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Covid-19: legittimità e dubbi sui provvedimenti limitativi del diritto alla circolazione

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 In conseguenza dell'adozione dell'ordinanza emanata congiuntamente dal Ministro della Salute e dell'Interno il 22 marzo scorso, sono state apportate ulteriori modifiche al modello di autocertificazione che ogni persona dovrà redigere per giustificare i propri spostamenti.

Con detta ordinanza è stato ridotto ulteriormente il diritto di ognuno di poter circolare liberamente. Mentre prima ci si poteva spostare, verificate le condizioni di non essere stati contagiati e di non trovarsi in quarantena, per potere raggiungere il proprio domicilio e il luogo della propria residenza, adesso non sarà più possibile farlo. Da ieri e fino al 3 aprile, salvo ulteriore proroga, è fatto divieto a tutte le persone di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in un Comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per moti vi di salute.

Non c'è dubbio che in seguito a quanto stabilito dai diversi provvedimenti adottati per contrastare il diffondersi del Covid-19, il diritto costituzionalmente garantito dall'art 16 della Cost della libera circolazione nel territorio nazionale ha subito una forte limitazione. 

 Se le limitazioni apportate dall'ordinanza sopracitata rispondono all'esigenza di salvaguardare la salute pubblica e la sicurezza, principi anch'essi assurti a rango costituzionale, in ossequio alle eccezioni previste dall'art. 16 della Costituzione : " Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.", più di qualche dubbio suscita la forma giuridica con la quale il Governo ha prescritto tali restrizioni.

Diversi giuristi, infatti, hanno sollevato legittime preoccupazioni sull'aderenza costituzionale di questi provvedimenti adottati con la forma degli atti amministrativi come il DPCM e l'ordinanza ministeriale, in contrasto con la riserva di legge prevista dall'art. 16 del testo costituzionale.

Altri hanno replicato che comunque tutti questi provvedimenti sono stati adottati in esecuzione e in forza di un decreto legge, avente il rango della legge ordinaria, a cui si fa ricorso eccezionalmente per far fronte a situazioni emergenziali.

Tra coloro che hanno manifestato perplessità vi segnaliamo le dichiarazioni resedal costituzionalista ed ex presidente della Corte Costituzionale Prof. Giovanni Maria Flik in una recente intervista pubblicata dal quotidiano online Open.

L'illustre giurista solleva dubbi sulla sostenibilità in giudizio delle numerose denunce elevate dalle forze di polizia cui seguiranno migliaia di procedimenti penali.

Così ha commentato il caso delle sette persone arrestate perché avevano dichiarato il falso ai carabinieri che li avevano fermati. "Il Dpcm anti-coronavirus" non punta certo ad «invitare a crearsi una via di fuga, una scappatoia per una disobbedienza incivile»: «Dico solo che questa interpretazione così restrittiva rischia di essere respinta da un giudice e dunque il governo farebbe meglio ad intervenire, semmai, per legge».

Secondo il Prof. Flik"Le false dichiarazioni all'autorità a cui fanno richiamo le dichiarazioni del presidente del consiglio e la circolare del ministero dell'Interno e che, a quello che leggo, sono state applicate in questa circostanza, citano l'articolo 495 del Codice penale. Ovvero, la falsa attestazione ad un pubblico ufficiale sulla propria identità, qualità o stato: un reato pesante punito con la reclusione fino a 6 anni». 

 Secondo il Prof. Flik con la violazione del DPCM non si configura alcun reato di falso infatti: ". Non si dice il falso sulla propria identità, sulle proprie qualità o sul proprio stato, cioè i casi previsti dall'articolo 495. Per stato, infatti, la legge intende lo stato civile (coniugato o celibe e così via); e la menzogna sulle ragioni per cui sono fuori di casa non riguarda né l'identità, né lo stato, né la qualità della persona a meno di attenersi a una interpretazione abbastanza ardua, in contrasto con le indicazioni tassative della legge sulle dichiarazioni sostitutive».

Secondo il prof. Flick l'unico reato ipotizzabile in caso di violazione delle disposizioni contenute nei vari provvedimenti emanati con il DPCM è quello previsto dall'art. 650 cp. in quanto non è stato osservato un ordine dell'autorità.

Garantire a tutti la salvaguardia del diritto della salute in tempi di coronavirus è un compito assai difficile. Da ultimo, anche negli ambienti governativi, pare stia prendendo piede l'ipotesi di monitorare la mobilità di milioni di cittadini affidandosi alla tecnologia così come già sperimentato in Corea del Sud ed in altri paesi asiatici attraverso la individuazione delle tracce virtuali lasciate dalle varie app dei telefonini, dalle carte di credito o dai gps applicati sulle auto, il tutto per individuare i possibili focolai della diffusione del virus. Seri interrogativi si porranno se dovessero mettersi in atto tali strumenti: saremo veramente tutti disposti a subire l'intrusione nella nostra sfera privata sul presupposto che ciò sia utile ad isolare il COVID-19 ?.

Si allega l'ordinanza a firma congiunta del Ministro della Salute e dell'Interno

 

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