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Decesso avvocato: cosa succede ai familiari a carico?

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Il decesso dell'avvocato e lo stato di bisogno dei familiari a carico

Gli avvocati svolgono una professione libera, i cui compensi sono il frutto di un loro costante e duro lavoro. Nessun datore di lavoro, nessuna retribuzione mensile. Cosa succede nel caso in cui questi professionisti passano a miglior vita, lasciando familiari che sino a quel momento erano a loro carico?

In quest'ipotesi, è prevista una prestazione [1], erogata dalla Cassa forense, a favore dei familiari superstiti [2].

Tale prestazione :

  • è diretta a garantire una certa continuità della qualità di vita ai familiari superstiti dell'avvocato che versano in stato di bisogno;
  • è finalizzata a contenere la perdita subita, supportando economicamente i predetti soggetti.

Requisiti e presupposti per ottenere la prestazione

I beneficiari di tale tipo di assistenza sono:

  • i familiari conviventi e a carico dell'avvocato iscritto o pensionato, quali il coniuge, i parenti di primo e secondo grado e i soggetti di cui all'art. 433 c.c. [3];
  • il convivente more uxorio che risulta nello stato di famiglia del professionista iscritto o pensionato;
  • i titolari di pensione diretta cancellati dagli Albi, indiretta e di reversibilità.

Per usufruire di tale tipo di prestazione, occorre che, in presenza di un ISEE non superiore a euro 30 mila, i soggetti innanzi indicati versino in una situazione di difficoltà economica causata da un evento non prevedibile e non imputabile un comportamento volontario.

La domanda, presentata compilando un modulo ad hoc, può essere inoltrata alla Cassa forense anche per il tramite del Consiglio dell'Ordine territorialmente competente in relazione alla residenza del richiedente, e deve essere corredata di tutta la documentazione giustificativa.

L'ente previdenziale decide entro 90 giorni decorrenti:

  • dal ricevimento della domanda;
  • dalla data di ricevimento dell'integrazione della domanda nel caso in cui questa fosse risultata incompleta.

Ove sussistano tutti i requisiti, la Cassa forense accoglierà la domanda. In quest'ipotesi erogherà un prestazione di importo non superiore alla pensione minima erogata nell'anno precedente. La prestazione in questione potrà essere reiterata una sola volta e in presenza di più richiedenti appartenenti allo stesso nucleo familiare, il suo ammontare potrà essere aumentato del 20% per ogni componente del nucleo familiare oltre il richiedente. 

La prestazione in favore dei familiari superstiti nella giurisprudenza

È stato ritenuto che:

  • la pensione di reversibilità da parte della Cassa Forense in favore dei figli maggiorenni superstiti degli iscritti che sono studenti universitari va concessa per la durata minima legale del corso di laurea e comunque non oltre i 26 anni di età (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 24735/2015);
  • non hanno più diritto alla pensione di reversibilità da parte della Cassa forense i figli maggiorenni degli iscritti che hanno portato a compimento gli studi entro la durata minima legale del corso di laurea frequentato, anche se di età inferiore ai 26 anni (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 24735/2015). E ciò in considerazione del fatto cheil diritto alla fruizione del trattamento pensionistico:a) è limitato all'esaurirsi del numero degli anni accademici previsti dall'ordinamento universitario per la conclusione del corso di laurea seguito, comunemente definito "in corso";b) è finalizzato a far fronte all'oggettivo impedimento che l'impegno universitario determina con riguardo al reperimento di proprie fonti di reddito. Solo un siffatto impegno giustifica il prolungamento della fruibilità del beneficio oltre il raggiungimento della maggiore età (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 24735/2015).

Note


[1] Art. 17, Legge n. 141/1992:

«1. L'assistenza a favore di chi versa in stato di bisogno può essere erogata a chi appartiene ad una delle seguenti categorie:

a) iscritti alla Cassa;

b) avvocati o procuratori che, pur senza essere iscritti alla Cassa, contribuiscono o hanno contribuito ai sensi degli articoli10 e 11 Legge n. 576/1980, come rispettivamente modificati dagli articoli 5 e 6 della presente legge, o hanno versato contributi personali in base a leggi precedenti;

c) beneficiari di pensione erogata dalla Cassa;

d) familiari di persone defunte appartenute ad una delle precedenti categorie e già iscritte al disciolto ente di previdenza forense; a tal fine, s'intendono come familiari il coniuge, i parenti di primo e di secondo grado ed i soggetti, di fatto già mantenuti dal defunto, indicati nell'articolo 433 c.c.

2. In via ordinaria, l'assistenza per stato di bisogno è erogata in base a delibere dei Consigli dell'ordine. Ogni Consiglio può deliberare trattamenti di assistenza sino all'ammontare della quota di sua competenza sull'importo annuo di cui all'articolo 16, comma 1, quota che è stabilita per i singoli Consigli in proporzione al numero dei rispettivi iscritti alla Cassa.

  1. In via straordinaria, se un Consiglio dell'ordine non può provvedere per esaurimento o insufficienza della quota di sua competenza di cui al comma 2, il trattamento di assistenza per stato di bisogno può essere deliberato dal comitato dei delegati della Cassa, sentito il parere del Consiglio stesso. Nei regolamenti di cui all'articolo 20 possono essere previste delibere d'urgenza della giunta esecutiva, nei casi e con le procedure stabiliti dal comitato dei delegati». [2] Art 6, coma 1, lett. a) Regolamento Cassa forense per l'assistenza.[3] Art. 433 c.c.:«All'obbligo di prestaregli alimenti sono tenuti, nell'ordine:

1) il coniuge;

2) i figli anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;

3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimo, anche naturali; gli adottanti;

4) i generi e le nuore;

5) il suocero e la suocera;

6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali». 

 

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