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Consulta: inammissibile richiesta intervento additivo in materia penale, se assente obbligo

Con Sentenza n. 23/2016, depositata l´11/02/2016 e pubblicata in G.U. il 17/02/2016, la Consulta ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell´art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come sostituito dall´art. 1, comma 24- ter , lett. a ), del d.l. 20 marzo 2014, n. 36, impugnato - in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma, Cost., quest´ultimo in relazione alla decisione quadro del Consiglio dell´Unione europea del 25 ottobre 2004, n. 2004/757/GAI e all´art. 49, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea - nella parte in cui prevede per i fatti di lieve entità una medesima cornice edittale della pena, indipendentemente dalla natura della sostanza stupefacente o psicotropa.
La richiesta del giudice remittente - così ha argomentato la Corte - che non indica l´asserita differenza edittale necessaria, mira ad ottenere un intervento additivo della Corte in materia penale, non consentito in assenza di soluzioni costituzionalmente obbligate. Nessun elemento può ricavarsi, poi, dall´invocato art. 49, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea, che si limita a codificare il principio di proporzionalità della pena e non permette alla Corte di determinarne autonomamente la misura, ma semmai di emendare le scelte del legislatore in riferimento a grandezze già rinvenibili nell´ordinamento. Né è di maggiore ausilio l´art. 4 della citata decisione quadro, richiamato quale parametro interposto, in quanto lungi dal determinare precisi intervalli di pena per le diverse ipotesi di reato in tema di stupefacenti, si limita ad esigere che il legislatore nazionale fissi i massimi edittali al di sopra di determinate soglie minime, derogabili solo in pejus , secondo il cosiddetto «principio del minimo del massimo». Sull´inammissibilità di questioni formulate con un petitum che non si configura come unica soluzione costituzionalmente obbligata, v. le citate sentenze nn. 277/2014, 241/2014, 81/2014 e 30/2014 nonché l´ordinanza n. 190/2013. Sull´ampio margine di libera determinazione da riconoscersi al legislatore nella configurazione del trattamento sanzionatorio di condotte individuate come punibili, v., ex plurimis , le sentenze nn. 185/2015, 68/2012, 47/2010, 161/2009, 22/2007 e 394/2006. Sui limiti del sindacato di legittimità costituzionale sulle pene scelte dal legislatore, v., ex plurimis , le sentenze nn. 22/2007, 325/2005, 364/2004 e l´ordinanza n. 158/2004. Sulla possibilità per il legislatore di includere in uno stesso paradigma punitivo una pluralità di fattispecie diverse per struttura e disvalore, spettando, in tali casi, al giudice far emergere la differenza tra le varie condotte tramite la graduazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, v., ex plurimis , le sentenze nn. 250/2010 e 47/2010, nonché le ordinanze nn. 224/2011, 213/2000 e 145/1998.

 

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