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Esonero spesa oneri condominiali: quando è applicabile il codice del consumo?

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Riferimenti normativi: Art.1123 c.c. - D.Lgs. n.206/2005

Focus: I criteri di ripartizione delle spese condominiali previsti dal codice civile possono essere derogati per convenzione, fino a prevedere l'esenzione totale o parziale per taluno dei condòmini dall'obbligo di partecipare alle spese medesime. La clausola di esonero non viola il principio sancito dall'art. 1123 c.c. in relazione allo squilibrio tra i condòmini, con conseguente indebito arricchimento del costruttore, che è uno dei condomini.

Principi generali: L'art.1123, comma 2, c.c. prevede il criterio legale di proporzionalità delle spese condominiali e dispone che << Se si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne>>.Molti condòmini, spesso, poiché non fruiscono o fanno un uso minore rispetto agli altri di un servizio comune, ritengono di non dover contribuire o di contribuire in misura minore a determinate spese. Ed è il regolamento condominiale, richiamato nei contratti di acquisto dei singoli condòmini, che può contenere, ad esempio, la clausola di esonero del costruttore dal pagamento degli oneri condominiali su tutte le unità immobiliari di sua proprietà rimaste invendute, se non utilizzate. Ciò fa sì che se l'assemblea dei condòmini modifica con delibera il criterio convenzionale di riparto delle spese condominiali ed emette decreto ingiuntivo nei confronti del costruttore, per riscuotere oneri condominiali, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo sono applicabili le norme del Codice del consumo (D.Lgs.n.206/2005). In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione civ., sez. II, con sentenza del 23 luglio 2019 n. 19832.

Il caso: Si premette che un condomìnio, con delibera del 27 maggio 2012, aveva stabilito criteri di riparto degli oneri in contrasto con il regolamento condominiale a maggioranza e non all'unanimità, e, a seguito della delibera, veniva richiesto ed emesso decreto ingiuntivo nei confronti della società costruttrice, intimandole il pagamento di 4.799,48 euro a titolo di oneri condominiali. In primo grado la società si opponeva al detto decreto ingiuntivo dinanzi al Giudice di pace, che si è pronunciato dichiarando la cessazione della materia del contendere per alcune delle unità immobiliari di proprietà della società.

Il condomìnio ha appellato la sentenza del Giudice di pace dinanzi al Tribunale di Catania eccependo la mancata impugnazione della delibera del 27 maggio 2012 sulla quale il decreto ingiuntivo era fondato. Inoltre, lo stesso ha contestato la vessatorietà della clausola di esonero della società dalle spese condominiali, in ragione sia della durata illimitata dell'esonero sia della posizione di consumatore del Condomìnio. Secondo il condomìnio la clausola di esonero violerebbe il principio sancito 1123 c.c. con squilibrio tra i condòmini e conseguente indebito arricchimento del costruttore, che è uno dei condòmini. Il Tribunale ha rigettato l'appello proposto dal Condomìnio nei confronti della società costruttrice, ritenendo nulla la delibera condominiale del 2012 perché aveva modificato, in contrasto con il regolamento condominiale, i criteri di riparto degli oneri a maggioranza e non all'unanimità.

La Corte Suprema, dinanzi alla quale il Condomìnio ha impugnato la sentenza di secondo grado, ha ritenuto infondato il ricorso del condomìnio.

In particolare, ha condiviso la decisione del Tribunale secondo cui è ammissibile l'opposizione a decreto ingiuntivo fondato su delibera dell'assemblea che nella fattispecie è nulla, in quanto adottata in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e, quindi, in eccesso rispetto alle attribuzioni dell'organo collegiale. Pertanto, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso per la riscossione di oneri condominiali, è rilevabile anche l'invalidità della sottostante delibera, trattandosi di elemento costitutivo della domanda di pagamento. (Cass. 10/01/2019, n. 470; Cass. 20/12/2018, n. 33039; Cass. 12/09/2018, n. 22157; Cass. 12/01/2016, n. 305).

La Corte ha ribadito quanto affermato più volte, cioè che le norme del Codice del consumo sono applicabili alle convenzioni di ripartizione delle spese condominiali predisposte dal costruttore, o dall'originario unico proprietario dell'edificio condominiale, in quanto oggettivamente ricollegabili all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale da quello svolta, e sempre che il condòmino acquirente dell'unità immobiliare di proprietà esclusiva rivesta lo status di consumatore, agendo per soddisfare esigenze di natura personale, non legate allo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale (Cass. 07/07/2016, n. 16321; Cass. 24/06/2001, n. 10086).Tuttavia, nella fattispecie in esame, il Tribunale ha ritenuto inammissibile l'eccezione di vessatorietà della clausola di esonero della società dalle spese condominiali su tutte le unità immobiliari di sua proprietà rimaste invendute, se non utilizzate. In conclusione è stato rigettato il ricorso del condominio con condanna del ricorrente alle spese del giudizio.

 

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