procura ad litem di contenuto scarno e generico, si è riconosciuto il potere del difensore di modificare la condotta processuale in relazione agli sviluppi e agli orientamenti della causa nel senso ritenuto più rispondente agli interessi del proprio cliente» (Cass.,nn. 1439/2002; 3762/1979, richiamate da Cass. civ., n. 19907/2018). Al contrario, una procura alle liti rilasciata con l'utilizzo di formule ampie e generiche per il giudizio di cassazione, non consente all'avvocato «di effettuare atti che importino disposizione del diritto in contesa, come transazione, confessione, rinunzia all'azione o all'intera pretesa azionata dall'attore nei confronti del convenuto, rinunzia agli atti del giudizio» (Cass., Sez. Un., n. 4909/2016; Cass., nn. 28146/2013, 7413/1991; 5859/1988; 99/1984; 3033/1978; 3396/1977, richiamate da Cass. civ., n. 19907/2018). Ove, nonostante la formulazione generica e ampia della procura, sia compiuto dal difensore un atto di rinuncia al ricorso, detto atto non sarà idoneo a produrre l'effetto dell'estinzione del processo, «ma si paleserà idoneo a rivelare il sopravvenuto difetto d'interesse del ricorrente a proseguire il processo stesso e a determinare così la cessazione della materia del contendere» (Cass. nn. n. 963/2015; 23161/2013; 23685/2008; 22806/2004, richiamate da Cass. civ., n. 19907/2018).

 

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