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La pensione di inabilità e indennità di accompagnamento

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La giurisprudenza della Suprema corte ribadisce il carattere alternativo dei due requisiti (impossibilità a deambulare e impossibilità a compiere gli atti quotidiani della vita), e, conseguentemente, considera ciascuno dei due requisiti come autonomamente sufficiente per l'attribuzione del beneficio, non essendo necessario, per il configurarsi del diritto alla indennità, che siano contestualmente presenti entrambi (Cass. 5152/1999; 3228/1999; 931/1999; 636/1998; 817/1994; 4498/1991; 10094/1991).

Per l'erogazione della indennità non possono essere prese in considerazione situazioni episodiche o transitorie, ma è richiesta la loro permanenza che sia tale da incidere su tutta la sfera del soggetto (Cass. 6882/2002).
L'impossibilità, inoltre, si sostanzia in condizioni diverse e più rigorose della mera difficoltà di deambulazione o di compimento degli atti della vita quotidiana (Cass. 636/1998).

La cittadinanza spetta ai cittadini Italiani o di un paese UE, residenti in Italia.Spetta anche agli extracomunitari o apolidi, in possesso di permesso di soggiorno e residenti in Italia (Corte Cost. 306/2008). 

L'indennità è prevista al solo titolo della minorazione, ovvero senza considerare il reddito eventualmente posseduto dall'invalido. Il dettato normativo è chiaro ed infatti, dopo prime rare pronunce giurisprudenziali di segno contrario (Cass. 3251/1987; 8064/1987), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 11843 del 1992) hanno escluso la rilevanza delle condizioni economiche, ribadendo quanto formulato letteralmente dalla norma e dai relativi lavori parlamentari.

La giurisprudenza successiva non si è più discostata da tale orientamento (Cass. 7917/1995; 3763/1995; 10480/1994; 11160/1993; 11159/1993; 4518/1993; 5003/1992; 4640/1992; 8390/1991).

L'irrilevanza del reddito deve essere posto in relazione con lo scopo della previsione normativa, che rende tale prestazione diversa dalle altre concesse a favore di mutilati ed invalidi civili; la peculiarità della indennità in esame consiste nel fatto che l'intervento assistenziale non è indirizzato - come avviene in generale per i trattamenti pensionistici di invalidità - al sostentamento dei soggetti minorati nelle loro capacità di lavoro, ma è rivolto principalmente a sostenere il nucleo familiare onde incoraggiarlo a farsi carico dei suddetti soggetti, evitando così il ricovero in istituti di cura e assistenza, con conseguente diminuzione della relativa spesa sociale (Cass. 11295/2000).

La finalità della disciplina trova riscontro anche nelle altre caratteristiche che la contraddistinguono, tanto è vero che l'indennità può essere concessa anche a minori degli anni diciotto ed a soggetti che, pur non essendo in grado di deambulare senza l'aiuto di un terzo, svolgano tuttavia un'attività lavorativa al di fuori del proprio domicilio.

È pacifico, inoltre, come tale diversità di trattamento non sia in contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, dato che il perseguimento della finalità di incoraggiare le famiglie a tenere in casa i soggetti minorati per evitarne l'emarginazione, è giustificata anche nei confronti delle famiglie che non si trovino in condizioni di disagio economico, e contribuisce a sollevare lo Stato da un onere più gravoso (Cass. 4641/1992; 6840/1987). Dal principio della irrilevanza del requisito reddituale, discende anche la necessaria irrilevanza dell'accertamento in ordine all'avvenuto risarcimento delle conseguenze lesive di un sinistro stradale asseritamente all'origine della patologia invalidante (Cass. 14955/2002). La prestazione è compatibile con lo svolgimento di una attività lavorativa (Cfr. Cass. 22878/2008). E' incompatibile con le analoghe indennità riconosciute per causa di guerra, di lavoro o di servizio.

 

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