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Morte del minore affidato dai servizi sociali: no alla responsabilità da contatto sociale

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 Il caso in questione riguarda la vicenda di una famiglia affidataria con due figli ed un terzo in arrivo che aveva accolto un minore affidato ai servizi sociali.

Purtroppo accade una terribile tragedia ed il piccolo muore annegato nella piscina dell'abitazione degli affidatari.

I genitori biologici del bimbo agiscono in giudizio contro il Comune e contro gli affidatari, per ottenere il risarcimento del danno invocando la responsabilità da contatto sociale.

I convenuti chiedono il rigetto della domanda attorea e l'ente comunale chiama in giudizio la propria compagnia assicuratrice per la responsabilità civile.

In primo grado, la domanda attorea viene rigettata.

In sede di gravame, i genitori affidatari-appellati propongono domanda di manleva contro il Comune.

La Corte d'Appello riforma parzialmente la sentenza ed accoglie la domanda risarcitoria contro gli affidatari condannandoli al pagamento di 80 mila euro a titolo di risarcimento del danno e al pagamento delle spese di lite.

Viene invece rigettata la domanda di risarcimento proposta dall'attore contro il Comune e quella di manleva degli affidatari ritenuti dai ricorrenti come degli "ausiliari" del comune.

L'attore e gli affidatari vengono condannati al pagamento in solido tra loro (e in ragione della metà nei rapporti interni) delle spese di lite a favore dell'ente comunale e della compagnia assicuratrice.

Si giunge così in Cassazione.

La Corte di Cassazione, Sezione III, con la sentenza 5 ottobre 2023, n. 28139, non accoglie tale ricostruzione e rigetta il ricorso.

Infatti, a differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti, gli affidatari non sono ausiliari dell'ente pubblico.

Per ravvisare la fattispecie di cui all'art. 1228 c.c. o 2048 – 2049 c.c. occorre un rapporto tra ausiliario e committente ossia il cosiddetto rapporto di preposizione che nel caso in questione non sussiste.

 La pronuncia è interessante anche perché analizza e ricostruisce la responsabilità da contatto sociale.

Tale forma di responsabilità veniva utilizzata con riferimento alla professione sanitaria e poi estesa alle altre professioni protette, come avvocatura e notariato, infine, alla pubblica amministrazione.

E' una forma di responsabilità assimilata a quella contrattuale anche se deriva dall'inadempimento e non da contratto.

Il contatto sociale qualificato è un fatto idoneo a produrre obbligazioni (art. 1173 c.c.) dal quale derivano reciprochi obblighi di buona fede, protezione e informazione.

Mentre alla base della responsabilità aquiliana non v'è la lesione di un obbligo specifico ma del generico "neminem laedere", nella responsabilità da contatto sociale è necessario che sia lesa una regola di condotta qualificata e non il generico dovere di non ledere.

Nel caso in questione, il genitore biologico del minore lamenta che la sentenza gravata non abbia ravvisato in capo al Comune la responsabilità da contatto sociale, avendo quest'ultimo assunto un obbligo di protezione nei confronti del minore, generando l'affidamento, nei genitori biologici, che il loro figlio sarebbe stato al sicuro da ogni rischio. I genitori affidatari per il genitore biologico deve essere considerati ausiliari attraverso i quali il Comune ha adempiuto alla propria obbligazione da contatto sociale.

Questa fattispecie giuridica ritiene difatti che, la mancanza di un contratto non esclude la professionalità che deve avere il soggetto determinata dall'affidamento di chi entra in contatto con lui, quel facere che si manifesta nella perizia che deve contrassegnare l'attività in ogni momento.

Il contatto sociale è qualificato quando un soggetto, onde evitare un pregiudizio alla propria sfera giuridica o al fine di assicurarsi il corretto funzionamento dell'azione amministrativa, affidi i propri beni della vita alla professionalità di un altro soggetto.

In tal caso, il rapporto che si crea costituisce un fatto idoneo a produrre obbligazioni, in virtù dell'affidamento delle parti e dell'insorgere di obblighi di buona fede, protezione e informazione.

 Al contrario, alla base della responsabilità aquiliana non sussiste un obbligo specifico ma il generico "neminem laedere"; quindi perché sussista la responsabilità da contatto sociale, è necessario che sia lesa una regola di condotta qualificata e non il generico dovere di non ledere.

La responsabilità da contatto sociale soggiace alle regole della responsabilità contrattuale, pur mancando un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato.

Un esempio, in relazione all'ambito scolastico, per cui la giurisprudenza si è espressa affermando che, nel caso di danni subiti dall'alunno, la natura contrattuale della responsabilità ascrivibile all'istituto scolastico ed al singolo insegnante deriva dall'iscrizione scolastica e dal contatto sociale qualificato.

Questo comporta l'assunzione dei doveri di protezione, nel caso in cui il minore sia affidato dalla famiglia alla scuola, per cui quest'ultima è onerata dall'obbligo di controllo e vigilanza del minore fino a quando non intervenga un altro soggetto responsabile.

Orbene, nel caso in questione, deve escludersi la sussistenza della responsabilità da contatto sociale in capo al Comune per l'assenza di reciproci obblighi di buona fede, protezione e informazione, che sono necessari per configurare tale responsabilità.

Non è possibile ravvisare nei genitori affidatari del minore, scelti in forza di un provvedimento del Tribunale, il ruolo di "ausiliari" del Comune, in quanto l'art. 1228 c.c., recante la disciplina della responsabilità degli ausiliari, come anche gli artt. 2048 e 2049 c.c. in ambito extracontrattuale, postula un rapporto di preposizione tra l'ausiliario e il committente.

Per tali ragioni, il ricorso viene rigettato , la responsabilità da contatto sociale esclusa in virtù del fatto che i collocatari siano stati individuati con provvedimento del Tribunale per i Minorenni e il ricorrente condannato al pagamento delle spese per il giudizio di legittimità.

 

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