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Diventare avvocati? Frutto del caso e non del merito. Parola del Ministro di Giustizia.

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Oggi la Pontificia Università della Santa Croce ha ospitato l'incontro tra il CNF, i Consigli dell'Ordine degli Avvocati e le Unioni Regionali Forensi. Ospite di punta il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, il quale si è espresso sul tema dell'accesso alla professione forense.

Queste le parole del Ministro Bonafede:

"Per quel che riguarda il tema dell'accesso alla professione, è attualmente in essere un tavolo curato dal Capo di Gabinetto fra più componenti ministeriali, il CNF e il MIUR per studiare una riforma dell'accesso alla professione che, partendo dall'Università, segua percorsi professionalizzanti, a cura delle Scuole Forensi, e raggiunga l'obiettivo di ridimensionare e – come dice sempre il presidente Mascherin – "sdrammatizzare" l'Esame finale che attualmente non risponde a criteri di razionalità e troppo spesso si presta a esiti casuali e non sempre rispondenti agli effettivi meriti degli aspiranti avvocati."

Queste le parole della Legge Professionale Forense:

"L'ordinamento forense, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta:

a) regolamenta l'organizzazione e l'esercizio della professione di avvocato e, nell'interesse pubblico, assicura la idoneità professionale degli iscritti onde garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi sui quali essa incide; […]

d) favorisce l'ingresso alla professione di avvocato e l'accesso alla stessa, in particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito." (Art. 1, L. 247/2012)

Dopo anni di silenzio assordante, non possiamo che apprezzare il dichiarato intento di riformare il sistema di accesso alla professione secondo criteri di "razionalità": un valore che abbiamo invocato anche nel nostro ultimo intervento (e che dovrebbe comunque ispirare, a nostro sommesso parere, ogni decisione politica degna di questo nome).

Decine di migliaia di giovani professionisti sanno da tempo che l'Esame di Stato, per com'è strutturato oggi – e ancor più per come si profila nella Riforma che entrerà in vigore il prossimo anno –, "non risponde a criteri di razionalità" e "si presta a esiti casuali". Ciò che impressiona è sentirlo ammettere pubblicamente dal Ministro competente.

L'"esito casuale" di un Esame di Stato che si pone al termine di lunghi anni di studio e di lavoro, quasi sempre in condizioni di autentico sfruttamento, ha severe ripercussioni sulla vita di decine di migliaia di giovani professionisti.

Decine di migliaia di giovani professionisti – lo ribadiamo ancora una volta – non possono aspettare gli esiti di un Tavolo (al quale non sono invitati), per sapere che corso dare alla propria vita e che sorte avrà il loro diritto al lavoro. Se un Esame di Stato "non risponde a criteri di razionalità" e "si presta a esiti casuali", le competenti Autorità politiche e professionali hanno il dovere di intervenire con la massima urgenza, a partire dalla prima Sessione utile.

Crediamo nelle buone intenzioni e rivolgiamo al Ministro i migliori auguri di buon lavoro. Ma non ci limiteremo a osservare: non ora che il fallimento del sistema di accesso alle professioni legali è stato dichiarato pubblicamente.

Fonte: Coordinamento Giovani Giuristi Italiani - published Oct, 2, 2019

 

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