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Per Te, Pio, e per Rosario

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 Lui è Pio, quando i suoi lo mettono al mondo non sanno che è appena sorto un gigante. C'è un casolare, ad Altarello di Baida, uno tra gli altri. I campi, intorno, profumano di lavoro, di sudore e di dignità, la miseria si taglia con il coltello, per quella famiglia di contadini e pastori sopravvivere alla croce di ogni giorno è già una conquista. Pio è ancora un bambino, le idee chiare. Mamma, ti amo e amo il lavoro, ma ti prego fammi studiare. Angela è analfabeta, nessuno le ha mai insegnato a leggere e a scrivere. Lo guarda negli occhi, ne vede il luccichio. Pio, lo diremo a papà, lo convinceremo insieme. C'è il sì, quel bambino passa anche la sera a studiare, al lume delle candele, ad Altarello manca tutto, anche la luce. Sveglia ogni giorno alle 4, Pio è subito nella stalla, cura gli animali, corre a scuola, procede come un treno, i suoi quattro fratelli sono con lui. Filippo scrive dal fronte. Mamma, papà, mi raccomando non fatelo lavorare in campagna. Pio deve studiare. Il suo futuro sono i libri.

 Pio studia e studia, studia per tutti, soprattutto per i contadini, non è un destino ineluttabile spaccarsi la schiena e basta. Diciotto anni, Pio è studente di Ingegneria, dopo le lezioni altro studio, dopo lo studio il Partito. I dirigenti comunisti si trovano quel ragazzino davanti, mandiamolo per strada a vendere l'Unità. Settecento copie in un giorno. Pio, ma come hai fatto?" "Ho detto alle persone che li difendiamo dalle prepotenze dello Stato, della mafia e dei padroni, loro si sono fidati". Ora di Pio si fidano tutti, lui parla in loro nome, piange insieme e loro Placido Rizzotto, alza il pugno per ricordare il primo maggio di Portella della Ginestra, conosce un giovane capitano dell'Arma, il suo nome è Carlo Alberto, non sanno ancora il tragico filo rosso che li legherà. Giuseppina è l'altra faccia della felicità, Pio se ne innamora, il 29 ottobre 1949 la sposa a Palazzo delle Aquile, l'Internazionale suona quando si dicono sì. Pio è ora in Parlamento, parla di mafia, "Compagni, estirperemo questo cancro togliendo ai mafiosi i soldi", lo disse tanti anni dopo un giudice di nome Giovanni. "Virginio, scriviamola insieme questa legge". Impossibile dire no a Pio, convince tutti, anche Rognoni dice sì. Ci sarà lui solo lui quando il Parlamento deciderà che l'associazione a delinquere di stampo mafioso è reato. Pio è ora a Roma, fianco a fianco ad Enrico nella segreteria del PCI, nell'antimafia. Il richiamo della frontiera è più forte. "Lasciatemi tornare in Sicilia", prima che gli rispondano lui è già lì. Rosario è al suo fianco, macinano chilometri, da Palermo a Comiso, dai campi alle fabbriche.

È il 30 Aprile 1982, Pio dice a Rosario: "Prendiamo un caffè, poi subito al Partito". Una strada stretta, una moto contro, la macchina bloccata, proiettili come pioggia, dappertutto. I corpi riversi, le anime consegnate all'eternità. 

«Due di maggio, bandiere al vento. Son morti due compagni, ne nascono altri cento». Quel 2 di maggio a Palermo in centomila, Enrico alla testa del corteo, tutti in lacrime per Pio La Torre e Rosario Di Salvo e pugni in alto.

 Io lo ricordo oggi con le parole del grande scrittore siciliano Vincenzo Consolo, che lo definì l'orgoglio della Sicilia: "I nobili non sono i Leoni e i Gattopardi, questi parassiti della storia, ma tutti quelli che hanno lottato e lottano in Sicilia, pagando spesso con la vita per il rispetto della democrazia, dei diritti e della dignità umana. I veri nobili sono i Pio La Torre, i Rosario Di Salvo, i Giovanni Falcone e i Paolo Borsellino".

Marciammo con Te, Ti ricordiamo come un Grande ❤

 

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