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Esposto anonimo, COA: no ad archiviazione se è possibile l'approfondimento istruttorio d’ufficio

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Non si può procedere con l'archiviazione di un procedimento disciplinare instaurato nei confronti di un avvocato se detta archiviazione si fonda sul fatto che l'esposto sia stato presentato da un cittadino che ha richiesto di mantenere l'anonimato. E ciò ove l'anonimato non renda di fatto impossibile né i chiarimenti sull'esposto, né l'approfondimento istruttorio d'ufficio (C.N.F., sent. n. 114 del 15 luglio 2020 già citata).

Questo è quanto ha statuito il Consiglio Nazionale Forense (CNF) con decisione n. 75 del 15 aprile 2021 (https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2021-75.pdf).

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta al CNF.

I fatti oggetto del procedimento disciplinare

Un cittadino, che ha richiesto di restare anonimo, ha presentato un esposto, nei confronti di un avvocato, dinanzi al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati (COA) di appartenenza del professionista. In buona sostanza, l'esponente ha lamentato l'esistenza di un sito internet [...] riferito al professionista, attraverso cui quest'ultimo ha pubblicizzato i) la propria attività a prezzi bassi, precisi e chiari, ii) primi appuntamenti gratuiti, nonché iii) l'applicazione di tariffe basse e riscossione degli onorari a definizione delle pratiche. Il COA ha trasmesso la notizia di illecito al Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD) che ha disposto la archiviazione del relativo procedimento in quanto: 

  • non è possibile risalire alle generalità dell'esponente;
  • le notizie pubblicate sul sito non appaiono ingannevoli;
  • i compensi pubblicizzati non appaiono irrisori;
  • la pubblicità è conforme all'art. 10 L. 247/2012.

Il COA di appartenenza dell'avvocato ha impugnato detto provvedimento di archiviazione e così il caso è giunto dinanzi al CNF.

Analizziamo l'iter seguito da quest'ultimo organo.

La decisione del CNF

Il COA, nel proprio ricorso, ha dedotto:

  • che la valutazione dei profili di responsabilità deontologica non risente della circostanza dell'anonimato dell'esposto;
  • che la condotta dell'avvocato integra la violazione dei doveri deontologici regolatori della pubblicità degli avvocati ai sensi dell'art. 10 L. 247/2012, nonché dell'art. 35 Codice Deontologico Forense.

In ordine a quest'ultimo motivo di impugnazione, il COA ha precisato che il professionista ha pubblicizzato l'attività a prezzi inferiori ai minimi tariffari, utilizzando i) terminologia idonea a indurre nel cliente la convinzione di poter ottenere prestazioni di favore, gratis o a prezzo agevolato, ii) pubblicità comparativa. 

Il CNF condivide le doglianze del COA ricorrente e con riguardo all'anonimato afferma che il procedimento disciplinare prescinde dalla fonte della notizia dell'illecito. E ciò in considerazione del fatto che la fonte della notizia dell'illecito disciplinare può essere costituita anche dalla denuncia di persona non direttamente coinvolta nella situazione nel cui ambito l'illecito è stato posto in essere o che addirittura è rimasta sostanzialmente anonima. L'anonimato, ad avviso del CNF, rileva solo quando esso impedisce i) di ottenere chiarimenti sull'esposto o ii) l'approfondimento istruttorio d'ufficio. In tali casi sarà legittima l'archiviazione del procedimento disciplinare in base al principio di presunzione di non colpevolezza (si veda a titolo esemplificativo C.N.F., sent. n. 114 del 15 luglio 2020). Tornando al caso di specie, secondo il CNF, tali impedimenti non sussistono dal momento che oggetto di denuncia sono i servizi pubblicizzati sul sito internet, riferito all'avvocato; servizi, questi, riscontrabili indipendentemente dalla fonte della notizia di illecito.

Con riferimento all'altro motivo di impugnazione, il CNF fa rilevare che la professione dell'avvocato va sempre svolta nel rispetto della dignità e del decoro professionale. Con l'ovvia conseguenza che sono vietate quelle forme di pubblicità professionale comparativa e autocelebrativa (C.N.F. n. 23 del 23 aprile 2019), finalizzate a offrire prestazioni professionali a compensi infimi o a forfait (CNF n. 243 del 28 dicembre 2017). Nel caso di specie, a parere del CNF, il mancato rispetto del decoro e della dignità professionale risulta provato dalle forme di pubblicità utilizzate dal professionista e dall'uso del termine "gratuito con riferimento ai servizi legali offerti (CNF, la sentenza n. 118 del 23 luglio 2015). Ne consegue che la decisione di archiviazione del CDD non ha tenuto conto di tutte le informazioni sull'attività professionale fornite sul sito e della loro non conformità al codice deontologico. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il CNF ha accolto il ricorso del COA e ha rimesso gli atti al giudice della disciplina affinché adeguatamente valuti se la condotta tenuta dal professionista in questione sia tale, motivando adeguatamente la propria decisione. 

 

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